Quella che attualmente vive il web (e non solo) è una text generation: è sempre il testo che fa da collante a immagini, foto, video e qualsiasi altra tipologia di mezzo di comunicazione odierno. Lavoriamo, impariamo e comunichiamo soprattutto scrivendo, nelle professioni più istituzionali e in quelle più creative.
Quando scriviamo, tutti sogniamo testi leggeri e puliti; ma questa leggerezza è davvero difficilissima da cogliere e ottenere, che sia sulla carta o sul web. Un problema, in questo senso, è costituito da quel linguaggio omologato tipico di certi settori di mercato: i cosiddetti “politichese”, “burocratese” e così via. Si tratta di un linguaggio che fa sembrare i testi tutti uguali e che, al lettore, dà la spiacevole sensazione di leggere un contenuto povero di significati, piatto, infarcito di convenzioni, tutto tranne che leggero. Linguaggi di questo tipo si ritrovano nei contenuti della pubblica amministrazione, delle banche, dei beni culturali, delle aziende informatiche… In tutti questi casi, spesso si tende a complicare ciò che può essere semplice, utilizzando verbi come “inizializzare” invece di un più immediato “cominciare”, ad esempio. La tendenza è quella di scegliere un lessico particolare per darsi importanza, più che per comunicare in modo più diretto col lettore, così come quella di prediligere sintassi e locuzioni tecniche e pompose, a discapito della leggerezza del testo. Come reagire all’uso di linguaggi di questo tipo? Sicuramente, all’inizio possiamo provare ad esagerarne l’uso, rendendoci ben presto conto di quanto siano ridicoli e facendo una lunga lista di espressioni e parole da non usare più; queste ultime possono poi essere sostituite da parole brevi e semplici. Certo, ogni settore ha i suoi tecnicismi, cioè quei termini che davvero non si possono cambiare perché indicano concetti molto specifici e insostituibili; ma sono pochi e possono essere sempre spiegati con parole più semplici. In tutto il resto dei casi, poi, meglio semplificare con termini che siano più scorrevoli (“per” invece di “finalizzato a”, “con” invece di “con l’ausilio di”, e così via) e più vicino alla quotidianità di chi legge. Infatti, i principali parametri che determinano la leggibilità e la comprensibilità di un testo sono la lunghezza di parole e frasi, e l’appartenenza delle parole al Vocabolario di Base della lingua italiana, elaborato dal linguista Tullio De Mauro con le 7.000 parole più usate nella nostra lingua. Inoltre, sono quasi sempre le parole più concrete ad attirare l'attenzione del lettore, perché si riferiscono a qualcosa che il lettore conosce; usare termini tangibili, quindi, ci avvicina al lettore e ci permette anche di essere più facilmente trovati sui motori di ricerca: se abbiamo un hotel, ad esempio, meglio usare più parole come “piscina” o “ristorante interno” piuttosto che astrazioni senza un reale significato come “comfort di altissimo livello” o “panorama mozzafiato”, perché non sono queste le parole che il potenziale cliente cercherà su Google. Questo non significa limitarsi solo a concetti molto realistici e poco inclini all'immaginazione: con un po’ di pratica, si diventa bravi a muoversi lungo la scala dell’astrazione delle parole, dando consistenza alle idee e permettendo alle parole più concrete di rappresentare anche concetti più astratti ed evocativi.