Capita spesso di dare per scontato il fatto che in tutto il mondo le cose funzionino esattamente come siamo abituati a farle noi. Non è un caso, infatti, rimanere straniti quando si sente o si assiste a qualcosa che esce dai nostri schemi culturali. Per esempio, in Danimarca è normale far fare ai neonati un sonnellino all’aperto nei rigidi pomeriggi invernali – ovviamente adeguatamente coperti – tranne quando la temperatura scende al di sotto dei 10 gradi. In altre culture questo sarebbe impensabile se non addirittura considerato folle. Nella nostra quotidianità è difficile rendersi conto di quanto siamo condizionati dalla società in cui siamo nati e cresciuti. Le abitudini che rendono la nostra cultura peculiare – e per questo diversa dalle altre – diventano evidenti solo quando entriamo in contatto con individui provenienti da paesi diversi dal nostro.
Il mondo del business non fa eccezione. Anche in quest’ambito, infatti, ci possono essere delle differenze culturali significative in grado di spaccare interi team e rendere vana ogni collaborazione. Non c’è nulla di nuovo in questo: un leader ha sempre avuto bisogno di capire la natura umana e le differenti personalità per creare un gruppo di successo. Quello che però rende oggi tutto più complicato è la globalizzazione dei mercati che ha imposto la necessità di imparare a conoscere e a dialogare anche con culture molto diverse tra loro e non sempre di facile comprensione. Il primo passo per abbattere queste barriere invisibili è renderle visibili a tutti, creando una mappa delle principali differenze culturali.
Prima di procedere è bene tener presente quali sono i vantaggi e gli svantaggi di gestire un team multiculturale. Se l’obiettivo è innovare o aumentare la creatività di un business, allora un gruppo multiculturale amministrato bene è la nostra migliore risorsa. Se il nostro obiettivo, invece, è aumentare la velocità e l’efficienza del suddetto business la scelta più performante ricade su un gruppo culturalmente omogeneo.