Questa è l’idea chiave del libro di Peter Wohlleben. Le foreste, infatti, sono organismi complessi in grado di reagire ai cambiamenti per sopravvivere. Non possono muoversi e migrare, è vero, ma hanno una grande capacità di adattamento. Due però sono le condizioni essenziali affinché questo adattamento possa verificarsi. La prima è il tempo. Quando si parla di alberi il tempo è una variabile fondamentale. Gli alberi infatti possono vivere centinaia di anni e ogni loro cambiamento avviene in tempi che noi esseri umani definiamo “lunghi". La seconda condizione è che non ci sia alcun intervento da parte nostra. Ogni volta che noi esseri umani, anche in buona fede, cerchiamo di fare qualcosa per le foreste, in realtà facciamo un danno. Le moderne pratiche di selvicoltura, per esempio, impediscono all’ecosistema forestale di ritrovare un equilibrio e ai singoli alberi di ricalibrarsi. Con il risultato che in poco tempo le condanniamo a morte.
Cosa possiamo fare allora? La risposta è semplice: niente. Non possiamo fare nulla per le foreste. Possiamo solamente lasciarle in pace. Questo implica anche ridurre drasticamente l'uso delle risorse, tra cui anche il legno che non è poi così ecofriendly come crediamo, e porre fine all'immissione di enormi quantità di gas serra nell’atmosfera. Ma non solo. Dobbiamo anche impegnarci per dare alla natura più spazio possibile. Solo così infatti le foreste potranno sopravvivere. E se sei tra gli scettici che mettono in dubbio la capacità della natura e delle foreste di riprendersi da sole, prova a guardare cosa succede nei nostri giardini se per qualche tempo ci dimentichiamo di curarli. Spuntano ovunque delle piantine, che spesso consideriamo erbacce. E se non venissero tolte, queste piantine nel giro di una decina di anni trasformerebbero il nostro giardino in un piccolo bosco.