01. È l’era della voce e del podcasting
C’è sempre più gente che ascolta i podcast. Sarà perché con la pandemia siamo rimasti più in casa rispetto al passato, sarà che permettono una grande libertà a chi ne fruisce, a ogni modo i podcast in questi ultimi anni sono cresciuti.
A dirlo sono i numeri: secondo l’ultima indagine Nielsen, condotta nel novembre 2020, nello scorso anno gli Italiani che hanno ascoltato almeno un podcast sono stati 13,9 milioni. Ben 1,8 milioni in più rispetto all’anno prima: una crescita impressionante che dimostra un forte interesse verso lo strumento che ha portato sempre più persone non solo ad ascoltarli, ma anche a provare a crearne uno. C’è chi è diventato un vero e proprio podcaster, una persona che crea in modo professionale un podcast dalla A alla Z, riuscendo ad avere un suo pubblico e anche un suo ritorno economico.
Il podcast può essere infatti un ottimo strumento di promozione personale per la propria attività da libero professionista così come per le aziende può essere un modo efficace per far conoscere i propri servizi o prodotti ma anche i propri valori.
Il podcast, poi, sta conquistando anche i giornali: non sono pochi quelli che affiancano a un magazine cartaceo o digitale interviste audio, episodi creati ad hoc, rubriche e così via. Come per esempio fa Il Post che di recente ha avviato il podcast Morning con il suo vice direttore Francesco Costa: una sorta di rassegna stampa mattutina sugli argomenti di stretta attualità. Ma prima di vedere cosa si può fare con un podcast, cerchiamo di capire cosa si intende con questa parola e come il podcast ha preso piede.
02. Frutto della crasi tra pod e cast, il podcasting è possibile grazie a software facili da usare che permettono a chiunque di essere un’emittente radio
La parola podcast è in realtà la crasi, ossia l’unione, tra due parole di matrice anglosassone: pod e cast. La prima, che possiamo tradurre con baccello, fa riferimento all’iPod, il supporto fisico creato da Apple che per 10 anni ha permesso di ascoltare musica in mobilità e in formato digitale, sotto forma di mp3. L’altra parola, cast, ha a che fare con broadcast, ossia la trasmissione radiofonica di massa via etere.
In realtà a utilizzare questo termine è stato per la prima volta Ben Hammersley, giornalista de Il Guardian, che nel 2004 in un suo articolo aveva parlato dell’evoluzione, anzi di una rivoluzione, chiamata proprio Audible Revolution che prevedeva una nuova modalità di distribuzione dei contenuti audio. E questo per mezzo di nuovi software. L’autore dell’articolo si chiedeva come chiamarla: audioblog, podcasting, guerrilla media?
E Cristopher Lydon, giornalista del New York Times e della National Public Radio, ne tratteggiava le caratteristiche essenziali. Fare podcasting è poco costoso, è possibile grazie a diversi strumenti facili da usare e dà la possibilità a chiunque di essere un editore, un’emittente.
03. Le parole chiave del podcast sono: on demand, Internet e serialità. Ogni podcast infatti è un appuntamento a puntate
Da quel momento in poi il termine podcasting è entrato nella nostra vita per individuare quei contenuti audio che non vengono trasmessi da una radio ma sono fruibili on demand su Internet. Ecco, queste sono già due parole chiave del podcast. On demand, lo sappiamo benissimo, è tutto quello che può essere guardato, e nel nostro caso ascoltato, su richiesta, ossia nel momento in cui vogliamo e in qualsiasi luogo ci troviamo. Tutto quello che serve, almeno inizialmente, è un dispositivo, che può essere il computer o il tablet, ma il più delle volte è lo smartphone con una connessione a Internet. Il podcast poi può essere scaricato e ascoltato anche mentre non si è online, ma il punto di partenza è avere una connessione dati.
Altra parola chiave del podcast è serialità. Cosa significa? Significa che un podcast non è una trasmissione una tantum, ma prevede una certa frequenza e ricorrenza. A differenza della radio, poi è fondamentale il concetto di puntata perché quando gli ascoltatori sono interessati, di norma si iscrivono al podcast in modo da poter essere sempre aggiornati quando viene pubblicato un nuovo episodio.
Il concetto di serialità è molto legato a quello di abitudine che vale per qualsiasi prodotto digitale e in particolar modo per il podcast. Anche perché, come abbiamo detto, diventa uno strumento di personal branding molto importante.
