Nella baia di Sag Harbor, nello stato di New York, una lastra di pietra ricorda la fondazione del quartiere afroamericano in quella che era una esclusiva zona residenziale di lusso sulla spiaggia.
Su quella riva, gli indiani Shinnecock avevano resistito a freddi inverni e a battaglie sanguinose contro altre tribù, finché nel 1500 gli Europei raggiunsero il continente americano, portandosi dietro la Bibbia e il vaiolo. Due terzi della popolazione indigena furono spazzati via nel giro di pochi anni, mentre molti dei sopravvissuti furono impiegati sulle barche dei cacciatori di balene o di uomini, prelevati da isole lontane e regioni costiere per lavorare nelle piantagioni di cotone e di zucchero.
Nel luglio del 1619, i rappresentanti politici di undici grandi insediamenti del Nuovo Mondo si incontrarono a Jamestown, in Virginia, per mettersi d'accordo sulle basi della democrazia che aspiravano a costruire. Il sogno della democrazia e l'incubo della schiavitù nascevano nello stesso momento, dalle urgenze delle stesse persone. I pochi oppositori avevano poco successo contro i proprietari terrieri e contro i ricchi industriali che, per il loro profitto, dipendevano dal lavoro gratuito.
Cinquant'anni dopo, una prima bozza della Dichiarazione di Indipendenza condannava la schiavitù come una "guerra crudele contro la stessa natura umana", purtroppo senza un gran seguito, se si esclude l'affermazione di uguaglianza tra gli uomini. Ma il suo principale autore, il giovane Thomas Jefferson - futuro terzo presidente degli Stati Uniti d’America - non aveva finito. Nel Preambolo della Costituzione, lasciò una vera “bomba a orologeria”: i fondatori assegnarono, a sé stessi e ai posteri, il compito di formare "un'unione più perfetta". Non perfetta. Più perfetta. La ricerca della perfezione è un'impresa destinata a fallire, mentre l'invito a migliorarsi ogni giorno di più è una spinta all'azione, un mandato per il cambiamento.
Il messaggio di Jefferson venne raccolto, tra gli altri, da miss Maude Terry, un'insegnante di colore, nel 1947. Alle porte della pensione, cominciò a chiedersi come mai gli afroamericani non dovessero godersi il meritato riposo in spiaggia. Con questo obiettivo in mente trovò la terra e, visto che certe leggi finanziarie dell'epoca non permettevano ai cittadini di colore di ottenere mutui, fondò con sua sorella - Amaza Lee Meredith, una delle prime donne architetto afroamericane - l'Azurest Syndicate, una delle più antiche comunità estive nere della nazione.
Le due donne saltarono l'ostacolo della discriminazione creando il quartiere di Sag Harbour. E così, il lungo cammino sulla strada del miglioramento segnò un’altra tappa.