Viviamo nell'epoca dell'ingombro e della confusione: ogni giorno siamo letteralmente assaltati da nuovi prodotti, pubblicità, sconti, in un flusso costante di informazioni e notizie. È l'era della sovrabbondanza, e l'unica speranza che abbiamo per uscire dalla confusione è quella di separare ciò che ha valore dal resto dei prodotti copia che ci vengono proposti. Ecco perché oggi sono le compagnie davvero innovative che fanno colpo sul pubblico e che alla fine sopravvivono e hanno successo: per prosperare è necessario trovare una direzione originale, e quando tutti fanno zig, avere il coraggio di fare zag.
Se ci pensiamo bene, sia i consumatori, sia le aziende sono vittime dell'ingombro. Anche solo pensando al quotidiano non sarà difficile trovare disordine e confusione dovuti alla troppa scelta e all'abbondanza di prodotti: un buon esempio è il confronto tra la merce presente nei supermercati nel 1965, dove in media si potevano contare circa 20.000 prodotti, e i numeri di oggi, più che raddoppiati. In particolare, quando pensiamo al mercato possiamo facilmente individuare 5 tipologie di ingombro o clutter:
- ingombro di prodotti, come dimostra l'esempio appena fatto;
- ingombro di funzionalità, per esempio quelle racchiuse in un telefono odierno;
- ingombro di pubblicità: si stima che ogni americano riceva circa 3000 messaggi promozionali al giorno, nonostante possa elaborarne meno di 100;
- ingombro di messaggi, ovvero il fatto che al loro interno i messaggi che riceviamo, quelli promozionali in particolare, presentano troppi elementi che finiscono per confonderci;
- ingombro di mezzi di comunicazione, ossia il fatto che tutti questi messaggi ci arrivano da un numero costantemente in crescita di media: per renderci conto delle differenze, basta pensare che nel 1960 in America c'erano 6 canali tv, 440 stazioni radio e 8.400 riviste, mentre oggi si contano oltre 85 canali tv, 13.500 stazioni radio e 12.000 riviste, senza considerare i numeri relativi alle relative offerte digitali.
Questa confusione costante, invece di spingerci a fruire di più finisce per esasperarci. Infatti, nonostante un incremento di oltre il 75% nei messaggi promozionali, oggi il pubblico presta sempre meno attenzione a quel che le aziende hanno da offrire: l’unico modo che il cervello umano ha per provare a gestire il disordine è bloccare il più possibile il flusso di stimoli. Invece di fare i conti con questo, aziende e brand per reazione aumentano ulteriormente l'ingombro con sempre più messaggi, funzionalità, prodotti e altra confusione. Tuttavia, in un mondo che cambia, e lo fa così velocemente, questa non è la soluzione giusta. Tanto più che per la prima volta nella storia del mercato, e anche proprio a causa della sovrabbondanza alla quale assistiamo, il controllo di chi sopravvive e chi invece finisce nel dimenticatoio è in mano ai consumatori e non alle aziende.
Per questo c'è bisogno di una nuova definizione di brand che comprenda una buona reputazione, piaccia sul serio ai consumatori, ma soprattutto che si distingua sul mercato, così da spiccare nella confusione e nell'ingombro creato dalle altre aziende catturando l'attenzione e il favore dei clienti.
C'è bisogno non solo di diversità, ma di diversità radicale. Solo le compagnie che riescono a differenziarsi davvero trovando il proprio spazio libero nel mercato hanno possibilità di sopravvivere oggi, e possono farlo trovando il proprio zag, ossia il fattore di differenziazione, e portandolo avanti.