In qualsiasi momento della nostra vita, entriamo in contatto con estranei: persone che non conosciamo e che hanno convinzioni, prospettive e background totalmente diversi dai nostri. Gli esseri umani sono tutti diversi, e questa diversità porta spesso a incomprensioni che sono capaci di creare veri e propri disastri comunicativi (e non solo): per evitarli, è fondamentale che la nostra società sia più premurosa nei confronti di queste differenze, e che ognuno di noi sia disposto ad approfondire il modo in cui ci approcciamo agli sconosciuti e cerchiamo di dare loro un senso.
Nel nostro modo di comunicare con gli estranei, c’è un certo schema che rende ogni nostra interazione sociale difficile da comprendere, tantomeno da prevedere. L’autore ci propone due esempi in cui alcune persone, che si pensa siano esperte di comunicazione e diplomazia, siano cadute nell’incomprensione dell’estraneo. Nel primo esempio, si racconta della serie di incontri tra il Primo Ministro inglese, Neville Chamberlain, e Hitler, nel 1938. Hitler aveva annunciato di voler invadere una zona della Cecoslovacchia, e Chamberlain decide di incontrarlo per convincerlo a evitare un conflitto mondiale; nel corso dei vari incontri, né Chamberlain né altre eminenti figure inglesi (come Lord Halifax) riusciranno però a comprendere le reali volontà di Hitler, ben celate sotto comportamenti cortesi e apparentemente onesti. Nel secondo episodio, si racconta di Ana Montes, agente della DIA esperta della questione cubana. Con una carriera perfetta, in gamba e apprezzata da tutti, serviranno diversi anni per smascherarla come una delle principali spie cubane negli Stati Uniti: tutti sono scioccati e nessuno, neanche i familiari o i suoi colleghi più stretti, avevano mai sospettato niente.
Questi e altri episodi della storia ci dimostrano come, per noi esseri umani, sia difficile comprendere appieno le persone che non conosciamo: gli agenti non smascherano i doppiogiochisti, i giudici non riescono a leggere correttamente gli imputati che devono condannare o assolvere, i primi ministri non colgono le intenzioni dei loro avversari. Le persone, in generale, fanno fatica a determinare la loro prima impressione dello sconosciuto che hanno di fronte, ma non lo capiscono neanche quando lo incontrano più volte. In altre parole, per noi esseri umani è estremamente difficile – forse quasi impossibile – capire le persone che non conosciamo, capire i significati dietro al loro comportamento e atteggiamento; questo è di sicuro un problema, visto che gran parte della nostra società si basa su interazioni tra sconosciuti. Ma perché è così difficile? Uno dei motivi potrebbe essere la nostra generale convinzione di conoscere gli altri meglio non solo di quanto loro conoscano noi, ma anche di quanto loro conoscano se stessi: è come se credessimo di avere delle informazioni sugli altri che loro stessi non hanno, ma mai il contrario. Questo ci porta spesso a parlare quando invece sarebbe meglio ascoltare, e a essere meno pazienti di quello che dovremmo essere quando gli altri affermano di essere incompresi o giudicati ingiustamente. Come gli agenti della DIA o come Chamberlain, tutti noi pensiamo di essere in grado di capire cosa c’è nel cuore di qualcuno osservando semplicemente gli indizi che abbiamo a disposizione, e da qui cogliamo l’opportunità di giudicare gli sconosciuti. Non lo faremmo mai con noi stessi, e vorremmo che gli altri non lo facessero con noi: noi siamo creature complesse, enigmatiche, ricche di sfumature… Il problema sta nel fatto che anche gli altri sono proprio così, e nessuno è mai troppo facile da comprendere fino in fondo.