Il punto di partenza di questo libro è che il patriarcato faccia del male a tutti. Se negli ultimi decenni ci siamo concentrati in particolare sul nuovo ruolo delle donne in famiglia, al lavoro, nella politica e nella società, gli uomini sono rimasti un passo indietro. Relegati all’interno degli stereotipi che li ingabbiano in tutto il mondo da secoli, non potranno partecipare alla liberazione se non dedicheremo attenzione anche a come li educhiamo. Il primo e più importante passo è riassunto in quello che è diventato il grido di battaglia di Liz Plank: Let the Boys Cry, cioè lasciate piangere gli uomini. Educati a una costante censura delle proprie emozioni, gli uomini non possono conoscersi a fondo, farsi conoscere, essere vulnerabili e sviluppare un’intelligenza emotiva proprio perché fin da bambini le loro emozioni vengono represse. Li educhiamo a due soli sentimenti: la rabbia e la soddisfazione. Così tristezza, paura nostalgia, felicità, bisogno di affetto rimangono soffocati e rischiano di far loro del male.
Un esempio semplice e d’impatto è quello di non saper chiedere direzioni. Ogni persona che abbia viaggiato in auto con un uomo sa quanto essi siano restii a chiedere indicazioni. Sentirsi persi è, letteralmente e metaforicamente, vietato per i cosiddetti “uomini veri”. E se in un viaggio on the road il pericolo è solo quello di girare a vuoto, in altre situazioni si va incontro a rischi molto più grandi. Quando si sentono emotivamente persi, gli uomini, non potendo rivelare la loro vulnerabilità, si rivolgono a gruppi estremisti e gang oppure attuano comportamenti violenti e di sopraffazione.
Basta pensare alla terribile piaga delle stragi da arma da fuoco negli Stati Uniti. Nonostante quasi tutte siano perpetrate da uomini, la politica e la società scelgono di concentrarsi su altre caratteristiche della persona violenta. Entrano in gioco l’etnia, la religione, i problemi personali e familiari, mentre basterebbe concentrarsi sul comune denominatore delle stragi: il genere di chi le compie.