Michela Murgia, autrice della prefazione, è nata con due grandi riferimenti femminili: la madre e la zia. La prima era una casalinga, la seconda un’imprenditrice. Nella sua Sardegna è cresciuta quindi con due modelli diversi, che le hanno dato la possibilità di misurarsi con due tipologie di donne agli antipodi una dall’altra. Quello che rimaneva immutato, però, era il ruolo dell’uomo all’interno di entrambe le famiglie. Suo padre e suo zio, infatti, erano i tipici mariti che non avevano idea di dove si trovassero i calzini in casa. Non facevano nulla che non fosse il loro lavoro; l’intera organizzazione della vita familiare era sulle spalle delle rispettive mogli. È a causa di questo tipo di gestione che si dice spesso che in Sardegna regni una sorta di matriarcato. Fin da bambina Murgia ha sentito dire che lì il maschilismo è solo apparenza, che il comando vero, nell’isola, ce l’hanno le donne. In realtà queste affermazioni lasciano un po’ il tempo che trovano. È vero che le mogli e mamme avevano, e spesso hanno ancora, le chiavi di casa. Se si fermavano loro si fermavano tutti. Ma è anche vero che queste donne, di casa, uscivano pochissimo. Erano costrette, infatti, a prendersi mille responsabilità e a occuparsi di ogni aspetto legato alla vita casalinga e non solo. Impegnate com’erano a tenere insieme tutto, non avevano né il tempo né l’energia per essere le leader della famiglia. Il leader rimaneva l’uomo di casa. La verità è che il ruolo della donna, da tempo immemore, è semplificare la vita delle persone che amano. La funzione materna, curativa e di accudimento, viene indirizzata non solo verso i figli, ma verso il marito e tutti coloro che compongono la famiglia. È la moglie a dover garantire il benessere delle persone attorno a lei. È il suo destino segnato. Se ci facciamo caso gli uomini, fin da bambini, sono indirizzati verso un “perché”. Alle donne, invece, si insegna ancora a muoversi motivate da un “per chi”. E se questa spinta non ce l’hanno la cosa è molto grave: significa che stanno rinunciando alla pienezza della femminilità. Il risultato è che quelle che scelgono la carriera, quelle che mettono davanti a tutto la propria ambizione sono considerate aride, egoiste e spesso vivono lacerate dai sensi di colpa.
Per cambiare questa situazione bisogna dunque prendere consapevolezza di questo dislivello sociale e culturale e fare di tutto per poter cambiare lo stato delle cose.