La fallibilità è insita nella natura umana e questa è particolarmente evidente dai vari bias cognitivi e comportamentali che caratterizzano ogni individuo. Per Carol Tavris, brillante mente della psicologia sociale, una delle teorie che spiegano le fallacie con maggiore impatto sulla società e sulle relazioni interpersonali è quella della dissonanza cognitiva, che descrive il bias di conferma e i processi di autogiustificazione.
La maggior parte delle persone trova particolarmente difficile ammettere di aver avuto torto o di aver commesso un errore che ha causato danni al prossimo. Lo si può notare non solo nella propria vita quotidiana ma anche nella sfera politica e in quella legale. L’auto-giustificazione è quel meccanismo per cui si trova a tutti i costi una giustificazione che possa motivare ciò che si è fatto o espresso ed è più potente della menzogna, perché non si collega a eventi oggettivamente confutabili ma spinge a superare un confine morale che ci si è imposti continuando ad avere un’opinione positiva di sé. Per farlo distorce il tessuto stesso della realtà, passando per il canale della memoria.
La memoria umana è infatti lontana dall’essere infallibile e immutabile. È un continuum plastico e in perenne mutamento, soggetto al modo in cui in un determinato momento si percepisce la realtà. Quando si commette un’errore e si tende a giustificare ciò che si è fatto o pensato, la propria mente agisce per compensare alla mancata presa di responsabilità e tramuta la visione dell’evento in ciò che più torna comodo per la propria sopravvivenza (o meglio della sopravvivenza del proprio ego). Il processo ha i suoi pro e i suoi contro: da un lato aiuta a dormire più sereni ed evidenzia l’origine evoluzionistica del fenomeno, dall’altro conduce a incomprensioni o a peggiori conseguenze su larga scala, qualora si tratti di comportamenti particolarmente gravi o provenienti da figure dalle grandi responsabilità. In tal senso sono esemplari le scelte di George Bush che diede il via alla guerra in Iraq sulla base di palesi errori di giudizio – la non esistenza di armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein - e mai interrotta per non ammettere lo sbaglio, causando un’enorme tragedia in termini di vite umane (nonché una maggiore radicalizzazione nel mondo islamico).
Nel corso del libro Mistakes were made, l’autrice spiega le modalità con cui il processo di autogiustificazione avviene, come si tramuta in base al tipo di rapporto che esiste tra le parti coinvolte e come fare un passo per cercare una soluzione al problema.