01. L’importanza di imparare a riconoscere i limiti che bloccano il nostro potenziale
Ognuno di noi ha un potenziale che utilizza nella propria vita per ottenere il meglio e vivere un’esistenza il più possibile serena e felice. Ma quante volte, vi sarà capitato di avere la sensazione di non riuscire a spendere al meglio tutto quel potenziale? Quante volte, molti di noi, si sentono frenati da una miriade di piccoli e grandi paure, che ci spingono a pensare che andare oltre è “pericoloso”?
Troppo spesso le nostre paure ci bloccano lasciandoci in bocca l’amara impressione che, solo restando in quello stadio, eviteremo di avere problemi, seccature e tristezze. Vediamo ciò che c’è davanti come una salita che, se intrapresa, rischierebbe di portarci problemi eccessivi e quindi ci illudiamo che restando dove siamo, anche se non siamo contenti in pieno, almeno potremo vivere più sereni.
Tante volte non è così, evitare la salita per paura e comodità, finisce per limitare il nostro potenziale, con la grave conseguenza di non farci raggiungere ciò che vogliamo veramente, relegandoci spesso ad una vita frustrata. Ecco quindi che, imparare a riconoscere queste paure, diventa un aspetto importante se si vuole imparare a salire la salita della vita, sviluppando e sperimentando a pieno il nostro potenziale.
02. I cortometraggi del programma SparkShorts: un esperimento per scovare la “scintilla creativa” e “sbloccare il potenziale dei singoli artisti”
Cosa c’entra in tutto ciò il programma SparkShorts? Esattamente, in cosa consiste? Per chiarirlo lasciamo la parola a Jim Morris, Presidente dei Pixar Animation Studios:
“Il programma SparkShorts è progettato per scoprire nuovi narratori, esplorare nuove tecniche di narrazione e sperimentare nuovi flussi di lavoro di produzione. Questi film sono diversi da qualsiasi cosa che abbiamo mai fatto alla Pixar, offrono l'opportunità di sbloccare il potenziale dei singoli artisti e i loro approcci creativi nel campo del cinema, con un budget inferiore a quello normale”.
La frase chiave è proprio questa: “sbloccare il potenziale dei singoli artisti”; proprio ciò, rende questi corti un vero e proprio “esperimento”, volto a scovare la “scintilla creativa”, lì dove molto spesso rischia di restare nascosta: da qui il nome ‘SparkShorts’. Dal 2018 ad oggi, ne sono stati rilasciati 8 (Purl, Smash and Grab, Kitbull, Float, Wind, Loop, Out, Burrow) e, oltre ad affrontare moltissime tematiche sociali importanti quali l’autismo, l’emigrazione e la parità di genere, sono legati da un altro filo conduttore: le paure che ci bloccano e come riuscire a superarle. Inoltre, si ispirano tutti alle esperienze personali dei singoli artisti che li hanno ideati, al loro lavoro e alla loro vita, e questo li rende ancora più veritieri e interessanti. Di seguito ne analizziamo 5.
03. Purl - Reprimere il proprio vero “Io” può bloccare il potenziale e, di conseguenza, il raggiungimento dei propri obiettivi
Uno dei primi corti ad uscire è stato Purl, nel 2019, per la regia e sceneggiatura di Kristen Lester. Purl riesce, in maniera divertente, a portare in primo piano uno dei problemi principali che bloccano, di solito, il potenziale delle persone, spingendole a restare in una zona confortevole illusoriamente comoda. Quanto siamo disposti a cambiare e a reprimere la nostra personalità, per ottenere l’accettazione altrui?
La trama in breve è questa: Purl è un gomitolo di lana rosa antropomorfo, che ottiene un lavoro in un’innovativa start - up a maggioranza maschile. All’inizio, prova ad integrarsi cercando di rimanere se stessa, ma viene esclusa e discriminata dai suoi colleghi umani uomini. A questo punto capisce che, per riuscire ad integrarsi e ottenere il meglio del suo lavoro, l’unica soluzione che le pare più ovvia da prendere, è quella di cambiare il proprio aspetto e carattere, modellandoli a quelli dei suoi colleghi. In tal modo, riesce finalmente a far parte del gruppo.
