Storicamente la ricerca scientifica si è concentrata solo su uomini giovani, bianchi e sportivi. Tutto il resto è stato trattato come una deviazione dalla norma. Ed è per questo che finora abbiamo considerato forza solo quella esplosiva. Ma cosa succede se allarghiamo la definizione? Se iniziamo a considerare forza anche la resistenza, la durata, la capacità di recupero, l’adattamento allo stress? Perché è proprio qui che il corpo femminile passa in testa.
Facciamo un esempio semplice. In caso di carestia, incidenti estremi o condizioni limite, le donne sopravvivono più degli uomini. Lo confermano i dati su guerre, disastri naturali, naufragi. È una questione di biologia, certo, ma anche di adattabilità. Il corpo femminile è programmato per resistere, per mantenersi in vita, per limitare le energie quando serve. Non è spettacolare da vedere in azione, come invece è quello maschile, ma è estremamente efficiente.
Ripensare la definizione di forza è importante perché cambia il nostro modo di vivere. Se la associamo alla capacità di adattarsi, rigenerarsi e rialzarsi, allora si trasformano anche le nostre scelte quotidiane, e si aprono nuove possibilità, soprattutto per le ragazze, che imparano a riconoscere nel loro corpo una risorsa.