01. Chi era Robyn Davidson
Robyn Davidson nasce a Stanley Park, una stazione di allevamento di bestiame di Miles, nel Queensland, nel 1950. Ha un’infanzia molto complessa, che segnerà la sua vita futura, perché ad 11 anni perde la madre che si suicida e viene mandata dal padre a vivere da una zia.
Frequenta un liceo femminile a Brisbane, si diploma con il massimo dei voti, ma rifiuta una borsa di studio per andare a studiare zoologia all’università. Tuttavia, dopo un po’ di tempo, cambia idea e inizia a provare facoltà diverse, fra cui anche lingue e cultura giapponese. Nel frattempo si sposta lungo l’Australia da un posto all’altro fino ad approdare a Sydney.
Proprio qui inizia a pensare seriamente all’idea di intraprendere un viaggio che la porti ad esplorare gli immensi ed affascinanti deserti del suo paese.
Mentre molti, infatti, vedono quei luoghi semplicemente come dei posti impervi e inospitali, lei li guarda con fascino e se ne sente attratta.
Ed è per questo motivo che alla fine si decide: molla tutto e si trasferisce ad Alice Springs, nel Nord dell’Australia, per imparare ad addestrare i cammelli che poi le serviranno per portare i bagagli (circa 750 chili) durante il viaggio.
Una volta qui, passati due anni presso alcuni allevatori che le insegnano tutto ciò che c’è da sapere riguardo i cammelli e, dopo essere riuscita ad ottenere la sponsorizzazione del suo viaggio da parte della National Geographic, parte.
Il suo viaggio durerà ben 9 mesi, durante i quali attraversa quasi 3000 miglia fra le aree più desertiche ed inospitali del pianeta.
Lungo il tragitto viene raggiunta, durante 5 tappe prestabilite, da Rick Smolan, un fotografo che lavora per il National Geographic e che si occupa di scattarle delle fotografie. Queste foto faranno da cornice all’articolo che Robyn scriverà per la rivista a fine viaggio, per raccontare la sua avventura.
Durante il viaggio le capitano tantissime cose: imprevisti e difficoltà di ogni genere che spesso la portano a dubitare persino di se stessa e delle sue scelte. Ma ha anche modo di incontrare tante persone il cui aiuto si rivelerà fondamentale: non solo lo stesso Rick Smolan, ma anche l’anziano aborigeno Mr Eddy, senza la cui guida non sarebbe riuscita ad attraversare una grande fetta del territorio sacro agli aborigeni.
Alla fine del suo lungo cammino, quando arriva lungo le sponde dell’Oceano indiano, il suo viaggio sembra apparentemente finito, ma sarà, in realtà, solo l’inizio della sua lunga vita e carriera che la porterà a viaggiare, in futuro, per un anno intero con i nomadi in India e in Tibet; a scrivere libri, saggi e articoli acclamati dalla critica; fare ricerche sui popoli e le culture nomadi per l’università di Cambridge; scrivere film per la tv e tenere conferenze in tutto il mondo su temi che vanno dalla cultura nomade, alle neuroscienze, l’ecologia e il mondo animale. Stando a quanto da lei stessa detto, infatti: “I viaggi con i cammelli non finiscono, cambiano solo forma”. Senza quel primo lungo folle progetto, non sarebbe mai riuscita a diventare quello che è oggi. Proprio quel viaggio la accompagna tutt’ora come se non fosse mai terminato.
02. La preparazione e l’allenamento sono alcune delle chiavi per prepararsi alle sfide della vita
Il viaggio di Robyn, raccontato così bene nel film del 2013 Tracks - Attraverso il deserto (tratto a sua volta dall’omonimo libro della Davidson) è una metafora utilissima che può aiutarci a comprendere come, il più delle volte, di fronte alle sfide che la vita ci pone davanti, non è importante quanto siamo piccoli o grandi, se siamo uomini o donne, bensì tutto sta nella preparazione, fisica e soprattutto psicologica.