Il problema subentra quando, un altro gomitolo antropomorfo giallo, entra a far parte della start-up e Purl rivede in lei se stessa agli inizi. A quel punto, si ritrova a prendere una decisione: può lasciare che anche la nuova venuta subisca la sua stessa sorte, o può decidere di agire diversamente e chiedersi se vale davvero la pena cambiare se stessi solo per sentirsi accettati.
La storia è ispirata alla vita della regista Kristen Lester e alla sua esperienza di lavoro nel campo dell’animazione. Kristen racconta che, agli inizi del suo lavoro, era l’unica donna nel suo reparto e per fare ciò che amava e desiderava, come Purl, aveva modellato la sua personalità, alla situazione di essere l’unica donna fra soli uomini. Le cose erano iniziate a cambiare, una volta passata a lavorare alla Pixar, in cui c’erano squadre di persone miste. Proprio lì aveva capito quanto di se stessa era stata costretta a reprimere per farsi accettare e quanto questo avesse, per forza di cose, bloccato una parte fondamentale del suo potenziale.
Purl, e la vicenda di Kristen, ci insegnano proprio questo: reprimere la nostra vera personalità, solo per la paura di non essere accettati, è il primo vero ostacolo che blocca il nostro potenziale. Molto spesso, modellare se stessi in maniera eccessiva, a seconda dei contesti in cui ci troviamo, è un modo, apparentemente “comodo”, per non affrontare la paura di mostrarci per ciò che veramente siamo. Il timore di essere giudicati, derisi o finire isolati, ci spinge a limitarci e raccontarci la bugia che “stiamo benissimo anche così”. Essere se stessi non è facile, fin da piccoli ci viene insegnato ad omologarsi a determinati schemi e questa pressione si fa più pesante più si va avanti nella vita.
Tutti ne siamo affetti, e come Kristen e Purl, le donne in particolare, subiscono una pressione maggiore, come ci spiega anche l’autrice Rachel Hollis nel libro "Girl, Stop Apologizing". Rachel, nel suo libro, spiega che il potenziale di molte persone e delle donne nello specifico, resta bloccato ed inespresso per paura. Impariamo ad omologarci a determinati schemi prefissati, per assecondare le aspettative altrui e continuiamo a comportarci così per ricevere la gratificazione degli altri, con la conseguenza di non portare avanti i nostri veri obiettivi e la nostra personalità.
Impariamo ad omologarci a determinati schemi prefissati, per assecondare le aspettative altrui e continuiamo a comportarci così per ricevere la gratificazione degli altri, con la conseguenza di non portare avanti i nostri veri obiettivi e la nostra personalità.
Come spiega Rachel, usiamo la scusa del “non siamo abbastanza” per auto sabotarci e per evitare la salita che pensiamo di avere di fronte, non rendendoci conto che, su quella salita, ci siamo già. Infatti, molti pensano che, reprimendo la propria personalità (e di conseguenza anche i nostri sogni e progetti), eviteranno i sacrifici obbligati da fare quando si vuole raggiungere un obiettivo desiderato. È solo una mera illusione, i sacrifici già ci sono, solo sono quelli sbagliati. Anche se all’inizio potrebbe non sembrare così, la verità è che molto spesso, limitarsi e adeguarsi a ciò che piace agli altri per paura, è molto più faticoso e dannoso di ciò che illusoriamente potrebbe non sembrarci. La fatica e i sacrifici ci sono comunque e ciò che ne riceviamo in cambio, è solo un effimero senso temporaneo di accettazione altrui, che svanisce dopo poco tempo.
Le domande da porsi, quando ci si accorge di essere in una situazione del genere sono: Ne vale davvero la pena? Non vale di più la pena spendere quella stessa quantità di energie, per battersi per ciò che si vuole essere e fare davvero? Cosa si ha davvero da perdere? L’unico modo per avere una vita serena è essere se stessi con convinzione, evitare di pensare di “non essere abbastanza” o “è troppo difficile” e rendersi conto che, non necessariamente omologarsi agli altri, vuol dire faticare di meno e avere una vita più facile, il più delle volte è un puro e semplice miraggio.
