La resilienza, secondo Michael Ungar, non è un tratto caratteriale di cui siamo dotati o meno, ma è un processo. E dipende soprattutto dalle opportunità che il mondo attorno a noi ci offre. Per capire meglio cos’è la resilienza e come si lega più al mondo esterno che alle caratteristiche genotipiche e fenotipiche di una persona, Michael Ungar ha individuato diversi elementi che ricorrono nella vita delle persone resilienti di tutto il mondo. La prima è la struttura. Gli esseri umani sono più performanti quando seguono delle routine e hanno delle aspettative. Le routine possono essere anche molto semplici come rifare il letto alla mattina o iniziare a lavorare ogni giorno alla stessa ora. Ma ci devono essere. In caso di crisi, poi, avere una struttura che organizza le nostre giornate è un ottimo appiglio per non sprofondare nel caos. Una struttura, infatti, ci fa sentire padroni della situazione, anche quando non abbiamo davvero il controllo su quello che capita.
Un’altra risorsa propria della resilienza è la responsabilità che deriva dal commettere un errore. Sbagliare è un prerequisito del successo, a patto che le conseguenze del nostro sbaglio non solo ci permettano di riparare al danno fatto, ma anche consentano di integrare quello che abbiamo imparato sbagliando. Se l’ambiente in cui viviamo ci toglie questa responsabilità, non saremo mai in grado di superare le avversità. Pensiamo per esempio a un genitore che difende a spada tratta il figlio nonostante sia palese il suo coinvolgimento in un determinato fatto. Il genitore pensa così di difendere il figlio, quando invece gli sta negando una possibilità di crescita.
Avere relazioni intime e durature è un altro fattore chiave della resilienza, così come coltivare altre relazioni sociali, meno profonde ma ugualmente importanti. Parliamo per esempio dei colleghi di lavoro o del gruppo di calcetto o del circolo di fotografia. Insieme a queste relazioni, anche il senso di appartenenza è un fattore chiave della resilienza. Gli esseri umani sono estremamente sociali. Tutti noi infatti abbiamo bisogno di sentirci parte di qualcosa e di condividere con gli altri uno scopo. È solo grazie a queste relazioni sociali e alla condivisione che ne deriva che possiamo tenere a bada quel senso di solitudine che sembra lentamente invadere la nostra società.