Come dice Nir Eyal nel libro Hooked, chiunque oggi deve creare un prodotto che formi un'abitudine e per farlo bisogna avere chiaro in mente qual è il meccanismo che porta una persona a utilizzarlo. O, nel caso del podcast, a “ricordarsi” di ascoltarlo o ascoltare tutte le puntate in sequenza.
Tra i passi da compiere, il primo è sicuramente l’innesco, quel qualcosa, cioè, che crea la scintilla, il primo incontro, che può essere interno al podcast stesso o esterno. Conta poi quello che si riesce a realizzare con quel prodotto e l’eventuale ricompensa che viene riconosciuta a chi ne fruisce. Una ricompensa che non deve essere per forza fisica, ma che consiste soprattutto dall'apporto o meglio nel valore che la persona trae dall’ascolto.
E infine l’investimento, di tempo, a meno che il podcast non sia a pagamento, che l’utente fa per assicurarsi che quel ciclo si ripeta anche in futuro. Alla luce di tutto questo, prima di creare materialmente un podcast, bisogna tenere ancora altri aspetti in considerazione.
Hooked Come costruire un prodotto che diventa un'abitudine 13 minHooked
04. Prima di creare un podcast è necessario ragionare su chi si è, su come si viene percepiti nonché sui propri punti di forza e debolezza
Chi lavora per un blog online, per un magazine, ma in generale per qualsiasi prodotto digitale che punti sul contenuto, sa quanto sia importante la parte strategica, tutto quello, cioè, che bisogna pensare e progettare prima di premere il tasto “rec” o “invia”. E questo vale ancora di più quando si vuole creare un podcast. Prima di ragionare sulla strumentazione o la piattaforma su cui distribuirlo, è bene capire cosa si vuol dire in questo podcast.
Capita infatti a molte persone di avere l’argomento per una prima puntata, che magari va pure bene, ma di non sapere come proseguire. Ecco perché bisogna fare delle profonde riflessioni e, ancor prima di pensare all’argomento, bisogna ragionare su se stessi e chi si è. Pensare dunque a qual è la propria identità professionale, a come si viene riconosciuti e quali sono gli argomenti che di solito vengono associati alla propria professionalità o alla propria azienda. Bisogna poi capire qual è il divario, se c’è, tra come le persone ci percepiscono e cosa facciamo in realtà.
In tutto questo può essere d’aiuto un’analisi SWOT che, come suggerisce la parola stessa, permette di individuare i propri punti di forza (Strengths), di debolezza (Weakness). Inoltre permette di capire quali sono le opportunità (Opportunities) del mercato, dello strumento, del contesto e le relative minacce (Threats) che possono ostacolare la realizzazione del proprio podcast.
Per fare un esempio: tra i punti di forza ci può essere il fatto di avere una bella voce o l’avere già fatto radio così come l’essere riconoscibile per determinati argomenti quindi avere già un proprio pubblico. Per un’azienda potrebbe valere quest’ultimo punto così come l’avere del budget a disposizione per affidarsi a un’agenzia o reclutare dei podcaster.
I punti di debolezza potrebbero essere per un aspirante podcaster non avere il tempo per dedicarsi al progetto o la mancanza di costanza. Mentre per un’azienda può esserlo non avere delle persone da dedicare al progetto o, ancora, essere interessata a un’operazione di rebranding. In quel caso il podcast dovrebbe venire dopo.
Un’opportunità, sia per un professionista che per un’azienda, è sicuramente la grande diffusione per il podcast così come la crescita dell’interesse verso lo strumento. Minacce, di contro, potrebbero essere la troppa concorrenza, il fatto che ci siano troppi podcast e così via.
05. È fondamentale individuare una propria netiquette e porsi degli obiettivi a lungo termine e a breve termine
Bisogna poi individuare la propria netiquette, ossia le proprie regole di comportamento rispetto al proprio pubblico. Creare una serie di podcast non vuol dire non essere esposti a critiche o non prestare il fianco a delle lamentele. Esporsi con la propria voce può dare adito a situazioni spiacevoli di chi per esempio non è d’accordo con quanto viene detto o con la modalità con cui si esprimono i contenuti. Bisogna dunque decidere il proprio “codice” di comportamento e come interagire con le persone. Capire come si reagisce di fronte alle critiche e dove si vuole arrivare.