Se si affrontano le sfide con la dovuta preparazione e il necessario allenamento, allora proprio questi ultimi ci forniranno la fiducia necessaria a portare a termine i nostri progetti e idee con fermezza e sicurezza.
Robyn Davidson oggi è una scrittrice e public speaker nota e stimata, ma nel 1977, quando era una ragazza molto giovane e apparentemente esile, intraprese un’avventura che tutti definivano “folle” e il film, con Mia Wasikowska nei panni di Robyn, tratteggia molto bene proprio questo aspetto.
È esplicito nel farci capire la complessità e la difficoltà del viaggio, non solo per la pericolosità del luogo, quanto per la difficoltà psicologica e fisica che tutti i giorni Robyn dovette affrontare. Proprio questo può far riflettere moltissimo lo spettatore: qualsiasi progetto di vita decidiamo di intraprendere, qualsiasi idea o viaggio, sia esso più o meno difficile, più o meno “folle”, incontreremo sempre difficoltà da affrontare, fino alla fine. Ecco perché, essere ben allenati e preparati è la base più importante su cui si fonda qualsiasi progetto. Senza, si rischia che le forze possano venir meno quando uno meno se lo aspetta, magari nel momento più difficile. Robyn passa due anni a capire come allevare i cammelli, senza cui non potrebbe portare tutti i bagagli necessari.
Ne addestra 4: Dookie, Bub, Zelekeia e Goliath e mentre li addestra e lavora, cammina scalza per far sì che le piante dei piedi si induriscano, in modo da sopportare meglio il terreno accidentato del deserto e il lungo cammino (una media di 30 chilometri al giorno).
Gli allevatori presso cui lavora le insegnano anche come affrontare ciò che troverà lì fuori: ossia, luoghi affascinanti si, ma irti di pericoli in cui è facile perdersi o restare uccisi. Nel frattempo si rende conto che, per fare un viaggio così lungo, ha bisogno di finanziamenti e, anche se malvolentieri, è costretta a chiedere un finanziamento al National Geographic, che acconsente a patto che il viaggio sia documentato dalle fotografie di Rick Smolan (nel film interpretato da Adam Driver).
Tutto ciò le fornisce la preparazione necessaria senza cui non sarebbe mai riuscita nemmeno a partire.
Se non avesse avuto soldi e se non avesse imparato ad addestrare e tenere a bada i cammelli o ad affrontare i pericoli che il deserto impone, non avrebbe mai nemmeno iniziato la sua avventura.
A testimonianza che, senza una buona preparazione di base non si va da nessuna parte.
Troppo spesso molte idee e progetti falliscono proprio perché iniziano senza preparazione e allenamento preventivo.
Bisogna studiare e sapere a cosa si va incontro e ciò vale per un viaggio, quanto per l’apertura di un negozio o per qualsiasi altro progetto ci possa mai venire in mente.
03. Bisogna essere fiduciosi e credere fermamente in ciò che si fa
Due dei punti chiave del libro Elon Musk di Influential Individuals vertono proprio su due punti che riguardano la fiducia:
- quanto sia importante imparare a raggiungere i propri obiettivi nonostante questi possano sembrare folli o impossibili;
- capire quanto sia fondamentale credere nelle proprie capacità e avere passione per ciò che si fa e per i propri progetti.
Il libro spiega che l’idea di Musk di colonizzare Marte, all’inizio, a molti sembrava una follia, ma quella stessa idea, ora che il progetto SpaceX sta andando avanti con successo, ha fatto ricredere molti. Questo perché Elon Musk crede fermamente nei progetti che decide di portare avanti e finanziarie. Si concentra su di essi, senza desistere, per quanto folli o impossibili possano sembrare.
