Le elezioni statunitensi del 2016 con l’inattesa vittoria di Trump hanno spiazzato gran parte dell’opinione pubblica internazionale. Hanno mostrato al mondo un nuovo capitolo nella storia delle democrazie contemporanee, per il tono dei dibattiti, l’inconciliabilità delle divisioni ideologiche e il tipo di narrazione mediatica. Queste elezioni non sono state bizzarre, o imprevedibili, sostiene Ezra Klein. Hanno evidenziato al meglio una crisi profonda del sistema politico statunitense. Sono state caratterizzate da una polarizzazione che si è creata all’interno di tutto il tessuto sociale. Questa polarizzazione politica, inoltre, non è una questione puramente americana. Rappresenta uno dei temi caldi di attualità anche in territorio europeo. Analizzare il processo con cui si è creata ci può aiutare a capire meglio tantissime dinamiche del presente.
La sfiducia nella politica è una di queste sensazioni condivise da gran parte del nostro elettorato e di quello oltreoceano. Ogni tanto arriva qualche nuovo volto che sembra voler cambiare tutto e fare le cose a modo suo per risolvere i problemi sociali. Tempo dopo, anch’esso diventa l’ennesima delusione. Questa dinamica rivela un aspetto cardine delle nostre democrazie. Pensiamo che il sistema politico sia da cambiare, che abbia problemi, e che con le giuste persone questo cambiamento possa avvenire. Additiamo il politically correct, i compensi troppo alti o il partito di turno. La realtà è che ogni sistema si sviluppa in base a come viene progettato, e per far sì che sopraggiungano dei cambiamenti un politico non basta. Vengono sottovalutate le spinte che direzionano l’elettorato verso una scelta.
Secondo l’autore, dunque, la polarizzazione è il risultato di un processo che coinvolge diversi aspetti identitari, la struttura stessa del sistema bipartitico statunitense e l’impatto dei nuovi media sulla scena politica.