Siamo tutte impreparate di fronte alla maternità. Ci riempiono di consigli, di raccomandazioni, di indicazioni, ma la verità è che quando torniamo a casa dall’ospedale non sappiamo da dove cominciare. Da quel momento la nostra vita è stravolta e in casa non esistono più porte, pareti, orari fissi, niente di niente. Sentirsi disorientati è molto facile.
L’autrice del libro, immersa in questo mondo nuovo e, per certi versi spaventoso, ha reagito in una maniera singolare: ha cominciato a cantare. Lo faceva in molti momenti della sua giornata con sua figlia, per farla addormentare, mentre le faceva fare una passeggiata o al cambio del pannolino. Ogni occasione era buona per cantare. Questa abitudine, si è resa conto, faceva bene non solo alla figlia, ma anche a lei stessa. La rilassava. Cantare era diventata una sorta di meditazione; Karen, grazie alle melodie che uscivano dalla sua bocca, scaricava lo stress e concentrava la sua attenzione su qualcosa di piacevole. Si rendeva conto, inoltre che, per cantare, usava bene la respirazione. In quegli istanti respirava in maniera corretta. E non è una cosa così scontata. Quando si è in una situazione di stress, infatti, il respiro è spesso corto, affannoso. Non si introduce abbastanza ossigeno nel corpo e lo stato di agitazione aumenta.
Attraverso il canto e la respirazione, Karen è riuscita a gestire un periodo molto complicato, seppur bellissimo e intenso. Non cantava canzoni già esistenti; se le inventava e si faceva trasportare dalla melodia. E, soprattutto, non era di certo una cantante. Semplicemente lo faceva, fregandosene della resa. Questa pratica del canto ha aperto un canale di comunicazione molto potente con la figlia, che è cresciuta con le dolci note messe insieme un po’ a caso dalla madre. Le due hanno sviluppato così un loro linguaggio, fatto di canzoni improvvisate e di melodie frutto di fantasia e puro divertimento.