Mindset: cos’è?
Quella della profezia che si auto-avvera non è affatto una frase insensata né una formula magica. Non c’è niente di soprannaturale e, anzi, ha molto più a che vedere con la capacità di ciascuno di dare una determinata direzione alla propria vita. Sebbene ci siano indubbiamente degli avvenimenti del tutto fuori dal nostro controllo, una parte rilevante dell’esistenza dipende da come la si affronta in quanto attraverso il mindset, adotteremo determinati comportamenti, faremo certe scelte piuttosto che altre, attireremo un certo tipo di persone, apprenderemo alcune nozioni invece che altre (sì, perché anche l’apprendimento è un processo di decodificazione selettiva delle informazioni ricevute!).
Il modo più adeguato di riportare il significato di mindset in italiano è probabilmente attraverso il termine “mentalità” ovvero quel modo particolare di concepire, intendere, sentire, giudicare le cose, ritenuto proprio di un individuo; è il suo sistema di credenze e ciò che lo guida ogni giorno nell’interpretazione del mondo così come nella relazione con gli altri e con sé stesso.
A ben vedere, però, il significato del termine mindset – che deriva dalla psicologia cognitiva - è più ampio e riguarda non solo aspetti statici e descrittivi ma anche la dinamica retrostante alla formazione della mentalità di volta in volta considerata che è radicata soprattutto negli anni della formazione.
Nell'illuminante manuale di psicologia del pensiero Mindset: Changing The Way You think To Fulfil Your Potential, la Dottoressa Carol Dweck – psicologa statunitense e ideatrice della teoria della forma mentis – spiega accuratamente questa espressione, il cui pieno significato non si può cogliere con la mera traduzione del termine mindset. Il riferimento principe è a quest’autrice perché è proprio lei ad aver proposto un modello di analisi del mindset bipartito tra mentalità di crescita (growth mindset) e mentalità fissa (fixed mindset) ed è indispensabile passare dalla lettura del suo saggio per comprendere a fondo che cos’è il mindset. Gli studi della dottoressa Dweck si sono concentrati inizialmente sull’età evolutiva per poi rivelare che le modalità di apprendimento radicate nell’infanzia determinano profonde differenze di mentalità, destinate a riverberarsi nei più vari campi dell’esistenza.
Se la mentalità è il modo di percepire e, quindi, di processare le informazioni ed i dati che provengono dall’esterno, la mentalità fissa o rigida è quella che considera possibile sempre e soltanto la medesima risposta dinanzi ai medesimi stimoli e alle medesime situazioni. Per le persone che si rapportano al mondo in questo modo, le qualità personali sono qualcosa di fisso e già stabilito in maniera quasi ineluttabile alla nascita e né la formazione né la vita potranno cambiarle molto.
Per converso, un mindset agile - o, per usare la terminologia dell’autrice, di crescita - è quello di chi pensa che dinanzi ad una data situazione la risposta e la reazione potranno cambiare, evolvere e migliorare sotto l’influenza di molteplici fattori: l’esperienza, l’emotività, le circostanze, la formazione, la tenacia (solo per menzionarne alcuni).
In termini parzialmente diversi ma del tutto coerenti con quanto detto finora si era già espresso lo psicologo Martin Seligman nel suo saggio Imparare l'ottimismo. Si tratta di un vero e proprio studio che spiega, dopo aver fatto una macro distinzione tra due diversi tipi di mentalità, come sviluppare un mindset positivo attraverso la terapia cognitiva. Anche la scuola terapeutica di Seligman, dopo aver dato la definizione di mindset, pone alla base di ogni cambiamento l’acquisizione di consapevolezza e il riconoscimento nei pensieri automatici e negativi che rendono depressi. Trovare spiegazioni alternative per sostituirle ai pensieri deprimenti è il metodo più potente per passare dal pessimismo all’ottimismo cambiando in modo radicale il proprio mindset.
Cambiare la propria mentalità per conseguire il successo 23 minMindset
Sviluppare un mindset per il successo
L’affrontare la vita con una forma mentis piuttosto che con l’altra può fare in certi casi la differenza tra successo e fallimento. Chiariamoci: nessuno dice che vedere il mondo diversamente sarà la panacea per ogni male e che assicurerà il successo in ogni campo ma certamente porterà maggior realizzazione personale e serenità.
Allora perché parlare di successo e fallimento? Perché adottare una mentalità di crescita e dinamica significa spostare l’attenzione dall’obiettivo verso il percorso. In altre parole: il risultato potrà essere ottenuto o meno (il successo in senso comunemente inteso) ma l’arricchimento dato dall’intraprendere il percorso verso la meta e dal percorrerlo con aperta curiosità e voglia di imparare qualcosa di nuovo, sarà sempre un successo e, fra l’altro, non esisterà fallimento nella misura in cui il mancato raggiungimento dell’obiettivo abbia comunque offerto spunti di arricchimento.
Non scordiamo una cosa poi: non si stratta solamente di accettare con serena rassegnazione i fallimenti cui si potrà andare incontro quale che sia il mindset adottato. Adottare una mentalità di crescita, infatti, renderà molto più probabile anche il raggiungimento degli obiettivi in senso stretto per il semplice fatto che porterà ad adottare stili comportamentali e capacità decisionali più adeguate alla situazione. Con la giusta mentalità sarà più probabile che i processi di apprendimento siano più proficui, che le relazioni instaurate siano migliori, che la curiosità prevalga sulla fatica e, di conseguenza, che il risultato sperato venga davvero raggiunto. Vediamo quindi assieme come sviluppare un mindset vincente anche da adulti e gli anni della formazione della personalità sono ormai lontani.
