Negli anni ‘80 Wall Street era il centro dell'universo del denaro e, per un certo periodo, ci fu una società di trading che ne fu la regina indiscussa: questo libro racconta dunque l’ascesa e la caduta di Salomon Brothers, la sua famigerata spavalderia, la sua espansione aggressiva e il successivo declino.
Il libro è stato scritto dal punto di vista di Michael Lewis, oggi uno dei giornalisti finanziari più famosi al mondo, ma a quell’epoca venditore di obbligazioni per Salomon Brothers, durante il suo periodo più eclatante.
Negli anni ’80 a Wall Street si era creata una cultura dell’investment banking malsana, che diede vita a un ambiente che non aveva alcun senso logico e in cui l'obiettivo principale era fare soldi a ogni costo anche a spese dei clienti.
Partiamo dall’ambiente interno alle società di trading. Il percorso di studi, ad esempio, lasciava il tempo che trovava e si andava spesso avanti per conoscenze, simpatie e personalità. Spesso studenti brillanti finivano a fare semplicemente gli analisti mentre persone estremamente spigliate riuscivano magari a diventare trader. L’autore era laureato in Storia dell'Arte, eppure seppe mettersi al passo dei suoi coetanei che avevano studiato economia mentre lavorava. Riuscì a entrare nella società di trading grazie a un incontro fortuito e all’amicizia con due coppie, in cui le donne erano mogli di due alti manager di Salomon Brother.
Anche le assunzioni spesso venivano prese come una sorta di gioco. I trader sapevano che la motivazione principale per i candidati era il poter fare tanti soldi, più che naturale per quel tipo di impiego, e quindi per sfizio non appena uno nominava i soldi durante un colloquio veniva scartato. Questo successe anche a Lewis stesso, un anno prima di entrare in Salomon Brother, durante un colloquio con Lehman Brothers. Quello che interessava maggiormente era che fossero attratti dalla sfida e dal brivido di fare affari a qualunque costo.
All’inizio non era così, Salomon era una delle migliori società, ma finì poi per perdere lentamente la sua identità. Laddove un tempo eccelleva perché sapeva giudicare bene il carattere delle persone, durante la metà degli anni '80 iniziò ad accettare frotte di mercenari che non possedevano alcun legame verso l'azienda. Invece di promuovere la lealtà e portarli a crescere con un programma controllato, ai nuovi arrivati veniva detto di pensare all’azienda come a una giungla, pensando che il metterli in competizione avrebbe fatto aumentare i guadagni. L'unica cosa che contava era far fare soldi all'azienda e quella cultura incoraggiava i nuovi dipendenti a corrompersi, ad accettare il loro posto come ingranaggio nella macchina, non come umani. I nuovi dipendenti a volte venivano presi in giro dai senior in modi che potevano essere estremamente umilianti, in quell’anarchia i cattivi schiacciavano i buoni e il nonnismo era all’ordine del giorno. Per ottenere qualcosa dovevi essere prepotente o prevaricare gli altri.
Il valore di una persona dipendeva soltanto da quanti soldi riusciva a fare e quindi molti dei dipendenti non avevano clienti, ma avevano vittime. Il lavoro di Salomon in teoria doveva essere quello di consigliare i migliori investimenti per i suoi clienti, tuttavia questo approccio non avrebbe reso all'azienda la maggior quantità di denaro. Su titoli per esempio la cui compravendita comportava una commissione di transazione fissa per il trader, quest’ultimo spingeva i suoi clienti a fare quante più transazioni possibili, nonostante questo erodesse gli eventuali utili della persona. Oppure magari i trader avevano necessità di sbarazzarsi di asset diventati di pessima qualità o valore e intimavano ai venditori di convincere il cliente a fare un cattivo affare spacciandolo per un’ottima opportunità. A volte addirittura mentivano direttamente ai venditori, ingannandosi anche fra colleghi.
All’epoca internet non esisteva ancora e, data sia la complessità del mercato, chi voleva investire in borsa era obbligato a fidarsi dei presunti esperti addetti ai lavori di Wall Street. Dall’altro lato, se un trader o un venditore raccontava ai colleghi una storia nella quale aveva fregato un cliente, questo gli faceva guadagnare rispetto anziché perderlo. E questa era una cultura aziendale nata dall’alto: “Tanto i clienti hanno la memoria molto breve” disse un giorno l’allora presidente della società, Tom Strauss. Se anche il cliente perdeva un mucchio di soldi e spariva, apparentemente ce n’erano sempre altri pronti a prendere il suo posto. Tuttavia, come vedremo nei prossimi capitoli, ciò non poteva durare per sempre.