Mindful of Race

La premessa è semplice: nel mondo occidentale, in qualunque società, ad ogni livello sociale, esiste un contesto razzista. Spesso, in realtà, ne esistono molteplici, che si sovrappongono e si intersecano. Siamo razzisti nei confronti della razza diversa, di un orientamento sociale, dell’appartenenza a una religione, della nascita o del luogo in cui una persona ha deciso di vivere. Che sia sottile o dichiarato, che sia innocente o dettato dall’ignoranza, che sia generazionale o individuale, che si esprima completamente o che sia latente e inconscio, il razzismo c’è. E il razzismo, con l’insieme di credenze, pratiche e regole che implica, ha plasmato e plasma tuttora il sistema di norme della società.

Razzismo non è una parola sola e chiara. Prendiamo come punto di partenza la dottrina buddista, e il concetto delle due realtà. La prima, la realtà relativa, è quella in cui viviamo: siamo un corpo, una mente, dei pensieri e delle emozioni. C’è poi la realtà finale, quella in cui non siamo più degli esseri fragili mossi da paura, rabbia, ingordigia, ma siamo parte di un tutto… che non prevede razze né distinzioni.

Nella realtà relativa, usiamo il linguaggio per esprimerci, ed è proprio il linguaggio a mostrare i bias che ci colpiscono, le reazioni inconsulte che abbiamo quando siamo spaventati, le idiosincrasie che abbiamo. Siamo feriti, zittiti, oppure viviamo sentimenti contrastanti. Tra noi e le relazioni splendide che potremmo stringere con gli altri esseri umani ci sono le abitudini di pensiero, che si frappongono per danneggiarci. E, in definitiva, per danneggiare l’intera specie umana.