
La paura di parlare in pubblico
Superare la paura di parlare in pubblico: l'importanza dell'allenamento, della tecnica e della mentalità.
13min

Superare la paura di parlare in pubblico: l'importanza dell'allenamento, della tecnica e della mentalità.
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Partiamo dalla paura di parlare in pubblico, che mi sembra un grande argomento e in generale è quello che vedo più ricorrente quando si parla di public speaking. “Ho paura di parlare in pubblico, non sono sicuro, ma poi mi giudicano”. Allora, anzitutto, perché la paura interviene? Perché uno tendenzialmente ha paura del giudizio degli altri. Esco sul palco per un evento e a quel punto gli altri mi giudicano, si mettono a ridere, pensano io sia un coglione. Cioè, faccio un video e se parlo poi la gente commenta e arrivano a sotterrarmi di insulti, o magari perdo dei clienti perché sembravo impacciato. Ecco, è la paura. La paura, nella mia esperienza, nasce da tre varianti: l'allenamento, la tecnica e la mentalità.
Mi ricordo che c'era un giocatore di ping pong di nome Guido Aliberti che purtroppo non c'è più, e lui da ragazzino aveva una mentalità pessima - dal mio punto di vista – però aveva una tecnica sopraffna. E allora, a volte, scendeva in campo solamente di tecnica, anche se magari gli tremava il braccio, aveva questo servizio che non lo prendeva mai nessuno e vinceva con giocatori molto più forti anche se non era mentalmente uno che... sai, un fenomeno. Per cui l'aspetto tecnico a volte viene clamorosamente sottovalutato. Se ti guardi in giro ti rendi conto che chiunque parli in pubblico, così come chiunque entri in un ring o chiunque scenda in campo in un match importante di qualunque sport, ha sempre paura. Non è che la paura non esista quando uno parla in pubblico.
Personalmente ho “paura”, dopo vent'anni, anche a fare una diretta su Instagram, capito? Anche se faccio un collegamento in radio con una trasmissione qualunque. Anche se mi collego con un liceo per fare uno speech, un discorso.
La paura c'è sempre, il problema non è che uno abbia paura, il problema è che se tu non sai quali sono le tecniche, tipicamente la respirazione che è quella che si usa per gestire quel momento di panico, o semplicemente non hai alle spalle un allenamento o un'esperienza che ti permetta di parlare davanti a un pubblico, una platea, allora a quel punto vai nel panico. Per cui ci sono questi elementi che sono da considerare.
Nella mia esperienza, una cosa estremamente utile è stata la gavetta, fare tanta gavetta nel mondo del parlare in pubblico. E la cosa curiosa – ci pensavo l'altro giorno – è che la prima volta che mi sono reso conto che parlare in pubblico, in un qualche modo mi piaceva e forse era una cosa che poteva funzionare per le mie caratteristiche, è stato quando ero in Australia, ovviamente a fare i mondiali universitari di ping pong, perché quello facevo. Mi ricordo che una sera eravamo a una specie di festicciola di fne torneo, con altri giocatori, e un tizio ad un certo punto comincia ad annoiarmi un po'. Questo parlava in inglese e lo trovato insopportabile. Come per incanto, ho cominciato a parlare davanti a questo pubblico che saran stati... quindici giocatori, ok? Seduti intorno a un fuocherello c'erano questi quindici giocatori, si chiacchierava, questo faceva un po' il fenomeno e io in qualche modo ho liberato il Matt Damon che era in me.
Avete presente il film dove c'è Matt Damon che è un genio matematico ed entra in un bar, c'è un tizio che sta un po' smerdando Ben Affeck che è suo amico, lui arriva e inizia a parlare e sa tutto, no? Sa tutto esattamente, tipo: “Hai detto questa frase, però è a pagina 137 del libro...” ed è un fenomeno. In qualche modo mi si è accesa quella miccia, dove senza avere alcun tipo di competenza specifca, mi è venuta fuori così, un po' una serie di battute, una serie di tempi giusti nella conversazione e la gente che era lì era coinvolta dal mio discorso, rideva alle mie battute. Mi ricordo sempre che alla fne uno dei miei amici che era lì mi ha detto: “Monty, ma come hai fatto? Ma ti rendi conto? Parlavi ed eran tutti ad ascoltarti!” e io ho detto: “Non lo so... non mi è mai successo. Boh, è andata così.”
