La handbike è un mezzo di locomozione che possono usare tutti, ma che è nato per chi ha una mobilità ridotta. È stata infatti pensata per le persone che non possono muovere gli arti inferiori perché hanno una paraplegia, una tetraplegia non grave o un’amputazione. Come suggerisce il nome inglese la handbike richiede l’utilizzo delle mani. Si afferrano due manovelle e di fatto si pedala con le braccia. Le due manovelle trasmettono energia alla catena, che a sua volta fa girare la ruota che sta davanti. In pratica questo mezzo funziona come una bicicletta classica, solo che è a trazione anteriore. A seconda della propria condizione la handbike si può condurre in posizione semisdraiata oppure con il busto alto.
Zanardi scopre l’handbike un pomeriggio in un luogo un po’ strano: un autogrill. È il 2007 e siamo dalle parti di Savona, sulla Genova-Ventimiglia. Zanardi sta cercando un parcheggio per disabili e scopre che un’altra persona sta facendo lo stesso. Si tratta di Vittorio Podestà, un ingegnere appassionato di ciclismo che nel 2002, a causa di un incidente stradale, rimane paralizzato. Una lesione del midollo spinale gli impedisce di muovere le gambe. Ma lui non si è dato mai per vinto e, anche dopo l’incidente, non ha mai smesso di fare sport: prima basket in carrozzina e poi, appunto, l’handbike. Zanardi nota la strana bicicletta agganciata sul tetto della sua auto. Chiede quindi spiegazioni e i due iniziano a parlare. Podestà descrive per filo e per segno la sua esperienza in handbike ed esprime tutto il suo entusiasmo; in effetti è da anni che pratica questo sport ed è arrivato a essere uno dei più forti handbiker italiani. Lui e Zanardi entrano subito in confidenza, si trovano bene insieme, e così si scambiano i numeri di telefono. Zanardi è molto incuriosito da questo nuovo mezzo e infatti qualche mese prende la sua decisione: vuole diventare anche lui un handbiker e si mette subito al lavoro per affrontare al meglio questa nuova avventura.