Porsi degli obiettivi a lungo termine è importante e nel frattempo definire anche quegli obiettivi intermedi, i cosiddetti milestone, che fanno capire che si è sulla strada giusta. Questi possono essere l’avere un certo stile, trattare gli argomenti in un certo modo, portare nel proprio podcast determinati ospiti e così via. Fatto questo è arrivato il momento di pensare ai contenuti.
06. Per creare un podcast di successo è importante individuare l’argomento di cui parlare che deve essere legato al proprio personal branding o al branding dell’azienda
La parte di pianificazione, come dicevamo, è la più importante: è infatti il momento in cui si decidono gli argomenti. Si può iniziare con uno solo e poi decidere di trattare argomenti collaterali, quel che conta è avere le idee chiare sulla specificità della propria trasmissione audio e il collegamento che si ha con il proprio personal o corporate branding.
Nel caso di un’azienda, va da sé che un podcast deve essere collegato direttamente ai valori del marchio o ai servizi e prodotti che offre. Se l’azienda si occupa di energia, non deve per forza parlare di bollette, ma può affrontare il tema da un punto di vista più “alto” che può essere l’energia vista come forza interiore ospitando persone che grazie alle loro capacità sono riuscite nella vita.
Se invece come lavoro si fa la guida ambientale, un podcast sull’escursionismo in determinate zone potrebbe essere una buona idea. Certo è che, in questo caso, non essendoci le immagini a supporto, bisogna ragionare su come ingaggiare le persone con il solo strumento della voce.
Una volta scelto l’argomento è basilare il nome del podcast perché su di esso si costruirà tutta la comunicazione e si faranno determinate attività di branding. Si può pensare a un titolo che sia il frutto di un gioco di parole, certo, ma quel che conta è che sia immediatamente comprensibile. O, se non lo è, bisogna puntare su un payoff, vale a dire uno slogan, che faccia capire l’argomento di cui si parla.
Per tornare al già citato esempio de Il post, chiamare Morning un podcast che al mattino racconta i fatti giornalistici di maggiore rilevanza è sicuramente una scelta azzeccata così come lo è Scientificast che è un podcast che si occupa di fare divulgazione scientifica. Il nome è importante, anzi come dicevano i Latini: nomen omen.
Fatto questo, bisogna controllare che quel nome non sia stato già scelto da qualcun altro e verificare, se si vuole creare un sito internet del podcast, che il dominio non sia già stato preso.
07. Lo script serve a creare omogeneità nelle diverse puntate e a renderle immediatamente riconoscibili
Una volta scelto il nome, bisogna pensare a progettare una puntata tipo per capire quale lunghezza si vuole dare e man mano aggiustare il tiro. Le puntate, tra di loro, devono avere una certa omogeneità e seguire uno schema prefissato. Che potrebbe per esempio essere questo: intro, tema, sviluppo, call to action (invito all’azione) e chiusura. Ogni momento di questo scherma ha infatti un obiettivo.
L’intro serve per informare sul podcast e sull’argomento che verrà trattato pertanto in questo breve lasso di tempo si deve dare il benvenuto, prevedere una sigla che crei la riconoscibilità del podcast e dare un’anticipazione/teasing del tema della puntata. Questa anticipazione può essere un’affermazione o può essere una domanda alla quale si risponderà nel podcast.
Successivamente si inizia con il tema del podcast con racconti, esperienze o aneddoti correlati. In questo modo si cerca di fare immedesimare l’utente e farlo proseguire nell’ascolto. Dopodiché per coinvolgerlo si entra nel cuore dell’argomento della puntata. Qui si possono riportare dei casi studio, avere degli ospiti e altro ancora. Sostanzialmente questo è il clou della puntata cui deve seguire una call to action che varia a seconda del proprio obiettivo. Se si crea un podcast legato al brand ci sarà un invito a iscriversi alla newsletter, andare sul sito per una promozione e così via, se il podcast è legato a un corso si ricorderà di cosa si tratta, come iscriversi e così via.
La chiusura è un momento altrettanto importante che ha come obiettivo quello di fare una sorta di recap della puntata - e se si vuole dare qualche anticipazione della successiva - così come si possono chiedere feedback ed è, ovviamente, il momento dei saluti. L’obiettivo è di consolidare il rapporto che si è creato con l’utente.
Uno script del genere aiuterà a non trascurare un aspetto importante nella costruzione del podcast, anzi due che, tra l’altro, fanno parte dei segreti che Russel Brunson condivide nel suo libro “Expert Secret” per creare una storia accattivante. Per farlo, consiglia l’autore, bisogna semplificare usando termini, frasi e concetti condivisi da tutti e aggiungere le emozioni in modo che le persone si identifichino.