Allo stesso modo, l’impresa di Robyn viene definita folle da tantissima gente, a partire dall’allevatore che nel film esordisce proprio con questa frase: “Tu devi essere pazza ragazza”. La stessa Robyn è ben cosciente della difficoltà di ciò che vuole affrontare, tanto che, quando scrive al National Geographic, usa queste parole: “Sono cosciente delle difficoltà a cui vado incontro e sono la prima a riconoscere di essere poco qualificata per un’impresa così pericolosa. Ma è proprio questo il senso del mio viaggio: mi piace pensare che una persona qualunque sia capace di qualunque cosa”.
La chiave è in quell’ultima parte della frase, ossia: “mi piace pensare che una persona qualunque sia capace di qualunque cosa”.
Lo stesso concetto è stato ribadito da Rick Smolan, che avendola seguita e incontrata più volte, ha avuto modo di capire a pieno il significato del suo viaggio. Proprio Rick, in un’intervista fattagli in occasione dell’uscita del film nel 2013, ha asserito: “Il punto non erano né i cammelli né il deserto, il punto per lei era che tu sei forte nel momento in cui permetti a te stesso di esserlo”.
Tutti pensavano al suo progetto come a una vera e propria follia e, il fatto di essere una ragazza, per di più dall’apparenza esile, foraggiava ancora di più questa idea.
Tuttavia, come ben spiega l’esempio di Musk, una volta imbarcatisi in determinati progetti, bisogna credere fermamente in essi e essere fiduciosi: è questa la chiave fondamentale finale, per il semplice motivo che più ambizioso sarà ciò che vogliamo raggiungere più è probabile che incontreremo persone, fatti ed eventi che non faranno che ricordarci continuamente l’impossibilità di ciò che stiamo facendo. Per questo diventa essenziale la fiducia, senza di essa non si può andare avanti. E se una ragazza come Robyn, a soli 27 anni, è riuscita a fare 3000 chilometri a piedi nell’Outback australiano, perché altre imprese o idee dovrebbero essere impossibili?
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04. La fiducia in ciò che si fa è contagiosa: più si è convinti delle proprie idee più si riuscirà ad indurre anche gli altri a crederci.
Da questo punto di vista, in realtà, il film e l’esperienza di Robyn danno una doppia lezione: Robyn incontra sì persone che reputano folle ciò che intende fare, ma allo stesso tempo alcune di queste, resesi conto della sua fiducia e della sua convinzione, decidono comunque di aiutarla e darle una mano, cosa che si rivelerà fondamentale.
L’ultimo allevatore presso cui lavora, prima della partenza, nonostante ritenga impossibile la sua impresa, le insegna con fiducia e senza remore tutto ciò che le potrà servire lungo il viaggio, compreso come difendersi dai cammelli selvaggi che scorrazzano per i deserti australiani e che sono molto pericolosi.
Allo stesso modo faranno altre persone che incontrerà durante il viaggio, dallo stesso Rick Smolan, passando per la sua famiglia o gli amici, fino a una coppia di anziani che vive alle porte della parte più arida del deserto e che deciderà di ospitarla per alcuni giorni nella propria casa perché si possa rifocillare. Tutte queste persone, vedendo la sua ferma convinzione, smetteranno di giudicarla e decideranno di assecondarla e aiutarla.
Da questo punto di vista, questo concetto coincide anche con quanto detto da Robert Iger nel libro Lezioni di leadership creativa. Iger stila una lista di 10 principi che un leader dovrebbe sempre coltivare per riuscire a fare bene il suo lavoro. Quanto dice, può valere non solo per i leader, ma anche per le singole persone che decidono di imbarcarsi in un progetto in cui credono fermamente.
Fra i 10 valori che egli reputa indispensabili ve ne sono vari: si va dal coraggio, all’abilità nel prendere decisioni, la curiosità e così via. Ma il primo dell’elenco, che coincide con quanto su spiegato, è l’ottimismo. Robert spiega che è la prima dote che bisogna coltivare, perché nessuno si sognerebbe mai di seguire una persona pessimista che finirebbe per non essere in grado di illuminarle la strada.
