Nell’ultimo secolo si è assistito a un progressivo allontanamento degli esseri umani dalla natura. Le connessioni vitali che fino a qualche tempo fa tenevano legati interi ecosistemi si stanno progressivamente dissolvendo. E questo vale anche per i legami tra popoli, religioni, governi e mercati. Questa disconnessione reciproca ha dato origine all’attuale crisi climatica. Viviamo oggi in un pianeta che sta morendo ma il declino biologico della Terra altro non è che la risposta a quello che noi esseri umani le stiamo facendo.
Il riscaldamento globale è la conseguenza di un accumulo di calore nell’atmosfera terrestre, nella terra e negli oceani a causa di un aumento dei gas serra presenti nell’atmosfera. Il cambiamento climatico, invece, descrive l'insieme più ampio di cambiamenti che interessano il clima terrestre, tra cui la variazione dei regimi pluviometrici, la siccità, lo scioglimento dei ghiacciai e le inondazioni. Dagli anni Ottanta del Novecento la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di circa 0,18°C ogni decade. Nel 2020 la superficie terrestre era più calda di 0,98°C rispetto alle temperature medie registrate nell’era preindustriale.
Le persone si sentono sopraffatte dal modo con cui il cambiamento climatico viene comunicato e questo impedisce loro di agire. Ci si chiede che cosa possa fare un singolo di fronte a un fenomeno di tale portata e la risposta è spesso un inesorabile niente. Si tende così a demandare ogni azione ai tecnocrati, ai leader politici, agli esperti, agli scienziati, nella speranza che qualcuno faccia qualcosa. È l’azione dei singoli, invece, a determinare un passo avanti o uno indietro nel contrastare il riscaldamento globale. Domandandosi quanto le nostre azioni, anche quelle più semplici come acquistare cibo, vestiti, elettrodomestici oppure muoversi in città, siano rigenerative o distruttive, promuovano l’equità o aumentino la povertà, e capire il loro impatto sull’ambiente permette giorno dopo giorno di migliorare la situazione a livello mondiale.