Quando ci irritiamo o, peggio ancora, ci arrabbiamo perché i nostri figli non si comportano come vorremmo, non stiamo facendo altro che creare insicurezza in loro.
Tutti noi vorremmo essere a bordo di una nave guidata da un comandante calmo e sicuro di sé. Chi di noi vorrebbe trovarsi davanti una persona nervosa, che urla "Sono io il comandante!”. Il comandante che sa bene qual è il suo ruolo non ha bisogno di ripeterlo ai passeggeri per far riconoscere la sua autorità.
La stessa cosa accade ai genitori. Non hanno bisogno di intraprendere lotte di potere con i figli per stabilire chi comanda. Come è normale che succeda, ci saranno momenti in cui questi tenteranno di prendere il comando della nave. È semplicemente impensabile che un comandante ceda il timone a un passeggero. Perché dovrebbe essere diverso per noi genitori?
Quando discutiamo della nostra autorità con nostro figlio, ci stiamo comportando come se fossimo entrambi due avvocati che lanciano l’arringa per vincere la causa.
Otteniamo lo stesso risultato, cioè nulla, quando pensiamo che ci disobbedisca con l’intento di farci un torto personale. Non c’è nulla di personale verso un genitore, nei capricci di un figlio.
Quando sono le circostanze a comandare le reazioni di un genitore, questi sta cedendo il timone al proprio figlio. Ancora una volta.
Ci sono due cose che possono fare di un genitore un buon comandante: la calma e la sicurezza. Sapere che ciò che si fa è per far crescere bene un figlio, lo rende capace di navigare tra le acque calme e quelle in tempesta.
Ovviamente è più facile a dirsi che a farsi. Le lotte di potere possono scatenare frustrazione nei figli e un senso di colpa e di inadeguatezza al ruolo nei genitori.