Prima di spiegare bene cos’è la self-compassion, è bene chiarire cos’è la compassione. Quando vediamo qualcuno che soffre e, invece che ignorarlo, indugiamo con lo sguardo su di lui e, magari, pensiamo di aiutarlo, proviamo compassione. Si tratta di un sentimento che implica la visione e il riconoscimento della sofferenza altrui. Si prova gentilezza, comprensione, e in noi sorge la volontà di dare una mano. Nel dolore di un’altra persona percepiamo il dolore che, prima o poi, in forme diverse, proviamo tutti. Questa è la compassione. Ebbene la self-compassion è fatta dello stesso tipo di sentimenti, però rivolti verso noi stessi.
Quando soffriamo riconosciamo in noi le difficoltà e sviluppiamo un senso di vicinanza verso il nostro stesso dolore. Ma non è così facile purtroppo. Viviamo in una società che non ci dà la possibilità di fermarci e di osservare, neanche per un attimo, la nostra sofferenza. Domina la filosofia del tener duro, dell’andare avanti nonostante tutto. Ci hanno insegnato che darci un attimo di tregua per viverci i nostri momenti no è solo una perdita di tempo. Questo modo di pensare fa sì che molti di noi facciano persino fatica a capire quando stanno soffrendo. Vanno avanti come dei treni senza curarsi delle loro emozioni e, soprattutto, delle loro ferite. E quando il dolore deriva dall’autogiudizio è ancora più complicato intercettare la sofferenza che proviamo. Facciamo degli esempi pratici: se facciamo una gaffe o un commento imbarazzante durante una festa ci sentiamo davvero male con noi stessi, diventiamo rossi e ci colpevolizziamo. Ecco questi sono momenti di sofferenza che attraversiamo e che meritano compassione. Dopo tutto abbiamo sbagliato, ma capita a tutti, siamo esseri umani e commettiamo errori. Ci sta. Eppure ci sentiamo davvero degli stupidi e ci addossiamo colpe esagerate.
In un sistema che esalta la realizzazione personale e il successo, fare un errore diventa una macchia indelebile. E così puntiamo il dito verso noi stessi e ci lanciamo in rimproveri e recriminazioni. Ma non riserveremmo gli stessi rimproveri a un amico o un’amica, giusto? Se una persona a noi cara sbaglia la spingeremmo a perdonarsi e ad accettare quell’errore come parte della vita. Ecco grazie alla self-compassion impareremo a parlare a noi stessi con la stessa comprensione con cui parliamo a chi ci sta vicino.