L’ottimismo, infatti, va di pari passo con la fiducia in ciò che si fa e nelle proprie idee, le due cose sono legate l’una all’altra a doppio filo e, secondo Iger, sono contagiose, liberano dall’ansia e alimentano l’entusiasmo nelle persone.
Ecco perché, la fiducia mostrata da Robyn durante il suo viaggio, finisce per diventare contagiosa e molti di coloro che all’inizio la reputano pazza, dopo aver visto la fermezza delle sue decisioni e convinzioni decidono di aiutarla dandole, per altro, un aiuto che si rivelerà fondamentale.
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05. Trovare alleati è indispensabile: da soli non si va da nessuna parte
Non si finirà mai di ripeterlo: trovare alleati e aiuti esterni che contribuiscano a che la nostra impresa o progetto vada a buon fine è indispensabile.
Molto spesso tante idee falliscono proprio perché ci si incaponisce nella malsana idea di voler fare tutto da soli: niente di più errato e qualsiasi buon leader saprebbe spiegarlo molto bene.
Da questo punto di vista l’esperienza di Robyn è altrettanto emblematica: lei, infatti, all’inizio, vorrebbe intraprendere e portare a termine il viaggio da sola, senza l’aiuto di nessuno. La parte che si rivelerà più difficoltosa, sarà proprio accettare l’idea di dover chiedere il finanziamento esterno del National Geographic che le impone la presenza di Rick Smolan che dovrà incontrare in alcune tappe prestabilite del viaggio per fare le foto.
La sua convinzione è che, la presenza del fotografo, anche se solo in alcuni punti, finirà per rovinare il significato che lei, almeno inizialmente, intende dare al viaggio. Robyn vuole che la sua impresa resti una cosa privata e assolutamente personale, l’idea di dover scendere a compromessi la infastidisce. Ciò che teme di più è che il viaggio, da privato e personale, venga, poi, eccessivamente spettacolarizzato. Tutto ciò rende difficile accettare l’idea di chiedere aiuto. Tuttavia, dopo aver a lungo riflettuto, si rende conto che senza quell’aiuto l’impresa non si può fare e, anche se controvoglia, accetta.
Proprio quell’aiuto, però, si rivelerà fondamentale e finirà per contribuire a dare un significato diverso e più completo al viaggio, come lei stessa ammetterà in seguito.
Rick, infatti, non farà semplicemente il fotografo, ma diventerà suo amico e, affezionatosi a lei e al suo progetto, deciderà di deviare il suo percorso in macchina di più di 1000 miglia per lasciarle lungo il percorso delle taniche d’acqua, indispensabili in una parte molto arida del deserto e senza cui Robyn rischierebbe di morire di sete.
Altro esempio di aiuto fondamentale è quello dell’anziano aborigeno Mr Eddy che Robyn incontra durante il cammino.
A un certo punto si trova a dover oltrepassare una parte desertica disseminata di luoghi sacri alla popolazione. Senza una guida non può oltrepassarli in quanto gli stranieri da soli non sono ammessi e aggirarli la porterebbe fuori strada allungando drammaticamente il cammino. Inoltre lei stessa ha raccontato che, poco prima di incontrare l’anziano aborigeno, era stata colta da un momento di sconforto e di dubbi e proprio l’incontro con Mr Eddy è stato fondamentale e provvidenziale. L’anziano si offre spontaneamente di accompagnarla durante quel lungo percorso e di farle da guida e Robyn accetta. Più tardi si renderà conto che la presenza dell’anziano non solo si è rivelata fondamentale in quanto guida, ma anzi ha arricchito il suo viaggio facendole conoscere a fondo i lati di una cultura a lei sconosciuta. Se pensiamo che in seguito Robyn nel corso degli anni ha speso tanto tempo a studiare la cultura aborigena e le culture nomadi in generale facendone il suo lavoro, ci si renderà conto di quanto la presenza di Mr Eddy abbia significato molto di più di quello di una semplice guida.
