Edith Eger ha conosciuto gli orrori di Auschwitz. Ha vissuto sulla sua pelle una delle esperienze più dure e feroci che possano capitare. Eppure è riuscita a elaborare quello che le è successo, ad andare avanti, a costruirsi una vita serena e ricca di soddisfazioni. È diventata psicologa e ha tenuto conferenze in tutto il mondo. A volte il pubblico più giovane la identifica come una sorta di Anna Frank sopravvissuta perché in effetti, le due, sarebbero quasi coetanee. Ed entrambe, in modo diverso, sono testimoni di una pagina drammatica della storia recente. Edith e Anna sono il volto pulito e innocente che è arrivato fino a noi e il loro vissuto ci permette di avere ancora speranza nel genere umano.
L’ esperienza di Eger dimostra che si può essere più forti anche dei traumi più profondi, anche della sofferenza fisica e la perdita dei propri cari. L’importante è non fuggire dall’enorme dolore che si prova, non dimenticare le proprie ferite; è necessario affrontare la sofferenza e trovare un modo per riprendere la via.
Edith Eger è nata in una famiglia ebrea e ha trascorso la sua infanzia nell’allora Ungheria. Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, viene deportata con la sua famiglia nel campo di concentramento di Auschwitz. Sopravvive, a differenza dei suoi genitori che trovano immediatamente la morte. Una volta liberata cerca di rifarsi una vita e decide di utilizzare quell’esperienza terribile per aiutare le altre persone. Il suo obiettivo è dare speranza anche a chi ha vissuto dei traumi profondi. La donna vuole liberare gli altri, esattamente come è stata liberata lei. La maggior parte delle volte, infatti, le prigioni di cui siamo schiavi, non sono quelle fisiche, ma quelle mentali. Siamo prigionieri della nostra mente, delle sofferenze che ci portiamo dietro e che rimangono con noi per anni. Eger promuove un cambiamento significativo nelle persone, che coinvolge non solo il loro mondo interiore ma anche quello relazionale.