Un fenomeno inedito è stato protagonista del diciannovesimo secolo in Europa: un arco di cento anni di pace pressoché ininterrotta, dal 1815 al 1914. Le potenze europee, nel corso di quei cento anni, combatterono tra loro soltanto per 18 mesi, mentre se si somma la durata delle guerre nei secoli precedenti si ottiene la terribile media di 60/70 anni per secolo. Alla base di questo equilibrio internazionale produttore di pace, c'era quello che, alla lunga, si è mostrato una fragile utopia: il mercato autoregolato.
In estrema sintesi, possiamo dire che la pace - e più in generale la civiltà - del XIX secolo sia crollata perché sono venuti a mancare i quattro pilastri sui quali poggiava, cioè l’equilibrio di potere tra le nazioni, la base aurea internazionale, lo Stato liberista e, infine, il mercato autoregolato, capace di produrre benessere economico senza precedenti.
Il meccanismo di stabilizzazione politica che assicura l’equilibrio di potere tra le potenze europee e pone le basi di questa lunga pace procede nel tempo come una staffetta. Dal 1815 al 1846 la pace è garantita dagli eserciti della “Santa alleanza”: dopo la sconfitta di Napoleone, la “reazione” contro i movimenti borghesi usciti dalla Rivoluzione placa le fiammate che avevano attraversato a più riprese l’Europa.
Man mano che la forza della Reazione cala, il suo posto viene occupato dalla spinta crescente dell’industrializzazione. L’alta finanza prussiana fornisce i mezzi sociali ed economici alle potenze europee e dopo la guerra franco-prussiana si viene a creare un equilibrio di potere che nessuno osa sfidare.
L’alta finanza che muove grandi capitali agisce come uno strumento sociale perché di fatto disciplina gli Stati, lavorando di concerto con essi. Si stabilisce una sorta di organizzazione che è contemporaneamente stabile ed elastica, strettamente legata - eppure indipendente - al sistema delle Banche Centrali.