Sebbene l’allenamento e il duro lavoro sono fondamentali in qualsiasi sport, quando si parla di atleti d’elité, ovvero atleti che militano nei massimi campionati mondiali di un certo sport, bisogna dire che le capacità atletiche sono influenzate in modo massiccio dal proprio patrimonio genetico. In altre parole, quando si parla dei migliori al mondo in una certa disciplina, molto dipende dai loro antenati e dai geni che hanno passato quando si sono riprodotti. Certo, geni buoni che conferiscono capacità innate non sono sufficienti, bisogna essere disciplinati su molti fronti e allenarsi con costanza fino all’estremo, ma come vedremo i geni possono addirittura determinare la propria voglia di allenarsi e la capacità di essere disciplinati.
Dallo scheletro ai muscoli, dalla motivazione all’altezza e a tanti altri fattori ancora, i geni svolgono un ruolo importante nel determinare il destino atletico e sportivo di un individuo. L’autore lungo il libro parla di caratteristiche genetiche generali, che possono magari essere comuni in tanti sport, ma si concentra anche moltissimo verso la descrizione dell’impatto genetico su specifici sport. Uno dei casi più lampanti è quello relativo alle capacità specifiche dei corridori di resistenza che hanno antenati dell’Africa orientale. Seguendo l’atletica leggera, ci si rende conto immediatamente che un numero sproporzionato dei corridori a lunga distanza più forti del mondo proviene dal Kenya o dall’Etiopia. Difficile che questo sia un caso, e infatti non lo è. Ma cosa spiega questo dominio?
In primo luogo, il Kenya e l’Etiopia si trovano nei pressi dell’equatore, dove il calore estremo ha portato la popolazione locale a sviluppare nel corso del tempo dei corpi piccoli che sono in grado di disperdere più efficacemente il calore corporeo. E questo tipo di corpo è ideale per la corsa a lunga distanza. In secondo luogo, le alte terre del Kenya e la catena montuosa dell’Acrocoro in Etiopia costituiscono le sezioni più elevate della cosiddetta “Africa Alta”. Si tratta di una sorta di Highlands africane dove l’altitudine media è superiore ai 2.000 m. Di conseguenza, gli abitanti della zona si sono evoluti con polmoni più grandi della media, emoglobina più elevata e un maggior numero di globuli rossi che è in grado di trasportare l’ossigeno nel corpo più rapidamente.
Inoltre, i migliori corridori a lunga distanza di Kenya ed Etiopia provengono da gruppi ancora più specifici all’interno di quei paesi: rispettivamente la tribù Kalenjin in Kenya e la tribù Oromo in Etiopia. Sono entrambi gruppi di minoranza, eppure le due tribù producono la maggioranza dei migliori corridori dei due Paesi. E ancora una volta, questo non è un caso. Uno dei motivi è che i membri di queste tribù hanno gambe più sottili che consumano meno energia e quindi forniscono ai corridori più resistenza sulla lunga distanza.
Quasi tutte le teorie riportate dall’autore sono supportate da dati e ricerche. In questo caso, ad esempio, i ricercatori hanno calcolato che un corridore della tribù Kalenjin risparmia l’otto per cento di energia al chilometro rispetto a un corridore danese. Queste differenze, in parte, derivano proprio dalla storia degli antenati e dall’evoluzione della specie. Entrambe le tribù sul loro sfondo storico hanno una forte tradizione pastorale che li portava a percorrere lunghe distanze. Spesso razziavano bestiame da altre tribù e dovevano poi correre per tantissimi chilometri per fuggire con successo. Con il passare del tempo, avendo più bestiame a disposizione, le tribù prosperavano e davano alla luce più figli a cui passavano i loro geni.
Tornando al giorno d’oggi, i giovani abitanti di questi Paesi corrono di più rispetto agli altri bambini, e quindi sviluppano una grande capacità aerobica fin dalla giovane età. Diventare un buon corridore, inoltre, può significare sfuggire a una vita di povertà, e questa è una forte motivazione per allenarsi duramente. Una volta sviluppata questa tradizione di corsa, sempre più persone sono ispirate a seguire le orme dei loro idoli connazionali. E più corridori e aspiranti corridori ci sono, più la tradizione si rafforza, e più vengono passati geni di un certo tipo alle generazioni future, ed ecco che quindi tutto prende sempre più forma.
I miglioramenti genetici in grado di produrre nel corso del tempo atleti d’elité, spesso sono anche dovuti alle condizioni di vita.Prendiamo il caso dei velocisti.Negli ultimi decenni, la stragrande maggioranza dei finalisti olimpici nei cento metri maschili aveva radici nell'Africa occidentale, inclusi gli atleti giamaicani. L'evoluzione nel corso dei secoli e dei millenni, infatti, ha donato a quelle persone dei corpi in grado di produrre raffiche di energia esplosive. Ebbene, le origini di questa skill, ad esempio, possono essere ricondotte in parte alla pervasività della malaria in quella zona geografica.
Per far fronte alla malaria, gli abitanti di quelle zone dell’Africa hanno attraversato processi evolutivi che hanno reso i loro globuli rossi più grossi e più resistenti alla malattia. Allo stesso tempo, però, questo tratto ha anche ridotto la velocità di movimento dei globuli rossi e quindi si è ridotta anche la velocità di circolazione dell’ossigeno nel sangue. Per compensare questo, però, gli africani occidentali si sono evoluti anche in modo da avere un rapporto più elevato tra fibre muscolari a contrazione rapida rispetto a quelle a contrazione più lenta. Da qui ci colleghiamo al discorso della struttura muscolare.