La negoziazione del potere è un concetto che si basa su determinate regole, proprio come avviene nel gioco degli scacchi. Con l’unica differenza − da non sottovalutare − che non è necessario che anche l’avversario conosca le regole. Possiamo prevedere le mosse altrui in modo molto preciso, tanto che la negoziazione può essere considerata una scienza più che un’arte. Negli scacchi ad esempio c’è il gambetto, un’apertura del gioco caratterizzata dal sacrificio di un pedone, con l’obiettivo di rafforzare l’attacco. Possiamo mettere in atto i nostri gambetti, le nostre mosse strategiche in qualsiasi momento: all’inizio, a metà e alla fine di una negoziazione. Il punto di partenza è chiedere all’altra parte molto di più rispetto a ciò che pensiamo di ottenere. Così facendo, creiamo “spazio” per la trattativa. Se vogliamo vendere − avremo sempre spazio di manovra per abbassare il prezzo; se vogliamo comprare − potremmo sempre alzare l’offerta. Dobbiamo puntare a chiedere il massimo, entro un limite di plausibilità: la cosiddetta “Maximum Plausible Position” (MPP). Teniamo presente che meno informazioni abbiamo sull’altro soggetto − più alta dovrà essere la cifra che chiediamo. Questo per almeno due motivi: il primo è che non si sa mai, potremo fare valutazioni completamente sbagliate riguardo alla controparte; il secondo è che, se si tratta di un rapporto nuovo, appariremo più collaborativi, se in seguito avremo la possibilità di fare concessioni di ampia portata. Inoltre, se chiediamo più di ciò che pensiamo di poter ottenere, aumenteremo il valore percepito di ciò che offriamo.