Il primo passo è il riconoscimento della propria forma mentis. Sebbene sembri facile a dirsi, proprio perché ciascuno valuta il mondo dalla propria prospettiva e riceve le informazioni solo secondo i propri schemi di apprendimento e interpretazione, questo potrebbe essere il passo più difficile da compiere. Spesso l’occasione per mettersi in dubbio coincide allora con un momento di difficoltà o con una nuova sfida che si presenta inaspettata e dinanzi alla quale ci si sente inadeguati. Capita a qualcuno di dover affrontare la tanto odiata matematica per preparare un test di ingresso ad una facoltà o magari di dover dirigere un gruppo di persone come parte di nuovo incarico senza sentire alcuna vocazione manageriale.
In casi come questi è fondamentale provare a confutare il proprio modo di vedere le cose per aprirsi a possibili alternative. Non solo per convincersi della possibilità di farcela ma per apprendere quanto più possibile lungo il percorso. Forse non passerete il test di ingresso al primo tentativo e forse non sarete subito i leader più illuminati dell’azienda ma nel frattempo avrete acquisito gli strumenti per riuscire meglio al secondo tentativo e l’esperienza non sarà stata affatto un calvario.
Questo passaggio iniziale, in certi casi, può essere una vera e propria scoperta, un’illuminazione, e può comportare la reinterpretazione di molte vicende passate sotto una nuova luce. Potrete scoprire di aver rinunciato ad un posto di lavoro per motivi che non avevano nulla a che fare con la vostra vera passione e le vostre abilità professionali o di aver lasciato una persona fraintendendo radicalmente le vere ragioni dei suoi comportamenti. Tutto ciò potrebbe aver avuto a che fare con il vostro modo di interpretare la realtà.
10 abilità pratiche per affrontare i lavori del futuro 30 minLavorability
Mindset e zona di comfort
Attenzione ai fraintendimenti: adottare un mindset positivo non farà necessariamente andare tutto liscio ma consentirà sicuramente di esprimere a pieno il proprio potenziale.
Al contrario di quanto si pensi è proprio un mindset aperto che comporta, talvolta, le scelte di vita più complesse e un maggiore impegno. Questo è legato al fatto che chi si propone di migliorare e cambiare si apre anche al dubbio, alla messa in discussione di scelte che amava chiamare consolidate ed erano invece stantie. In altre parole, accetta di uscire dalla zona di comfort che è quella in cui riposano - non con meno sofferenza ma certamente meno fatica - tutti coloro che hanno un mindset rigido e non accettano nuove sfide.
La domanda da porsi, però, è semplice quanto essenziale: se la vita è in continuo fluire e cambiamento, siamo sicuri che rimanere aggrappati ad un appiglio sicuro sia sempre la migliore strategia? Non è meglio imparare a navigare sapendo che tanto il mare talvolta è tempestoso piuttosto che rimanere tutta la vita in porto?
Questa è anche la domanda che in molti si sono posti e ancora si pongono dinanzi alla digitalizzazione e alla trasformazione del mondo del lavoro. I conti con la digitalizzazione, ormai, li devono fare tutti, inclusi coloro che hanno un lavoro “tradizionale” e non legato alle nuove tecnologie. Che piaccia o meno, infatti, acquisire un mindset digitale è diventato fondamentale per tutti. Ogni professione si deve relazionare, in una qualche misura, con la digitalizzazione di alcune funzioni e relazioni e a questo non c’è scampo. Cambiare mentalità e accettare l’evoluzione della propria realtà professionale, abbracciando i cambiamenti ed i miglioramenti che questa porta, diventa fondamentale, allora, per proseguire qualsiasi carriera in modo proficuo. Modificare il proprio mindset non significa, però, solamente imparare ad usare lo strumento digitale ma farlo di buon grado, accettandolo, divertendosi nell’esplorare le sue potenzialità e mantenendo alta la curiosità. Viceversa potrete saper usare mille software ma svegliarvi comunque ogni giorno maledicendo la necessità di farne uso e realizzando la vostra profezia che la digitalizzazione non avrebbe avuto risvolti positivi di alcun tipo.
Illuminante riguardo al tema lavoro e nuove tecnologie ma anche per capire cosa c’è dietro ad un mindset imprenditoriale il libro di Marco Montemagno Lavorability.
Insomma, cercare di andare verso un mindset aperto e di crescita è prima di tutto una scelta di coraggio ma potrebbe diventare un percorso di grande divertimento e proprio il piacere del fare è la chiave del cambiamento. Non pensate all’obiettivo se decidete di iniziare suonare il sax a 35 anni oppure di giocare a tennis a 50 ma ricordate anche che l’allenamento e la pratica continua svolgono un ruolo ben più importante delle qualità innate o contingenti. Ecco che se non tutti nasciamo Mozart o Serena Williams, è nelle possibilità di ognuno migliorare le abilità intellettuali o fisiche. Per chiudere in bellezza, un libro sul mindset applicato al miglioramento personale che sfata il mito del talento innato è Numero 1 si diventa, frutto della collaborazione tra Robert Pool ed Anders Ericsson, rispettivamente uno psicologo ed un giornalista scientifico e immancabile sugli scaffali di chi voglia avventurarsi su strade inesplorate alla scoperta del nuovo sé.
Non basta il talento per essere i migliori 19 minNumero 1 si diventa