Uno psicologo nei Lager - un libro in 3 minuti

Nel suo testo autobiografico "Uno psicologo nei Lager", Viktor Frankl ci racconta le atrocità vissute in prima persona durante la sua permanenza ad Auschwitz, la pazzia dei persecutori e il coraggio delle vittime

Questo riassunto di Uno psicologo nei Lager di Viktor Frankl è un toccante racconto della tremenda esperienza vissuta nei campi di concentramento. Frankl era già psicologo quando venne catturato, ma le condizioni estreme che ha subito hanno sviluppato in lui una resistenza e un istinto alla salvezza profondissime; secondo lo psicologo, infatti, anche nella tragedia è possibile scoprire il significato della propria vita e renderlo un faro che diventi riferimento per le altre navi in tempesta.



Il viaggio verso l’orrore e la rivelazione della vocazione di Frankl

Il racconto di Uno psicologo nei Lager è uno scritto autobiografico, Frankl introduce il lettore nella perfetta progettualità della morte e della sofferenza, quali sono stati i compi di sterminio. Venne rinchiuso nel 1942, a quel tempo era stimato molto da Freud e praticava la professione di psicologo. Nei Lager la sua vocazione non si estinse, e riuscì ad aiutare moltissime persone, cercò di trovare comunque un senso alla sofferenza. Il viaggio in treno verso Auschwitz ribalta completamente l’immaginario del viaggio che tutti abbiamo in mente: non è un muoversi verso una destinazione luminosa, il treno che porta al lager è il rovesciamento di qualsiasi aspettativa. All’arrivo nell’inferno i prigionieri vengono divisi in due gruppi, uno è destinato al lavoro e l’altro alla camera a gas. Spersonalizzati di ogni cosa, di ogni avere vengono assegnati a lavori pesanti: lo psicologo sarà sterratore e lavorerà alla costruzione di ferrovie. Quello che Frankl riporta è però un gioco sadico e terrificante di scala gerarchica; le SS infatti non sono i soli capi, anche tra i detenuti si instaura la ferocia del più forte contro il debole.


La gerarchia del terrore e le conseguenze psicologiche

L’uomo derubato di ogni cosa regredisce presto allo stadio animale, ma da questo livello si può ancora scendere di molto. L’istinto genuino di sopravvivenza presente nel lato animale si mischia al sadismo e alla prevaricazione, così nel campo di sterminio non ci si riconosce più fratelli ma lupi disperati pronti a tutto. Il tradimento è una delle grandi ferite dell’essere umano, una costante paura e una irrimediabile minaccia; tra i Kapò e le SS, lo psicologo non riscontra grande differenza, entrambi erano già persone clinicamente malate, dedite al sadismo. Dentro al recinto dell’orrore la sanità psicologica dei prigioni comincia velocemente a diventare un vago ricordo, per quanto l’uomo sia capace di spinte incredibili alla sopravvivenza, il continuo alternarsi di emozioni contrastanti rende difficile la gestione della sofferenza quanto della speranza. L’apatia, la rabbia e l’invidia sono le più frequenti risposte negative a queste condizioni di esistenza, nonostante ciò Victor E. Frankl crede che sia ancora possibile scegliere di rimanere umani, di riconoscere e allontanare le emozioni negative.


Il grande dono del pensiero di Frankl fatto al mondo

Quando il campo di concentramento ha privato di ogni possibile diritto e speranza il prigioniero, un unico e ultimo atto di ribellione è quella di coltivare un giardino interno di libertà e bellezza. Frankl sperimenta in prima persona quanto sia importante esercitare la scelta di restare umani, di continuare a “essere” nel proprio intimo e in segreto. Allora l’osservare la natura, utilizzare l’ironia, parlare dentro di sé alla persona che si ama e raccontare storie ai compagni possono diventare davvero esercizi di bellezza e di resistenza, possono salvare la vita. Il gioco sadico dei lager è però imprevedibile: i prigionieri venivano continuamenti spostati da un campo all’altro, a volte erano destinati alla camera a gas, altre volte a situazioni migliorative. Erano semplicemente le SS travestite da destino che si divertivano con loro; l’uomo sballottato tra due possibilità rischia di perdere il senno, di preferire il suicidio all’affidarsi al destino. Frankl venne trasferito molte volte ed ebbe fede in quello che la vita gli avrebbe riservato: finisce in un campo dove può svolgere la sua professione di medico, salvandosi così la vita. Lo scopo della sua vita sarà infatti praticare la Logoterapia per aiutare i sopravvissuti, come lui.


Il coraggio di sopravvivere e la logoterapia

Questo racconto di Uno psicologo nei Lager riassume l’incredibile vita dello psicologo Frankl da dentro al campo di concentramento fino alla liberazione e al periodo successivo. Frankl nota come l’uomo – che era stato totalmente spersonalizzato – rientra nel mondo con un senso di disorientamento e inadeguatezza; la visione del futuro, che prima teneva in vita, ora si è sgretolata davanti agli occhi. Non ritrovano più il mondo che avevano lasciato, gli affetti sono scomparsi o morti, il senso di essere sopravvissuti evapora lasciandoli – di nuovo – in una forma di apatia feroce. Con la logoterapia lo psicologo Frankl cerca di restituire la voglia di continuare a vivere e di accompagnare il paziente sopravvissuto a ricercare, insieme, il significato della propria vita. Frankl con la logoterapia aiuta a far ritrovare il perché individuale dell’esistenza e della sofferenza; ogni vita merita di essere vissuta, ogni vita ha un significato specifico, questo è il suo fondamento. Grazie alla logoterapia si amplia lo sguardo sulla propria vita, dando un posto anche alla più terribile delle esperienze.


 

4books vi propone la recensione di Uno psicologo nei Lager di Victor Emil Frankl come stimolo a non perdere mai il senso della propria esistenza; nonostante lo psicologo sia stato nei campi di sterminio non ha mai perso dentro di sé quel “perché” particolare che sentiva di dover portare avanti con la propria vita. Con l’app 4books potrete leggere la versione ampliata di questo testo in soli 25 minuti.