
Impara a comunicare efficacemente
La comunicazione efficace è un'arte che si coltiva giorno dopo giorno
10min

La comunicazione efficace è un'arte che si coltiva giorno dopo giorno
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E insomma, come Jeeg Robot, siamo arrivati in fondo rispetto a questa guida. Spero, però, di avervi e averti passato un po' di passione per il mondo della comunicazione, perché alla fine dei conti, se sai comunicare bene riesci a portare avanti meglio i tuoi progetti, li riesci a comunicare meglio, riesci a venderli meglio; e allora è un'arte importante che ha, come sempre, un po' di aspetti scientifici, le tecniche, e dall'altro lato ha una parte più artistica che continui a sviluppare. È un continuare ad imparare. Io quando vedo i grandi speaker, gente in grado veramente di conquistare un pubblico, a volte penso: “Cacchio, ma come fanno?” penso a Grillo, il Grillo degli inizi, il comico, intrattenitore... era un oratore straordinario. O anche, non so, Sgarbi, all'inizio era un oratore straordinario, incantava semplicemente con la parola. Alcune persone hanno questa capacità di coinvolgere, di raccontare, di emozionare. Oppure hai anche alcuni personaggi stranieri strepitosi, alcuni grandi attori: i Robert Downey Jr., piuttosto che Matthey McConaughey o gente così. Quando parlano, magari con copione – tipicamente gli attori – hanno la capacità di creare dei contenuti straordinari, ecco. Però è una passione che tutti possiamo coltivare. Poi, per chiudere, è importante ricordarci che cambia la nostra capacità di comunicazione e dobbiamo adattarla in base al contenitore in cui siamo ospitati, per cui vediamo alcuni contenitori classici. Un contenitore è la televisione o il video. Questa telecamera qui. In televisione c'è quella lucettina rossa o c'è quella lente d'ingrandimento: lì c'è il pubblico. Allora tu devi imparare a dialogare con un oggetto che è morto: “Mi parli o non mi parli?” non mi parla mai. Non dice mai niente, mi osserva, però è sincera, ecco. Una prima considerazione che faccio sulle camere è che, alla fine dei conti, una telecamera è onesta. Non cerca di trasformare la realtà, la riprende per quella che è. Se tu ti comporti sinceramente e cerchi di creare il tuo migliore modello comunicativo, a quel punto la telecamera riprende esattamente quello che sta succedendo. Non è qualcosa da temere, non è qualcosa da amare... no, è un oggetto con cui ti relazioni e diventa normale. È normale come parlare a una persona, dopo un po' parli a una camera, è solo un fatto di abitudine e di allenamento. Una seconda considerazione, quando uno parla in video o in televisione è che è un ambiente molto più piccolo, inevitabilmente, rispetto a un teatro o a un evento fsico; e qualunque gesto, anche un piccolo gesto, assume una dimensione molto più grande. Uno sguardo si nota molto di più. Se invece tu sei a un evento fisico, sai, uno ti vede a una distanza di 300 metri e noti molto di meno. Allora l'abilità, spesso, nella televisione e in video, è quella di avere un controllo maggiore dei gesti. Ad esempio, non mi ricordo chi lo dicesse... forse Aldo Grasso, noto critico televisivo, faceva notare giustamente come la gesticolazione, in teoria, davanti a una telecamera non dovrebbero, le mani, mai andare troppo sopra, in alto, perché a quel punto danno fastidio. Quindi dovrebbe essere una gesticolazione a livello del petto. Qui, sullo sterno, dove sono le costole, così che anche se gesticoli si vede il movimento, però non hai questa cosa che vedi le ditine e dici: “Ma che cos'ha lì sotto?” ecco, un controllo, cosa che io non faccio mai e quindi ve lo segnalo, perché è un aspetto che se vedete uno bravo... senz'altro ha un maggiore controllo. E poi il gesto è più contenuto, perché se tu inizi a sbracciare o a urlare è chiaro che non ce n'è bisogno, qui c'è il microfono e registra perfettamente la tua voce, non hai bisogno di fare un grande gesto, basta un gesto più misurato, più contenuto. La televisione e i video online hanno questo contenitore, ma se tu ti sposti all'interno di un evento fisico, invece, là è diverso. Se sei in una piazza... la voce è molto più proiettata. Magari non è urlata, ma è molto più proiettata, i gesti sono molto più ampi perché devi conquistare una folla, no? È più grande proprio lo spazio, la tua fsicità è completamente diversa. A volte vedi persone che non hanno una competenza veramente accurata della comunicazione, che invece utilizzano una comunicazione magari televisiva, quando vanno in piazza e stanno lì e parlano così... però non sei incisivo nello stesso modo. O quelli che sono abituati ad andare col pubblico e poi vanno in