Ha 24 anni. Dopo l’8 settembre, insieme ad alcuni amici, Primo Levi si era dato alla macchia in montagna. Volevano diventare partigiani e affiliarsi a “Giustizia e Libertà”, ma mancavano di armi, denaro e delle conoscenze necessarie per realizzare questo progetto. La milizia che lo catturò, arrivò a lui quasi per caso. Questi uomini stavano cercando un’altra banda quando scoprirono il loro rudimentale nascondiglio tra le montagne della Val d’Aosta. Una volta preso, Primo Levi dichiara di essere ebreo. Inizia così la sua deportazione. Nel gennaio del 1944, Levi raggiunge il campo di internamento di Fossoli, vicino a Modena. Qui il regime stava radunando tutti i cittadini italiani ebrei per poi consegnarli alle SS tedesche.
Il 21 febbraio del 1944 un convoglio ferroviario con a bordo oltre seicento ebrei tra donne, uomini e bambini lascia l’Italia con destinazione Auschwitz, in Polonia. Per tutti loro questo nome non aveva ancora un significato. Anzi, dava loro quasi una speranza perché rappresentava un luogo, e questo significava, almeno per il momento, non essere uccisi. La realtà però si rivelerà molto diversa. Levi ricorda che, delle quarantacinque persone stipate nel suo vagone, solo quattro sono riuscite a tornare a casa. E altri vagoni sono stati più sfortunati.
Il viaggio verso Auschwitz dura quattro interminabili giorni. Poi, arrivati a destinazione, uomini, donne e bambini vengono divisi. Questa selezione viene fatta sommariamente dalle SS. Chi è in grado di lavorare o sembra esserlo viene fatto scendere da un lato. Gli altri, soprattutto donne, bambini e anziani, viene fatto scendere dal lato opposto. Di tutte queste persone, solo novantasei uomini e ventinove donne entrarono nei campi di Buna-Monowitz e Birkenau. Tutti gli altri morirono nel giro di due giorni nei forni crematori.
Primo Levi ricorda che, probabilmente, una delle cose che gli ha permesso di superare la selezione di quel giorno è stato arrivare ad Auschwitz nel 1944, dopo che il governo tedesco aveva deciso di allungare la vita media dei prigionieri e di sospendere le uccisioni arbitrarie dei singoli perché aveva bisogno di manodopera.