Poi è rimasta un po' a dormire questa competenza, però, ecco: l'abbiamo detto anche all'inizio, l'attenzione. Proviamo a fare attenzione a quali sono i momenti in cui noi siamo migliori a parlare in pubblico, perché i momenti non sono tutti uguali.
Io avevo, ad esempio, un amico che era bravissimo a fare le riunioni. Cinque persone, sette persone, dieci persone? Il numero 1 al mondo. Sembrava, non so, Al Pacino. Sembrava Al Pacino quando fa il discorso motivazionale nel flm di Oliver Stone “Any Given Sunday”. Cioè, era perfetto. Poi lo mettevi davanti a un pubblico più grande e aveva una paralisi totale. Oppure conosco persone che in camera o in televisione sono bravissimi, li metti su un palco e sono pessimi. Oppure io, se mi metti davanti a una riunione con poche persone non sono mai a mio agio, non è il mio contesto migliore.
Allora, numero 1: proviamo a fare attenzione, quando ci scatta questa idea della paura di parlare in pubblico, ai vari momenti. In quali momenti, magari, non abbiamo invece paura? Magari parlando con un nostro amico o una nostra amica, invece parliamo sciolti, benissimo. Perché? Cos'è che in quel momento mi fa sentire tranquillo o tranquilla? Quali sono gli elementi migliori della mia comunicazione, in quel momento? Questa può essere una prima considerazione. L'altro aspetto è che, ovviamente, serve tanta gavetta, tanto allenamento.
Se penso al passato, io ho iniziato a parlare in pubblico quando mi hanno mandato a fare le demo di un software che era un software di CAD elettrotecnico elettromeccanico, era una roba molto tecnica e io andavo a fare le demo con il programmatore capo in queste sale riunioni con i clienti: un cliente, due clienti, cinque clienti, andavamo e facevamo la demo. Io ero, in sostanza, quello che raccontava un po' il progetto e poi lo sviluppatore entrava nel merito tecnico, quindi dovevo cercare anche di vendere questo software, in sostanza, promuoverlo e venderlo. Allora ho iniziato così e se penso, in questi anni, a quanti momenti di comunicazione ho avuto, tanti mondi... il mio suggerimento è: se uno ha paura o è impacciato, è come l'allenamento a tennis, ti metti e ti alleni. Più ti alleni e più prendi sicurezza. Se pensi di parlare in pubblico quando ti capita, e il momento dell'allenamento è soltanto quando vai davanti al pubblico sul palco, o quando vai davanti a un cliente... lì è troppo tardi, devi allenarti prima. E poi, ovviamente, avere tante situazioni.
Nel mio caso, vi faccio un esempio, io ho parlato in pubblico sui treni ad alta velocità: 3 ore e mezza, 4 ore, un vagone alla volta a fare il mio discorsetto per un evento sul treno. Ho parlato su una nave, ho parlato in occasione di una cena: mi chiamavano come speaker, prima della cena iniziasse mi chiedevano di fare uno speech sui temi del digitale. Mi ricordo, una volta, ero andato a Venaria Reale, tutti seduti a cenare e io arrivo, eccolo qua, come se fossi il prestigiatore e devi parlare, coinvolgere persone che magari non ti conoscono, non hanno voglia di ascoltare, hanno fame... pessimo. Il paragone delle persone che sono sedute a cena, non fatelo mai perché è diffcilissimo. Oppure, nel mio caso, ho parlato a grossi eventi e convention, a teatro, nei teatri che è un'altra atmosfera, nei licei, nelle piazze. Ho fatto 35 giorni di fla di Piazza Duomo a Milano, nella Piazza di fanco dove ai tempi c'era il toro e si poteva fare il girettino per aver fortuna.
In quel caso, sai, avevo il mio stand, uno schermo alle spalle, il pubblico che passava e io dovevo attirare l'attenzione. La gente non sapeva chi fossi, non era interessata ai temi di internet e tu dovevi inventarti qualcosa. Allora, tutto questo messo insieme insieme alla televisione, la radio, come intervistato o ai tempi con Kay Rush facevamo Blogosfere che era il suo programma e io facevo la parte più di tecnologia. È chiaro che allora costruisci un tuo bagaglio di esperienze e sai che la paura di parlare in pubblico ci sarà sempre, e soprattutto ci saranno sempre dei problemi.
