Seth Godin definisce l’arte come l’atto umano di fare qualcosa in grado di portare un cambiamento positivo, assumendoci il rischio che quello che abbiamo in mente possa non funzionare. In questa definizione la parola “arte” va oltre il semplice dipingere, cantare, scrivere, recitare e via dicendo. Si tratta di qualcosa di più universale, qualcosa capace di fare la differenza.
Ma facciamo un passo indietro. L’economia industriale di questi anni si basa sul consumo e sull’obbedienza dei propri ingranaggi, cioè le persone. La nostra società ci ha fatto sentire impotenti, non all’altezza, non sufficientemente forti, senza i giusti talenti e non meritevoli di poter dire la nostra. In un mondo sempre più dominato dalla scarsità, il sistema ci ha indicato un modello di conformità e convenienza a cui aderire. La promessa è sempre la stessa: la felicità in cambio di una vita di sacrifici. In fondo, chi non vuole essere felice? E così per anni ci siamo illusi, facendo finta che andasse tutto bene.
Questo indottrinamento ora comincia a mostrare le prime crepe. Quello che ci era stato dato come garantito, oggi, non lo è più. L’insignificanza di questo patto di rinunce è sempre più evidente. Abbiamo sacrificato anima e corpo spaccandoci la testa con un lavoro che non ci appartiene, in nome di una ricompensa che però ora tarda ad arrivare. Cosa si può fare per ritrovare una soddisfazione in quello che facciamo? La risposta è semplice: possiamo scegliere la creatività. Possiamo scegliere di vivere una vita fuori dagli schemi.
Tutti noi siamo creativi, ma solo se vogliamo esserlo. La creatività non è una dote innata che appartiene a pochi fortunati ma una scelta coraggiosa che ognuno di noi può fare ogni giorno. La creatività è un’abilità che può essere appresa e sviluppata attraverso un percorso che scardina gli schemi. Com’è facile pensare, il processo creativo non è uguale per tutti ma, per fortuna, segue un pattern comune basato su resilienza, generosità, fiducia, crescita e audacia.