La creatività è una condizione propria della natura umana ma spesso viene messa in secondo piano perché ci si concentra troppo sugli aspetti negativi della vita. Presi come siamo dalla frenesia quotidiana, dal dolore, dai dubbi e dalla paura ci dimentichiamo di guardare dentro noi stessi per cercare quella scintilla in grado di darci serenità. Per ritrovare la creatività perduta possiamo affidarci alla tradizione dzogchen del Buddismo Bön. Il termine dzogchen nella lingua tibetana significa “grande perfezione” e indica quello stato di completezza in cui ognuno di noi già si trova. Nel Buddismo Bön la creatività non è un'abilità o un talento ma l’espressione della nostra natura, cioè chi siamo veramente. Secondo questa tradizione dentro ogni essere vivente c’è una fonte pura di creatività in grado di dare origine a qualità positive che, a loro volta, permettono alla creatività di fluire. Amore, compassione, gioia ed equanimità, per esempio, non sono altro che espressioni di questa fonte e l’essenza stessa del flusso creativo.
La creatività è una luce in grado di illuminare ogni aspetto della nostra vita, un flusso di energia che sgorga dal profondo del nostro essere e ci permette di realizzare un cambiamento positivo. Perché questo avvenga, però, è necessario connettersi con la fonte cardinale del nostro essere. Farlo ha la stessa potenza di scoprire una sorgente d’acqua pura quando si ha sete o tornare a casa con i sandali sgualciti dopo un lungo periodo in cammino. C’è un solo modo per riconnettersi con questa fonte ed è raggiungere la consapevolezza di chi siamo veramente. Questo tipo di consapevolezza, però, implica conoscere se stessi intimamente e senza fronzoli. Per farlo è necessario affrontare con onestà intellettuale quelle pagine della nostra vita che non ci piacciono, per esempio le paure irrisolte o le ferite ancora aperte. Questi sono tutti ostacoli che bloccano il flusso della nostra creatività – e di conseguenza anche della nostra gioia – e che dobbiamo eliminare.
Per conoscere il proprio vero io è necessario riconoscere che ognuno di noi è perfetto e completo così com’è. La nostra essenza interiore, infatti, è immutabile: non c’è nulla da aggiustare o da migliorare – come invece spesso ci viene detto. Siamo perfetti così come siamo nel senso buddista del termine: possediamo già tutte le qualità illuminate di cui abbiamo bisogno per risplendere. Purtroppo però la maggior parte della nostra vita è dominata da quelli che vengono chiamati i tre veleni: avversione, desiderio e ignoranza. L’avversione ci porta a respingere o evitare qualcosa che non ci piace. Il desiderio, invece, è volere sempre di più di qualcosa che ci piace. L’ignoranza è non riconoscere la nostra vera natura di esseri perfetti così come già siamo. Ed è proprio quest’ultimo veleno che ci fa sentire insoddisfatti, sempre alla ricerca di qualcosa.