Da un punto di vista pratico, questa esperienza ci insegna che l’aiuto esterno di altre persone può apportare punti fondamentali ai nostri progetti, aiutandoci ad arricchirli in maniere in cui da soli non saremmo mai riusciti a fare.
06. Imparare ad affrontare gli imprevisti
Lo si è visto fino ad ora: ogni percorso, progetto o sfida che ci troviamo a portare avanti è irto di imprevisti.
E tutto quanto detto è utile proprio ad affrontare questi imprevisti più o meno grandi.
Robyn, durante la sua lunga traversata, si trova a fronteggiare più difficoltà e situazioni che non aveva pianificato e che non pensava potessero capitare; alcune di queste la metteranno alla prova al punto tale da farle dubitare che l’intera idea del viaggio sia stata giusta.
Le capitano cose di vario genere: i cammelli che si allontanano durante la notte e si perdono; la già accennata mancanza d’acqua nella parte più arida del deserto o i luoghi sacri impossibili da oltrepassare senza la guida di Mr Eddy; la perdita della bussola che la costringe a tornare indietro per cercarla; sul finale del viaggio, divenuta famosa grazie alla pubblicità, viene assediata da turisti e giornalisti che la rincorrono e,infine, cosa più importante di tutte: la morte del suo cane Diggity che l’ha accompagnata durante il viaggio e a cui Robyn è immensamente affezionata.
Nei selvaggi territori australiani gli allevatori sono soliti preparare trappole avvelenate con la stricnina per i dingo, i cani selvatici che vivono nelle terre dell’Outback, e Diggity finisce vittima proprio di una di queste trappole.
Di tutti gli imprevisti che si trova ad affrontare e risolvere, la morte di Diggity è senza dubbio il più doloroso e difficile: ciò che più di tutti la porta quasi ad abbandonare l’intera impresa.
Il film illustra bene questo punto in cui vediamo Robyn rivivere i momenti più dolorosi della sua vita e della sua infanzia.
Ma è proprio la fiducia in se stessa, nell’allenamento e nella preparazione che ha affrontato e tutto ciò che ha imparato durante il viaggio e dalle persone che ha incontrato, che alla fine le fanno vincere i suoi dubbi e i suoi tentennamenti e le fanno portare a termine il viaggio sulle rive dell’Oceano Indiano ad Hamelin Pool.
Da questo punto di vista può essere utile e illuminante leggere il libro The Fifth Vital di Riley J. Ford, Michael Majlak analizzato su 4books.
Il libro parla della vita di Michael Majlak e di come sia riuscito a lottare andando oltre il suo passato difficile e complicato, imparando a credere in se stesso anche nei momenti peggiori. Proprio questo gli ha insegnato una parte fondamentale della sua filosofia di vita: ossia che l’unica maniera di riuscire a farcela è non arrendersi mai anche quando sembra che sia la cosa più difficile da fare o ancor peggio impossibile. Michael spiega che, anche quando si ha l’impressione di andare oltre il limite, bisogna affrontare le novità con la certezza che sarà un successo, mettendo un piede davanti all’altro e cercando di vivere ogni giorno facendo in modo che sia, poco alla volta, migliore del giorno prima. È un lavoro duro, ma che, con preparazione, fiducia, positività e dedizione, si può portare avanti e a termine.
Infine, Robyn in un’intervista ha dichiarato questo: “Il viaggio fu un’occasione per mettermi alla prova per mettere insieme tutti i pezzi di me stessa per farne una persona competente e penso che sia riuscito nell’intento. Ne sono emersa estremamente fiduciosa di me stessa. Qualunque cosa ti trattiene, lascialo andare, fai ciò che vuoi e non lasciare che la paura inibisca la tua vita.” A testimonianza del fatto che, non bisogna mai lasciare che la paura, gli imprevisti, le difficoltà o la mancanza di fiducia in se stessi limitino le nostre possibilità e il nostro futuro.
The Fifth Vital La lotta di Michael Majlak e la conquista dei social media 16 minThe Fifth Vital
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