televisione e parlano come se fossero allo stadio e tu avverti questa totale frizione, questa differenza. Un altro contenitore è la radio, io ho avuto – appunto – diverse occasioni di radio, soprattutto in collegamento, non ho mai avuto una mia trasmissione e se devo essere sincero non mi è neanche mai interessata una trasmissione radiofonica. Però, insomma, ho sempre trappolato il mondo delle radio: su Radio Monte Co avevo fatto diverse cose, con Rosario Fiorello, l'anno scorso, avevo questo insertino di un minuto di tanto in tanto nel suo Il Rosario della sera. E, devo dire, la radio è un altro mondo molto interessante. È un mondo in cui tu non hai tutte quelle robe di cui stiamo parlando: per cui la telecamera sparisce e c'è solo questo microfono e all'inizio è una sensazione molto strana, perché ti trovi a non avere dei riferimenti e tutta la tua elaborazione la devi fare con la voce. Non hai un'espressione, non hai un gesto, non hai un attimo un movimento, non hai la possibilità di dire: “Ecco questo oggetto qua”. Allora è tutto legato alla voce. Il suggerimento e la segnalazione che vi faccio, se vi capita di essere intervistati in radio o di andare in uno studio radiofonico è di ricordarsi che è vero che c'è solo la voce, ma come per i grandi doppiatori, Luca Ward e Pino Insegno insegnano, la voce è il risultato della tua fisicità, per cui se sei in movimento la voce lo sente che sei in movimento, no? Se invece vuoi esprimere un concetto particolarmente aggressivo ma sei immobile, fermo, non è facile. Per cui, accompagnare la voce in radio, anche con quello che è la tua fisicità, è un aspetto che aiuta molto. Io, per esempio, quando mi collego non sto mai seduto, sto sempre in piedi, perché in piedi riesco a muovermi come se fossi a un evento e ti riesco a dare, magari, più dinamicità. È un risultato indiretto che però la voce riporta. Un secondo aspetto è proprio l'emozione. Nel momento in cui hai una certa emozione, be', quella emozione la trasmetti: se sei particolarmente incazzato, quel giorno, si sente nella voce che sei incazzato. Se invece sei triste e depresso, si sente nella voce. Ancora una volta, il parlare in pubblico è l'arte della consapevolezza comunicativa. Di sapere qual è il messaggio e la modalità che vuoi utilizzare e a quel punto rispecchiarlo nella tua esposizione. Il vero professionista non è quello che conosce tutte le tecniche, bravissimo e ovviamente ripetiamolo: è fondamentale studiare il public speaking, fondamentale, allenarsi, capire, approfondire, documentarsi... ma il vero professionista è quello che, anche quando non ne ha nessuna voglia, anche quando ha avuto brutte notizie, ha i coglioni girati, ugualmente, se deve andare “in scena”, perché alla fine dei conti sei in scena, è una rappresentazione, per quanto tu possa essere il più sincero, spontaneo e genuino possibile, è una rappresentazione, c'è una camera o c'è un teatro, un palco e c'è della gente che ti guarda, quindi stai rappresentando quantomeno il tuo discorso. Che tu lo voglia o no è così, la gente ti osserva e valuta. A quel punto il vero professionista è in grado di accendere l'interruttore e dire: “Ok, devo fare questo discorso, qual è il messaggio che voglio recapitare e qual è la modalità che voglio utilizzare” ed è in grado di calibrarsi su quella lunghezza d'onda. A comando. Dopo un po' è a comando. Immaginate, io facevo questa trasmissione in diretta e “3, 2, 1... live”. Non è che puoi dire: “No, scusate, non sono pronto. Oggi sono incazzato.” No. Live e tu sei a disposizione, sei lì per servire il pubblico, sei lì a disposizione di chi ti sta guardando e vuoi cercare di dargli la migliore esperienza possibile. Questa è la verità, alla fne dei conti vuoi cercare di dare a chi guarda la migliore esperienza possibile rispetto a quello che è il tuo contenuto. Allora, cosa dire? Ci fermiamo qua, siamo arrivati in fondo a questa guida: giusto degli spunti, delle idee che però spero ti possano tornare utili. Nel report, appunto, ci sono una serie di libri secondo me fondamentali, quello di mia mamma l'ho già ricordato più di una volta. I libri di Carmine Gallo sono libri interessanti, sui segreti delle presentazioni di Steve Jobs. Chris Anderson ha scritto un bel libro sulla tecnica di comunicazione e di public speaking degli oratori del TED. Garr Reynolds sulle slide, “Presentation Zen” e “The Naked Presenter” e via e via. Ce ne sono alcuni da padroneggiare, studiare e poi mettere in pratica, però con il piacere e la piacevolezza di essere consapevoli e di cercare di comunicare al meglio quello che uno poi porta avanti e che è una competenza che ti porti dietro per tutta la vita.