Dieci anni fa, il mondo ha reagito con entusiasmo ai vantaggi offerti dai social media, dalla tecnologia mobile e dall'avvento delle notizie in tempo reale. Opportunità incredibili di comunicazione e visibilità si aprivano per tutti i brand, da quelli internazionali fino ai più piccoli. Tutti hanno visto l'enorme effetto positivo, quasi nessuno si è soffermato a riflettere sui rischi - altrettanto enormi - prodotti da tali strumenti, in particolare dal punto di vista della comunicazione di crisi.
Il primo passo da fare è stabilire con chiarezza che cos'è una crisi. Non si tratta di un problema generico, ma di qualcosa di specifico, che possiamo ben definire: una crisi è un evento o una situazione negativa che impatta o minaccia di impattare le persone, le operazioni aziendali, la reputazione o i profitti dell'organizzazione. Una crisi è un evento negativo capace di bloccare la normale attività perché richiede immediata attenzione da parte della leadership.
In questa era digitale always on (sempre attiva), le crisi si scatenano e si intensificano così rapidamente che le aziende rischiano di trovarsi “a inseguire”, di essere un passo indietro rispetto ai fatti, perdendo così il controllo della narrazione dell'incidente. E più si perde il controllo della crisi, più difficile è riguadagnarlo, più ingenti sono la fiducia e la credibilità che vanno in fumo. L'impatto del CRP, il costo di risposta alle crisi, può essere terribile.
Il CRP è un'equazione che può essere usata per calcolare in modo semplice l'impatto economico di una crisi su un'organizzazione, in relazione alla risposta data alla crisi dall'organizzazione: più forte e tempestiva è la risposta, più viene mitigata l'escalation dell'incidente e minore sarà l’entità del costo economico della crisi.