Di crisi di comunicazione ne sentiamo parlare tutti i giorni. Per un’azienda, un ente governativo o una personalità pubblica, gli attacchi possono arrivare da più fronti: dai media, dagli attivisti, dal governo, da un avversario politico, dagli avvocati che organizzano le class action, dagli azionisti, dai dipendenti, dai fan, dal web. Un’accusa - più o meno fondata - si trasforma in uno scoop, e nei consumatori (o nei fan) che abbandonano la nave.
Quando un attacco si palesa, un’azienda non è più un’azienda, ma diventa un gruppo di individui nel panico, ognuno impegnato nella ricerca di una copertura o di una protezione. Quando questo avviene, le aziende diventano vittime degli spin doctor, figuri dalla dubbia moralità che si celano dietro aforismi, teorie e pratiche che contraddicono la realtà delle cose e il buon senso.
Quando c’è una crisi, la figura più importante è il manager di crisi, colui che ha il compito di “scacciare” o zittire le cattive notizie provocate dagli attacchi. Il manager di crisi esegue questo compito raccontando le vere cattive notizie. La pillola non viene indorata, non vengono inventate scuse, non vengono ritirati frettolosamente prodotti altrimenti sani e funzionanti.
Il concetto che guida una buona gestione della crisi è quello della redenzione. L’azienda ha fatto qualcosa di sbagliato? Va confessato. L’azienda non ha fatto nulla di male, ma è stata accusata? Il manager di crisi deve costruire la difesa.
Quando c’è una crisi in atto, è fondamentale che il CEO sia presente in ogni momento, perché è colui che vanta le connessioni e che può prendere le decisioni. Viceversa, durante una crisi il numero di persone coinvolte deve essere limitato. Infine: mai procrastinare, mai prendere tempo, mai paralizzarsi. Si deve fare, fare, fare, perché il silenzio è il primo elemento che conferma le accuse.
Il crisis management – la gestione della crisi - dovrebbe essere una disciplina aziendale, perché il rischio di crisi è onnipresente, si muove su più canali, può mettere sotto processo qualunque elemento aziendale, qualunque azione, qualunque storia.
Il controllo del danno funziona quando un attacco viene gestito senza clamore. La discrezione è tutto, anche se per discrezione si intende quella fattiva, perché durante una crisi, l’azienda o la personalità sotto accusa deve continuare a comunicare. L’unica differenza: deve farlo con maggiore attenzione.
In genere, sopravvive chi ha un leader forte, chi ha il coraggio di mettere in discussione i guru del pensiero positivo, delle scuse e del reputation management, chi è flessibile, chi destina risorse alla gestione della crisi, chi sopporta gli attacchi, chi procede per piccoli passi, chi crede nella propria cultura, nella propria immagine e nella propria morale, e chi è fortunato.