Al giorno d'oggi, diamo quasi per scontato desiderare un lavoro che non sia solo un mezzo per pagare le bollette, ma che ci appassioni e ci faccia sentire realizzati. Sogniamo un lavoro che ci faccia saltare giù dal letto ogni mattina, entusiasti di iniziare la giornata. Ma questa aspettativa, per quanto diffusa, è in realtà un concetto piuttosto recente nella storia dell'umanità.
Per secoli, il lavoro è stato principalmente una questione di sopravvivenza. I nostri antenati si alzavano all'alba per coltivare i campi, costruire case o commerciare merci, senza alcuna aspettativa di trovare gioia e realizzazione personale in quelle attività. La felicità, al massimo, la si trovava nel tempo libero e negli hobby.
L'idea che il lavoro debba essere qualcosa che amiamo è nata con l'avvento della rivoluzione industriale e l'ascesa della classe media. Con una maggiore prosperità e accesso all'istruzione, le persone hanno iniziato a cercare nel lavoro non solo una fonte di reddito, ma anche un senso di scopo, d'identità e realizzazione creativa. Il mondo moderno ci ha portato così a credere che fosse possibile unire concetti che un tempo erano separati: denaro e realizzazione personale, dovere e piacere, amore e matrimonio.
La verità è che l'idea romantica del trovare un lavoro che possa soddisfare pienamente sia le nostre passioni che le nostre necessità economiche è un'impresa complessa e rara. Chiunque intraprenda questa impresa si rende presto conto che si tratta in realtà di un viaggio solitario e alquanto frustrante.
Oggi infatti, siamo portati a confrontarci costantemente con l'immagine idealizzata del lavoro che vediamo sui social media. E se non riusciamo a trovare quella stessa felicità, ci sentiamo inadeguati, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in noi. Se non diventiamo ricchi, belli e soddisfatti, allora siamo dei perdenti, dei falliti.
Questa pressione data dai nuovi ambiziosi standard sulla base dei quali giudichiamo e misuriamo le nostre vite, oltre che irrealistica, può essere schiacciante.
A differenza delle generazioni passate, che spesso seguivano le orme dei genitori o percorsi professionali ben definiti, oggi, siamo bombardati da messaggi che ci spingono a "seguire le nostre passioni" e a "trovare la nostra vocazione". Siamo lasciati a noi stessi, liberi di scegliere, ma anche soli di fronte a un mare di possibilità. Ti dicono: "basta seguire il tuo intuito", come se fosse così semplice. Ebbene, non c'è nulla di strano nel sentirsi soli e confusi.
Non dobbiamo però disperare. Anche se la ricerca della felicità nel lavoro può essere impegnativa, non significa che siamo destinati all'insoddisfazione. Il primo passo è proprio quello di smettere di illuderci che esista un percorso perfetto o una risposta facile.