Gli scienziati che lavorano nel campo dell'intelligenza artificiale sono convinti di una cosa: i computer saranno intelligenti quando saranno abbastanza potenti. Questo significa ridurre l’intelligenza alla capacità di calcolo, basandosi sul concetto che le attività più impressionanti dell'intelligenza umana sono, in sintesi, manipolazione di simboli astratti. Parlare e ascoltare implicano la manipolazione di “simboli mentali” chiamati parole, così come giocare a scacchi coinvolge l’utilizzo di “simboli mentali” che rappresentano le proprietà e le posizioni dei vari pezzi. Ma la realtà non è così semplice: il parallelismo tra capacità di calcolo e pensiero non è corretto.
Nel 1943 il neurofisiologo Warren McCulloch e il matematico Walter Pitts spiegarono come i neuroni fossero in grado di svolgere funzioni digitali, ovvero potessero teoricamente replicare la logica formale dei computer. L'idea era che i neuroni funzionassero come quello che gli ingegneri chiamano porte logiche. Le porte logiche permettono di compiere semplici operazioni grazie a “and, not, or” vale a dire “e, non, oppure”. I chip dei computer sono composti da milioni di porte logiche, cablate in circuiti precisi e complicati. Una CPU è una raccolta di porte logiche. Secondo la teoria di McCulloch e Pitts, il cervello è soltanto un computer di natura biologica.
Dopo la seconda guerra mondiale, i computer digitali elettronici divennero disponibili per applicazioni più ampie e i pionieri dell'intelligenza artificiale iniziarono a programmare. Il primo campo di lavoro fu la traduzione linguistica, resa facile perché simile a una decifrazione di codice. In quegli anni c’era un grande fermento sul tema dei “sistemi esperti”, database di conoscenze che potevano rispondere a domande poste da utenti umani. L’idea era che un sistema esperto medico avrebbe potuto diagnosticare la malattia di un paziente in base a un elenco di sintomi. Inutile dire che questi “sistemi esperti” rivelarono velocemente la loro utilità limitata, non mostrandosi per nulla intelligenti.
Una delle cose che in passato ha affascinato di più è stata la capacità dei computer di giocare a scacchi, e quando Deep Blue di IBM sconfisse Gary Kasparov, il campione mondiale di scacchi, sembrò che qualcosa di straordinario fosse successo. Ma Deep Blue non vinse perché era più intelligente di Kasparov: vinse perché era milioni di volte più veloce, pur restando assolutamente privo di intuito.
Nel tempo, i programmi di intelligenza artificiale di successo hanno mostrato una cosa in comune: la loro eccellenza è concentrata in una attività specifica, quella per la quale sono stati specificamente progettati. Non sanno generalizzare, né mostrare flessibilità, persino i loro creatori ammettono che non sono in grado di pensare come gli umani.