Nessuno di noi immaginava quello che poi si è verificato. Nel passato c’erano stati altri allarmi, altre piccole emergenze sanitarie, il cui rischio di esportazione era stato in qualche modo contenuto e circoscritto. Basti pensare all’Aviaria o alla SARS.
Il virus da Covid-19 ha invece rovesciato qualsiasi preconcetto lasciando tutti, in tutto il mondo, impreparati. Questo perché in poche settimane ha raggiunto ogni paese costringendo i governi dei singoli stati a prendere provvedimenti severi come il chiudere i confini.
Viviamo infatti in un mondo globalizzato dove lo scambio reciproco tra i paesi può essere considerato una vera e propria conquista. Se in tempi remoti infatti ci volevano mesi per spostarsi da un paese a un altro, con gli aerei le distanze si sono ridotte a poche ore. La globalizzazione ha in effetti avvicinato i paesi tra loro, ne ha accorciato le distanze e ne ha condizionato gli scambi. Il mondo è oggi collegato via mare, via terra e via cielo.
Questa facilità di scambio ha quindi favorito anche la diffusione di un virus come il Covid-19.
Il Covid-19 infatti ha trovato terreno fertile per espandersi con estrema naturalezza in ogni parte del mondo, ovunque vi atterrasse un aereo.
Nel giro di poche settimane, con uno scarto minimo tra un paese e l’altro, l’intero mondo ha prima rallentato per poi chiudersi e fermarsi del tutto. Del resto, il fermarsi era l’unica possibilità, l’unica speranza, per bloccare il virus.
Tuttavia, nessun paese era preparato a un tale contraccolpo perché all’improvviso ci si è trovati a gestire problemi nuovi.
Solo quando ci si è trovati quindi isolati e chiusi nei propri confini è stato possibile constatare i limiti di un mondo globalizzato. Il sistema su cui il mondo ha posto le sue fondamenta si è rivelato fragile nel rapporto di interdipendenza reciproca e nel chiudersi al vicino ognuno si è trovato nella necessità di provvedere alle proprie esigenze. Il mondo intero si è trovato a combattere un nemico invisibile ma potente, fortemente adattabile e per questo difficile da sconfiggere. La pandemia è arrivata come qualcosa di mai visto prima.
Quando ad esempio, intorno al 1330, arrivò la peste bubbonica in Asia centrale, questa impiegò qualcosa come 10 anni per diffondersi in Europa. Lo stesso avveniva con i virus che viaggiavano da una parte all'altra del mondo con le navi che solcavano gli oceani. Quando l’esploratore spagnolo Cortez arrivò in Messico fece sbarcare, oltre ad armi e munizioni, anche il virus del vaiolo. Il sistema immunitario della popolazione locale però non era in grado di gestire quel nuovo tipo di virus che finì per sterminare gran parte della popolazione. Sembra che inizialmente i morti siano stati circa il 30% della popolazione indigena, ma nel corso del 16esimo secolo l’impatto fu tra il 60% e 90% sulla popolazione totale. Anche in Perù morirono circa 10 milioni di persone per dei virus sconosciuti per i quali i loro sistemi immunitari non erano in grado di reagire. In tutti i casi gli effetti del virus si vedevano a distanza di anni.
Un esempio di un’altra grande epidemia ci riporta alla Spagnola del 1928, dove morirono qualcosa come 50 milioni di persone, circa il doppio di quante morirono nel conflitto armato. La spagnola, così conosciuta perché la Spagna era al di fuori dal conflitto e quindi esente dalla censura, insegnò quelle linee guida di comportamento introdotte anche con il Covid-19 ovvero la necessità del distanziamento sociale, l’uso di mascherine e il frequente lavaggio mani.
L’impatto della Spagnola tuttavia, nonostante le evidenti conseguenze, è stato molto diverso dall’impatto del Covid sulla popolazione mondiale. Si potrebbe dire che nel caso della pandemia da Covid-19 il detto “il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo” trovi la sua perfetta applicazione. L’effetto farfalla portato dal Covid ha avuto un impatto enorme su tutto il mondo.