Sconfiggere i timori per raggiungere i propri obiettivi
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Girl, Stop Apologizing
04. Smash and Grab - Imparare a costruire il proprio vero modo di vivere uscendo dagli schemi e copioni limitatori imposti dalla società
Smash and Grab è un cortometraggio d’azione e fantascienza, dietro cui è stato fatto un grande lavoro di team, come racconta il suo stesso autore e regista Brian Larsen.
Racconta la storia di due robot amici, un martello e una pala, molti bravi nel proprio lavoro. Però, diversamente da altri Robot, che hanno batterie autonome, loro sono legati ad una presa di alimentazione che li tiene legati sul luogo di lavoro e questo rende la cosa eccessivamente automatica e ripetitiva, oltre a obbligarli a una vita prigioniera. È proprio questo aspetto, a far sì che i due si accorgano di volere qualcosa di più. Perciò, rubano delle pile e tentano la fuga, ma vengono inseguiti e costretti a battersi con gli altri Robot che vogliono riportarli indietro.
Anche qui, Brian Larsen, racconta di essersi ispirato alla sua vita personale: molto spesso, gli sembrava di fare il suo lavoro in maniera troppo ripetitiva e sentiva il bisogno di uscire da quello schema, questo lo ha ispirato a creare la storia dei due Robot ribelli.
Oltre al tema dell’alienazione, a cui spesso siamo sottoposti sul luogo di lavoro o quando la nostra vita si fa troppo abitudinaria, un tema che salta all’occhio immediatamente è quello che, l’autore M.J.De Marco descrive molto bene in uno dei libri per la crescita personale analizzati su 4books: Unscripted. De Marco, spiega che, molte persone, finiscono intrappolate in un Copione/gabbia in cui si finisce per rinchiudersi con le proprie stesse mani.
Tale copione, altri non è che il programma che la società definisce per noi, ancora prima che nasciamo: dobbiamo andare a scuola, prendere una laurea, trovare un lavoro stabile, farci una famiglia, fare dei figli e così via. Il tutto per rispondere alle aspettative che la società ha per noi. Come afferma De Marco, infatti, restiamo intrappolati in questo meccanismo, in cui iniziamo la settimana già aspettando che arrivi il weekend; sognando sogni che però la società ci dice essere troppo difficili da realizzare.Ci viene fatto credere che, questo copione, è l’unica zona sicura entro cui siamo protetti, al di fuori di essa ci sono solo una serie infinita di punti interrogativi pericolosi.
La verità però, è che proprio questa falsa zona confortevole impostaci, è appunto “falsa”, per molti di noi finisce per essere il filo della batteria che tiene legati Smash e Grab al loro lavoro. Ai due robot, viene fatto credere che, staccandosi da quel filo, finiranno per scaricarsi e spegnersi.
Allo stesso modo, a noi viene fatto credere che, se usciamo dai limiti, finiremo per “spegnerci” anche noi, per avere una vita troppo difficile, troppo infelice, troppo solitaria, ecc. Ma come i due robot del corto si accorgono, guardando fuori dalla loro finestra, che ci sono altri modi per vivere e uscire dal loro schema ripetitivo, senza per questo finire scarichi e spegnersi; allo stesso modo anche noi, stando attenti, studiando bene la realtà che ci circonda, ci accorgeremo che, sotto la patina dei copioni prestabiliti, ci sono un’infinità di maniere diverse di costruire il nostro modo di vivere, quello più adatto noi e dove poter conseguire i nostri obiettivi nella maniera che ci è più congeniale.
Per farlo, però, bisogna violare lo schema della società, non ci sono altre strade, l’unica è fare come Smash e Grab, ribellarsi.
Non è facile farlo, perché prima di tutto, come dice De Marco, bisogna combattere uno schema di pensiero che ci viene inculcato fin da piccoli, e molto spesso sono le persone più vicine a noi, la famiglia e gli amici, a limitarci. Proprio per questo motivo è fondamentale credere fermamente nelle proprie capacità, obiettivi e, soprattutto, in noi stessi. Bisogna imparare a costruire, attorno a questi punti, una fede incrollabile a qualsiasi attacco che ci verrà mosso contro, nel tentativo di riportarci negli schemi limitatori. Potrà capitare di tentennare, di fallire, di avere momenti di grande sconforto, ma se siamo stati abbastanza bravi da capire che, altri modi di vivere sono possibili, se ci crederemo e saremo perseveranti fino in fondo, nessun attacco sarà in grado di portarci indietro e, anzi, ognuno di questi, sarà un’occasione preziosa per imparare qualcosa di nuovo da volgere a proprio vantaggio.
