È il primo giorno di marzo del 1815 quando Napoleone, fino a quel momento in esilio sull’Isola d’Elba, sbarca nel piccolo porto di Antibes. La notizia si diffonde rapidamente e le grandi potenze mondiali – Inghilterra, Austria, Prussia e Russia –, che avevano sperato in un lungo periodo di pace, mobilitano subito i loro eserciti contro la Francia. Ben consapevole di poter battere gli alleati solo con l’effetto sorpresa, Napoleone entra in Belgio già il 15 giugno, quando solo gli eserciti inglese e prussiano sono più o meno pronti a combattere.
Il 16, l’esercito francese di Napoleone combatte a Quatre Bras contro gli inglesi e a Ligny contro i prussiani, che a fine giornata si ritirano sfiancati, costringendo gli inglesi a fare lo stesso: questi decidono di fermarsi presso la località di Waterloo, circa 15 chilometri a sud di Bruxelles e separata dalla capitale da un grande bosco. La divisione francese a Quatre Bras avanza anch’essa verso nord e si ferma qualche chilometro più a sud di Waterloo, in corrispondenza della locanda di Belle Alliance: è qui che Napoleone si trova la sera del 17 giugno, alla vigilia della battaglia di Waterloo.
Anche se non riesce a vederlo a causa della conformazione del terreno, Napoleone sa che gli inglesi si trovano subito dietro il crinale tra Mont Saint Jean e Waterloo, decisi a continuare a combattere pur di non lasciare che Bruxelles cada nelle sue mani. Egli spera di poter dare battaglia agli inglesi l’indomani, prima che si ricongiungano con i prussiani, ma non pianifica molto: per lui, le battaglie bisogna essere in grado di saperle gestire sul campo, anche con l’improvvisazione.
Dal canto suo, il duca di Wellington, che guidava l’armata inglese, aveva già deciso che avrebbe cercato di respingere Napoleone a Waterloo, prima che arrivasse a Bruxelles. Se gli avesse permesso di prendere la capitale, la ritirata da Quatre Bras sarebbe apparsa come una vera e propria sconfitta e lui, da un punto di vista politico, non poteva permetterselo.
Nel frattempo, l’esercito prussiano non si era mosso a est verso Liegi, come si aspettava Napoleone, ma si era ritirato a nord, nella località di Wavre: una decisione presa rapidamente ma che sarebbe stata determinante per l’esito della guerra. Quella sera, Wellington chiede effettivamente l’aiuto dei prussiani per la battaglia dell’indomani. Nonostante la stanchezza della ritirata, il principe Blücher – che guida l’esercito prussiano insieme al suo capo di stato maggiore Gneisenau – invia subito una prima divisione verso ovest.
La notte tra il 17 e il 18 giugno è terribile per tutti: la pioggia cade incessantemente, rendendo colline e valli un’immensa palude di fango. Le divise si inzuppano fino all’osso, accendere fuochi è impossibile, il cibo scarseggia. Stendersi nel fango è fuori discussione: molti finiscono per passare la notte in bianco, preparandosi alla battaglia come possibile. Sull’unica strada maestra che va a Bruxelles passando dal bosco, c’è un via vai di contadini e familiari dei soldati che lasciano la zona per rifugiarsi nella capitale; il traffico è tale che le provviste e i nuovi reggimenti provenienti da Bruxelles fanno una gran fatica a raggiungere Waterloo.
Nella sua stanza alla Belle Alliance, Napoleone è fiducioso: è convinto che la battaglia sarà semplice e definitiva, visto che per Wellington sarà impossibile ritirarsi verso nord attraverso la fitta foresta resa ancora più impraticabile dalle piogge. Molti dei suoi generali lo ritengono un avversario temibile, ma lui pensa che sia sopravvalutato; inoltre, non ha idea che i prussiani siano così vicini ma, comunque, non crede che siano stati in grado di combattere dopo la disfatta di Ligny.