Adolf Hitler nacque nella cittadina austriaca di Braunau am Inn, sul confine tedesco, nel 1889, in una modesta ma rispettabile famiglia della piccola borghesia. Studiò fino ai sedici anni, con risultati mediocri, poi tentò di entrare per due anni consecutivi all’Accademia di Arti Grafiche di Vienna. Frustrato e deluso, visse nella capitale come un emarginato, poi si spostò a Monaco per evitare di dover prestare servizio nell’esercito austriaco. Dichiarato di “costituzione troppo debole” l’anno seguente, decise però di arruolarsi volontario quando scoppiò la Prima guerra mondiale, nell’esercito bavarese. Con il grado di caporale, visse uno dei periodi che avrebbe ricordato con maggiore trasporto, nei suoi scritti. Seppe della sconfitta della Germania durante un ricovero all’ospedale militare, per i danni subiti a causa dell’iprite, un gas impiegato durante gli scontri. A Monaco, nei mesi successivi, entrò in contatto col Partito tedesco dei lavoratori, una formazione di estrema destra, che sarebbe poi diventato il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (NSDAP) nel 1920. Nella cittadina bavarese frequenta corsi di formazione politica e assume in seguito l’incarico di istruire alcuni gruppi di soldati. Entra nel partito nel corso del 1919.
Hitler non era neppure tedesco, poiché ricevette la cittadinanza soltanto nel 1932; il suo aspetto fisico non impressionava, ma era un uomo leale, sapeva intrattenere e poteva affrontare discussioni su moltissimi argomenti diversi. Abituato a parlare più dal bancone di una birreria che sul palco di un comizio, era un agitatore capace di fare proseliti tra le masse, al quale, però, non mancò da un certo punto in poi l’appoggio dei gruppi di potere senza i quali non sarebbe mai riuscito a diventare cancelliere e assumere in poco tempo il controllo totale di un intero stato.