Bizze, capricci, opposizioni. Ogni genitore deve gestire queste situazioni di crisi, chi più e chi meno di frequente. L’errore più grande che si possa fare, in questi casi, è “guardare al comportamento”: così facendo, infatti, è al comportamento che si reagisce ed è al cervello del bambino che si dà risposta, provando a gestire la crisi con il ragionamento, con l’offerta di incentivi, ricompense o con la minaccia di conseguenze.
Le guide per genitori riempiono scaffali e scaffali, e anche in rete si trovano molti suggerimenti utili, generalmente ispirati da una filosofia sana: sii positivo e concentrati sull'incoraggiamento, sii solidale, ma resta forte in modo da risultare autorevole, lascia che tuo figlio fallisca, non proiettare i tuoi problemi su tuo figlio, aiutalo a imparare, a parlare dei sentimenti e insegnagli a gestire le emozioni.
Il problema è che la quasi totalità di queste guide parte da un punto sbagliato: si basa su una versione generica e stilizzata di bambino. In più, si parte dal presupposto che il bambino si stia comportando intenzionalmente in un certo modo, come se potesse avere il controllo di se stesso, o se potesse ottenerlo se soltanto si sforzasse abbastanza.
Contrariamente al mito popolare, i bambini non fanno le bizze di proposito. Se si pensa che stiano agendo deliberatamente, è perché non si è capito come i piccoli umani sviluppino il controllo sui propri impulsi, sulle emozioni e di conseguenza sul comportamento: i capricci - a qualsiasi età - sono infatti il segnale che la connessione cervello-corpo è in uno stato di sopraffazione, sfida o vulnerabilità.