Jon Steven Young, comunemente noto come Steve Young, è nato l'11 ottobre del 1961 a Salt Lake City, negli Stati Uniti. Quando era alle elementari, la sua famiglia si trasferì a Greenwich, nel Connecticut. Non molto tempo dopo essere arrivato lì, Young iniziò a praticare sport di ogni tipo, dal football, al basket, al baseball, con una passione particolare per il football. Una volta iniziate le superiori, diventò capitano della sua squadra in tutti e tre gli sport. Era anche uno studente modello e uno dei ragazzi più brillanti della sua classe. Tuttavia, nel suo libro, Young rivela che la pressione di dover avere successo in tutto ciò che faceva lo ha portato a lottare con una forte ansia fin da bambino.
Young, sul campo da football, giocava il ruolo di quarterback.Il quarterback è uno dei ruoli più importanti della squadra perché si tratta del regista del team nella fase offensiva. È definito come il “capo dell’attacco” e la sua funzione principale è quella di far applicare gli schemi dettati dall’allenatore, leggere la difesa avversaria e guidare l’attacco per realizzare un touchdown. Il touchdown in italiano viene chiamato “meta” e consiste nell’arrivare dall’altro lato del campo e posare la palla a terra oltre la linea: è questo il modo principale di segnare dei punti nel football americano. Il football è uno sport molto fisico, per segnare una meta bisogna superare il muro di difensori avversari che cercano di bloccarti per non farti passare.
Un compito non facile, che si può raggiungere solo attraverso il gioco di squadra. Non a caso tutto il gioco passa nelle mani del quarterback, che funge da direttore d’orchestra e ha il controllo della palla e delle tattiche offensive della squadra per la maggior parte della partita. Oltre all’intelligenza nel comprendere le dinamiche di gioco, il quarterback deve avere una dote sopra a tutte le altre: l’abilità di passare il pallone in maniera precisa. Essendo lui a guidare il gioco, sarà lui, infatti, a effettuare i lunghissimi lanci per gli attaccanti in corsa che cercheranno di sgusciare in mezzo alla difesa avversaria e siglare i touchdown.
In tutto questo, c’era un piccolo problema: all’epoca delle scuole superiori, Young come quarterback sapeva soprattutto correre. Una dote molto importante, ma non quanto quella di effettuare passaggi millimetrici. Sapeva anche passare la palla, ma non era il suo forte. Mentre si avvicinava al diploma di scuola superiore, molte università si interessavano a Young, che aveva un sacco di doti formidabili oltre alla corsa. Spesso, però, l’interesse calava quando notavano le sue mediocri doti nel passaggio.
Alla fine riuscì a entrare nella Brigham Young University, che si trovava proprio a Salt Lake City, la sua città natale. La sua avventura nella squadra dell’università, i Cougars, fu tutt’altro che facile. Date le sue scarse doti nel passaggio, venne relegato nelle riserve e le sue speranze di dare vita a una carriera nel football cominciarono a scemare. Alle superiori era più facile, ma al college il livello si era alzato notevolmente. A quel punto, Young stava per mollare. Un giorno chiamò suo padre e gli disse che voleva smettere di giocare e abbandonare gli studi. Il padre gli rispose che se voleva poteva farlo, nessun problema. Ma che non poteva tornare a casa e che sarebbe dovuto rimanere lì dov’era.
Questo probabilmente fu uno dei momenti di svolta più importanti della sua carriera. Se avesse avuto un padre più accondiscendente, non sarebbe mai diventato un giocatore di football. Ma visto che era costretto a rimanere lì dov’era, perché i genitori per il momento non lo avrebbero ripreso a casa, tanto valeva continuare a giocare e studiare. E così fece.