Capire cosa ci condiziona per uscire da un copione
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Unscripted
05. Wind - Riconoscere che, anche nei momenti e luoghi più difficili, c’è sempre qualcosa da poter imparare e usare a proprio vantaggio
E a proposito di quest’ultimo concetto, può essere utile guardare il cortometraggio Wind, che il suo autore Edwin Chang ha dedicato a sua nonna, madre single che, dopo la Guerra di Corea, dedicò la sua vita perché il figlio potesse avere una vita migliore e diversa dalla sua.
Il cortometraggio è una metafora di quanto sia difficile essere un immigrato, vivere in un posto senza opportunità e sperare di scappare via per avere una vita migliore.
La trama del corto verte su un ragazzo e sua nonna che vivono intrappolati in un posto cupo e malinconico. Si tratta, infatti, di un’enorme buca nel terreno piena di rocce e detriti galleggianti che fluttuano ( come fossero nello spazio). Sopravvivono mangiando solo patate e intanto, per riuscire a fuggire, lavorano tutti i giorni alla costruzione di un razzo che riesca a portarli fuori dalla buca. Per questo, il ragazzo cerca, fra i detriti fluttuanti, i pezzi per costruirlo.
In questo caso, oltre a quello dell’immigrazione, altro tema è quello di riuscire a trovare cose positive e utili ai nostri piani, anche in luoghi e momenti apparentemente improbabili.
La buca in cui vivono i due protagonisti di Wind, è una terra martoriata e cupa, dove nessuno si sognerebbe di trovare alcunché; ma ingegnandosi i due protagonisti riescono a trovare i pezzi utili alla costruzione del razzo: anche in un luogo apparentemente senza soluzioni e senza speranza, cercando bene, riescono a trovare entrambi e a usarli.
Così è anche nella vita, quando ci troviamo in un posto e in una situazione che ci limita, non dobbiamo abbandonarci ad essa pensando che, tanto non potremmo mai uscirne, dicendo a noi stessi che non ci sono soluzioni, che è troppo difficile e impossibile.
Le possibilità ci sono, bisogna solo saperle studiare e cercare bene, volgere le proprie giornate alla loro ricerca, anche poco per volta; porsi dei piccoli obiettivi giornalieri, in modo tale da riuscire a trovare ogni giorno, un piccolo pezzo del razzo che ci porterà fuori dal buco in cui siamo intrappolati. Ci saranno sacrifici da fare certo, a volte anche grandi e non voluti ma fa parte della salita. In Wind solo il ragazzo riesce a scappare, la nonna purtroppo si sacrifica per il bene del nipote, come è successo nella realtà alla nonna del regista. Quando ciò accade, non dobbiamo spaventarci, per quanto brutto sia, perché i sacrifici e le difficoltà fanno parte della vita e la paura di affrontarli non deve fermarci. Se lo fa, basta porsi una semplice domanda: non è già di per sé un grande sacrificio restare fermi dove siamo?
06. Kitbull e Burrow - Per superare i propri limiti e ottenere il meglio dai propri progetti, è fondamentale imparare a chiedere aiuto e condividere con gli altri le proprie idee
Tra i libri per migliorare se stessi analizzati su 4books c’è "Nessun Limite" di John c. Maxwell. Nel libro Maxwell piega che, per trarre il massimo da un’idea, è molto importante saperla esprimere a parole e condividerla con gli altri, perché proprio i riscontri esterni possono aiutarci a vedere i nostri progetti in maniera più chiara e darci una mano a perfezionarli.
Proprio questa considerazione ci porta agli ultimi due corti, Kitbull e Burrow: avere buone relazioni con il prossimo, imparare a condividere e chiedere aiuto in caso di bisogno, è una delle chiavi fondamentali, per avere una vita serena e conseguire i propri obiettivi nella maniera più giusta e appagante possibile. Kitbull racconta la storia di un gattino randagio che stringe amicizia con un pitbull, che viene maltrattato dal suo padrone.
