Timothy Snyder è professore di storia a Yale ed è specializzato sulla storia recente dell’Europa centrale e orientale, oltre che su quel fenomeno storico di tragiche dimensioni che è stato l’Olocausto. Grazie alle sue profonde competenze, ci aiuta a capire come sia essenziale guardarsi indietro per andare avanti.
Insistendo sui concetti di resistenza, informazione, verità e patriottismo, infatti, On tyranny ci invita a osservare la storia recente per non commettere più gli stessi errori. Trovi la rielaborazione di questo libro sull’app di 4books, insieme ad altre centinaia di libri di saggistica appartenenti ai più vari ambiti della conoscenza.
Osservare la storia per cogliere i segnali della tirannia 23 min
On Tyranny
On tyranny: recensione e concetti chiave
On tyranny di Timothy Snyder è un libro di poche pagine, ma dense di significati e spunti di riflessione importanti. I regimi totalitari del secolo scorso sono passati, ma non da moltissimo tempo: Snyder ci invita a osservare i loro metodi e i meccanismi con cui si sono imposti, aiutandoci così a non perdere il senso di libertà in un’epoca in cui il concetto di democrazia viene spesso messo alla prova. Leggendo le 20 lezioni di On tyranny, l’obiettivo è quello di diventare cittadini più consapevoli, partecipi e in grado di ragionare in modo critico.
In questa recensione di On tyranny di Timothy Snyder, vediamo alcuni concetti chiave del libro.
Obbedienza ragionata e ribellione per combattere i regimi imposti
Quando la libertà garantita dalla democrazia viene minacciata, è fondamentale non obbedire alle nuove autorità in modo preventivo e inerte, bensì in modo critico e ragionato. Altrettanto fondamentale, se serve, è avere il coraggio di opporsi: se nella storia non fossero esistite figure che hanno fatto il primo passo verso la rottura di uno status quo, come Rosa Parks, molte delle conquiste democratiche di oggi non esisterebbero.
L’importanza di simboli e parole usati con cognizione di causa
La democrazia è anche una questione di responsabilità personale, ed essa passa anche dal modo in cui usiamo certi simboli. I simboli hanno una carica evocativa e ideologica enorme, per cui dobbiamo utilizzarli con cautela perché sono in grado di influenzare l’andamento del nostro futuro. Quando li usiamo per supportare una causa, quindi, assicuriamoci che essi siano inclusivi e portatori di valori positivi; allo stesso modo, dobbiamo opporci con forza all’uso di simboli estremisti e negativi. Anche il linguaggio può avere valore simbolico: pensiamo con la nostra testa, non limitiamoci a ripetere frasi che sentiamo ogni giorno in televisione.
La vera arma contro la tirannia è la verità
Una delle più importanti caratteristiche che ci rende umani è la nostra capacità di riconoscere i fatti reali da quelli inventati. Dobbiamo affinare questa abilità, smettere di fidarci dei media a prescindere, e approfondire le nostre conoscenze sulle diverse questioni. È fondamentale accettare che esista una differenza tra ciò che è reale e ciò che vorremmo sentirci dire: non possiamo fermarci a questo, dobbiamo sempre cercare la verità, perché solo sulla base della verità possiamo contestare un regime tirannico. Ugualmente importante è assicurarsi sempre di fornire informazioni reali, verificate, per non dare adito a fake news che, anche se non ci sembra, possono davvero danneggiare le altre persone.
La distinzione tra vita pubblica e vita privata
I regimi tirannici hanno il controllo su di noi quando hanno accesso alla nostra vita privata; per evitarlo, quindi, è bene assicurarsi di mantenere alcuni aspetti della nostra vita del tutto inattaccabili. Allo stesso tempo, però, è fondamentale uscire di casa: non appiattirsi davanti alla TV, ma incontrarsi con le persone, condividere idee e valori, dare forma alla resistenza nel mondo tridimensionale oltre che in quello virtuale. Infine, essere gentili e dare supporto ai propri vicini non è solo una questione di cortesia, ma anche un modo per rompere le barriere sociali ed essere un membro responsabile della società.
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On Tyranny
“La vita è politica, non perché il mondo si interessa di ciò che sentiamo, bensì perché il mondo reagisce a ciò che facciamo.”
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