Tutto questo è possibile se si progettano non solo più puntate contemporaneamente ma si presta attenzione al tono di voce. Questo consiste nella scelta delle parole e dei termini da utilizzare, nel modo di rivolgersi all’ascoltatore così come di parlare di se stessi. Scegliere, poi, che tipo di voce utilizzare è un aspetto altrettanto importante.
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08. Gli ingredienti della voce: i quattro colori che ci rendono simpatici, affidabili, autorevoli ed entusiasmanti
09. Come realizzare il podcast: dal microfono USB alle piattaforme all in one come Spreaker e Anchor FM
Detto questo, è arrivato il momento di parlare della strumentazione e delle piattaforme dove distribuire il podcast.
Iniziamo con gli strumenti. Fermo restando che si può avere una buona qualità audio anche registrando tramite lo smartphone, l’ideale è avere un microfono USB. Si collega al computer e regala una qualità superiore nonché una maggiore stabilità. Tra i più consigliati dai podcaster ci sono quelli della famiglia Blue Yeti così come i Samson e il modello Rode.
Per quel che riguarda le piattaforme all in one, nelle quali non solo registrare il podcast ma anche distribuirlo, consigliamo tra tutte Spreaker e Anchor FM. Nel caso di Anchor FM si fa tutto dal proprio smartphone e questo consente non solo di montare degli spezzoni di trasmissione ma anche di registrare delle chiamate VOIP con persone intervistate per esempio.
10. I vantaggi di un podcast come strumento di marketing: la facilità di fruizione, il rapporto più stretto e i tempi ridotti di realizzazione
E quali sono i vantaggi di puntare su un podcast rispetto a un altro strumento? In linee generali possiamo dire che la fruizione di un podcast è molto più agevole rispetto a un video o un articolo di un blog. Questo perché l’utente può ascoltarlo ovunque si trovi e mentre si dedica ad altre attività. Il video, se lo si vuole fruire come tale, presuppone che ci si fermi e ci si dedichi con maggiore attenzione, a meno che non si scelga di ascoltarlo.
Inoltre un podcast permette una forte fidelizzazione: come dicevamo, l’utente ricerca in autonomia il podcast e si abbona per non perdersi gli ultimi aggiornamenti. Spesso il podcast è più “facile” da trovare: ci sono diverse piattaforme, come la già citata Spreaker, Storytel, Deezer, Spotify e così via che li suddividono per categoria, hanno un motore di ricerca interno e spesso a chi ne ha ascoltato uno ne propongono un altro simile.
Da considerare anche che la voce permette di creare un rapporto più stretto e di rafforzarlo. Inoltre, per quanto abbiamo detto prima, creare un podcast è molto più semplice rispetto a un video, richiede meno risorse e ha tempi di realizzazione più brevi.
Tra gli svantaggi il fatto che, mancando il supporto video, ci possono essere alcune limitazioni. Con i video si riesce a mostrare, con la voce bisogna essere così bravi a spiegare le cose da farle “visualizzare” con la mente.
11. Prima di creare il proprio podcast bisogna ascoltarne tanti: tra i nostri consigli Scientificast, Le parole per farlo e Morgana
Prima di crearne qualcuno, pertanto, il consiglio è di ascoltare quelli fatti da altri per capire su quali aspetti si vuole puntare e per cercare di trovare la propria voce. Tra i podcast che ci sentiamo di consigliare c’è il già citato Scientificast, per vedere come temi difficili come quelli scientifici possono essere raccontati alla maniera del free talk. Consigliamo poi su Storytel i podcast di Annamaria Anelli che puntano su come raccontarsi al lavoro ma anche nella vita. Si intitolano “Le parole per farlo” e “Parole per conoscerci”.
Vi consigliamo ancora Morgana: storie di ragazze che tua madre non avrebbe approvato delle due scrittrici Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, autrici anche dell’omonimo libro in cui si raccontano storie di donne “strane” ma che hanno lasciato il segno, sebbene a volte poco conosciute. Lo trovate su Spreaker, Spotify, Apple Podcast, Google Podcast ed è una produzione di storielibere.fm. Ovviamente, sono solo alcuni consigli rispetto ai tanti podcast presenti in Italia, ma permettono di farsi un’idea di questo mondo così variegato.
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