Vi faccio un esempio, una volta andai in un centro anziani a fare un discorso di divulgazione sull'opportunità della rete. L'avevo impostato in modo molto semplice, perché pensavo di non entrare troppo nel tecnico. Ad un certo punto, mi ricordo che una persona dal centro dice: “Ma basta, ma per chi ci hai preso? Pensi che non sappiamo queste cose qua?” e allora subito ho cambiato e ho detto: “Va be', allora se sapete...” e sono andato più sul diffcile e subito questa persona si è lamentata e ha detto che era troppo diffcile. E allora ho detto: “Caspita, ma allora non gli va mai bene niente.” e ogni due minuti... era un classico disturbatore che troverete spesso quando parlate in pubblico, vi renderete conto che certe persone sono dei disturbatori; perché gli stai sui coglioni, perché vogliono fare i fenomeni, per mille motivi. Allora ad un certo punto ho detto: “Sai cosa faccio? Lo tolgo dal pubblico.” nel senso, lo faccio venir fuori se ha qualcosa da dire e in questo modo, quando viene fuori, se una persona non è molto a suo agio a parlare in pubblico, nel momento in cui la estrai dal proprio contesto e la porti di fanco a un microfono hai in genere due grandi vantaggi: il primo è che si sente meno sicuro, perché in mezzo alla folla sono tutti dei fenomeni, c'è questo effetto branco, ma quando sei da solo con la luce puntata su di te, a quel punto è un po' diverso. La seconda cosa è che se sei un pazzo fuori di testa, dopo un po' che parli si vede che sei un pazzo fuori di testa e la gente, dopo un po', dice: “Ma basta, ma questo qui chi è?” e quindi hai questo doppio vantaggio. Il problema è che questo signore era in sedia a rotelle ed era chiuso lì dentro, non poteva uscire, quindi io ho fatto due ore di discorso con questo che continuava ad insultarmi e aizzava la folla contro di me. È stata una pessima esperienza. Questo solo per dire che ce ne saranno tante di pessime esperienze e al massimo cosa succede? Questo, per chiudere il discorso sulla paura, non succede nulla. Al massimo quell'avventura è andata male, impari per il futuro a migliorare, a calibrare meglio i contenuti. Non c'è nessuno speaker, non c'è nessun relatore che va sempre bene.
Allora la paura, nel momento in cui ci metti allenamento prima per prepararti... se devi prepararti un discorso non è che arrivi lì e lo dici, lo prepari prima nel dettaglio. Come gli attori, si preparano prima, non è che arrivano e improvvisano. Qua il public speaking è in mano agli improvvisatori. Ti prepari prima. Steve Jobs preparava prima quei grandi discorsi, quelle grandi presentazioni dell'iPhone... preparate al millimetro, da copione. È una recita che vedevamo. Così come una recita è quella dei politici. Non è che Trump o Biden arrivano e parlano. È preparato nel dettaglio, c'è un livello di preparazione. La preparazione, unita all'allenamento, unita alla tecnica, è quella che ti porta a gestire la paura - che ci sarà comunque - molto meglio.
Un altro aspetto, sulla paura, di tanti ragionamenti che uno può fare è la respirazione: se tu ti abitui a respirare... per entrare in una gara di qualunque tipo non è che entri come lo shock di quando ti buttano in acqua fredda, no, ti abitui a respirare (lentamente). Tre respiri, fatti bene e vai. Non è che parti così, senza essere preparato. Per cui un'attenzione alla respirazione e poi vediamo nel report allegato un po' di risorse, di fonti sulla respirazione. Peraltro dentro Competenze avremo – o abbiamo già pubblicato, dipende da quando vedi questo video – la guida di un grandissimo della respirazione che insegna a respirare, per cui potete andare a guardarvi quella nel dettaglio. Però la respirazione fa il 90% del gioco della tua comunicazione e anche del tuo rilassamento. Se invece sei teso e respiri male, la voce non esce perché sei tutto strozzato e ti caghi addosso, questa è la verità.
Allenamento, pratica, respirazione e sapere che la paura è una cosa che c'è e va gestita. Com'è che diceva Rocky e le sue frasette da Baci Perugina? L'allenatore gli diceva: “La paura è un fuoco che hai dentro e ti può scaldare o bruciare, dipende da te”. Allora c'è sempre, non è che sparisce, te la trovi comunque anche dopo tanti anni.