Inizialmente molto diffidente e abituato alla sua vita solitaria, riesce a vincere la paura e aiuta il cane a scappare. La regista e autrice del corto è Rosie Sullivan che, ha spiegato, come il corto si ispiri alla sua vita e personalità. Rosie è sempre stata una persona timida e molto chiusa, con grandi difficoltà nello stringere rapporti con il prossimo. Mentre realizzava Kitbull, si rivedeva moltissimo nella storia del gattino, che si nasconde per non farsi vedere e che scaccia il cane per non farlo avvicinare. Rosie, ha raccontato che, lavorare con gli altri membri della troupe, è stato l’aspetto più gratificante di tutto il lavoro. Ognuno di loro è riuscito a portare nuove idee, che hanno migliorato il progetto in una maniera che, lei sola, non sarebbe riuscita a fare. Proprio come il gattino, uscire dalla zona di comfort e superare le sue paure, l’ha aiutata nel portare a termine il progetto nel migliore dei modi possibili.
Burrow, invece, racconta di una giovane coniglietta che vuole costruire la sua prima casa sotto terra. Ha una bozza di disegno del progetto su un taccuino e, quando inizia a scavare alla ricerca di un punto ottimale per creare la sua casa, incontra altri animali che gli offrono entusiasticamente aiuto. La coniglietta, però, imbarazzata dal suo disegno semplice e abbozzato, si vergogna di mostrarlo agli altri, li saluta frettolosamente e inizia a scavare sempre più a fondo nel terreno, finendo ogni volta inavvertitamente nella tana di qualcun altro e mettendosi sempre in una situazione imbarazzante diversa.
Scava, scava, finisce per arrivare troppo in fondo finché non urta contro una falda acquifera che inizia ad inondare le buche da lei scavate, minacciando anche le tane altrui. In lacrime e non sapendo cosa fare, si rende conto che, a quel punto, l’unica maniera per risolvere al danno, è quello di chiedere aiuto. Così facendo, non solo riesce a riparare all’errore in tempo insieme agli altri animali, ma, con i loro suggerimenti, riesce a migliorare il suo progetto e a ottenere una casa ancora più bella di quella che immaginava. La regista e autrice di Burrow, Madeline Sharafian, ha spiegato come il corto parla di cosa significhi lanciarsi e provare a fare qualcosa di nuovo da soli e, allo stesso tempo, imparare a chiedere aiuto. Madeline racconta che, inizialmente nel suo lavoro, sentiva sempre il bisogno di dover dimostrare qualcosa agli altri e questo la portava a limitarsi nel chiedere aiuto.
Il messaggio che vuole trasmettere è proprio questo: non solo che le amicizie e i buoni legami con gli altri sono fondamentali, ma che non bisogna ostinarsi nel voler fare un lavoro perfetto a tutti i costi, da soli e senza aiuto. Bisogna imparare a fidarsi delle persone giuste, saper ascoltare e capire quando un suggerimento può migliorare la nostra vita e i nostri progetti.
Nel libro di Maxwell viene spiegato proprio questo: avere buone relazioni, è molto importante per la base del successo personale e professionale, molto spesso sono proprio le persone che incontriamo che possono determinare e in alcuni casi addirittura cambiare, il corso della nostra vita.
Come i protagonisti di Kitbull e Burrow, imparare a superare le paure e i limiti che ci tengono lontani dagli altri, è una parte importantissima della salita verso i nostri sogni e obiettivi. È impensabile sperare di riuscire a fare tutto totalmente da soli, per il semplice fatto che non siamo onniscienti. È come una macchina, per funzionare il motore ha bisogno di vari ingranaggi e sistemi, così sono i nostri progetti, perché si realizzino, ci sono vari parti da considerare e mettere insieme, e dobbiamo scendere a patti con il fatto che non potremmo mai occuparci di tutto. In questo, l’aiuto degli altri, diventa fondamentale e indispensabile. Per far si che funzioni, dobbiamo imparare a superare i limiti che ci tengono nella nostra falsa zona confortevole, e che ci fanno pensare che stiamo bene così, solo per paura di andare oltre. Una volta superato quel limite ci accorgeremo di quanto sarebbe stato sciocco e sprecato restare lì.
Abbattere i blocchi e raggiungere i propri obiettivi
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