Gli esseri umani bramano profondamente qualcosa che non potranno mai avere: la certezza che la vita sia utile e significativa. L'enorme divario tra quella brama e l'effettiva sterilità della vita è una condizione assurda che deve essere affrontata apertamente.
La tragica figura del re greco Sisifo simboleggia perfettamente l'assurda condizione umana: a causa di una mancanza di rispetto verso gli dei, Sisifo fu condannato a spingere una roccia su e giù da una montagna per l'eternità.
Ci sono diverse storie sul motivo per cui Sisifo incorse nell'ira degli dei. La più famosa racconta che il re avesse messo in catene Ade, signore dell’oltretomba. Zeus allora inviò Ares per liberare Ade da Sisifo, il quale, nel momento in cui stava per morire, volle mettere alla prova l'amore di sua moglie ordinandole di gettare il suo corpo insepolto in mezzo alla pubblica piazza. La moglie lo fece davvero, e Sisifo, irritato, ricevette il permesso di tornare sulla terra per castigarla. Sisifo dimostra una genuina brama di vita che sembra essere particolarmente forte quando si tratta della sua ammirazione per il mondo naturale. Al suo ritorno dagli inferi, infatti, Sisifo si innamorò di nuovo della bellezza naturale della Terra, e si rifiutò di andarsene. Così, fu mandato Mercurio a recuperarlo, e quando Sisifo tornò negli inferi trovò ad aspettarlo la sua roccia e l'eterno, futile lavoro che rappresenta.
Nel destino di Sisifo, Camus vede la lotta dell'uomo che brama il significato in un mondo privo di significato. Sisifo è l'ultimo eroe assurdo, perché è pienamente consapevole della futilità delle sue azioni. Il destino di Sisifo è intrinsecamente assurdo, è un'eternità di fatica che non equivale mai a nulla.
Inoltre, la materialità del mondo naturale accresce l'inutilità del compito di Sisifo: la roccia e la montagna durano per sempre, mentre la vita dell'uomo è breve e temporanea. Camus paragona il destino di Sisifo a quello di un operaio che ripete gli stessi compiti ogni giorno al lavoro. Tuttavia, l’operaio è condannato dal fatto che continua a sperare, nonostante la banale ripetizione della sua quotidianità.
Camus vede Sisifo come padrone del suo destino nello stesso modo in cui lo fa l'uomo assurdo: entrambi sono padroni dei loro giorni, anche se questi giorni non hanno alcun significato.
Camus suggerisce che ci sia una sorta di intimità tra Sisifo e la sua pietra e che aumentare la sua conoscenza di ogni atomo della pietra costituisca per Sisifo una sorta di accettazione del suo destino. Camus infonde a Sisifo le qualità che ritiene necessarie per vivere una vita assurda e conclude che è necessario immaginare Sisifo felice.