
I principi fondamentali dei social media
Comprendere i principi base per avere successo sui social media
18min

Comprendere i principi base per avere successo sui social media
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Principio numero 1: si può sempre trovare uno spazio. Si può sempre partire sui social, non è mai troppo tardi, non devi per forza essere ricco come Bill Gates, Bezos e la mamma di Elon Musk. Tu hai la possibilità, oggettivamente, di trovare sempre la tua dimensione se applichi i concetti giusti. Questa è una premessa importante, perché tutto il mondo del web marketing, del social media marketing, di questa gentaglia qua che nella maggior parte è pura fuffa e non hanno mai fatto nulla in vita loro se non cercare di vendere a te un servizio di consulenza per seguirti sui social, ma loro su di sé non sono mai riusciti a creare qualcosa... allora uno dovrebbe chiedersi: se io so come si fa a diventare miliardari prima divento miliardario io e poi lo insegno agli altri. Nello stesso modo, se io so come si fa a diventare grandi e famosi e super performanti sui social, prima lo faccio su di me perché è un valore stimabile e poi semmai lo faccio per gli altri. Il fatto che nell'80 o 90% dei casi queste realtà non hanno né arte e né parte è la dimostrazione del fatto che non sanno di che cosa si parli. Quindi il primo concetto è: non ascoltiamo persone che non hanno la più pallida idea e partiamo dal presupposto che oggi, sui social, tu puoi ottenere un posizionamento a prescindere dal budget che hai, a prescindere che tu sia già famoso o meno, a prescindere che tu sia competente tecnologicamente oppure no. Voglio dire, Morello (@pietro_morello NdT) che ha 1 milione di follower su Tik Tok è uno che suona il pianoforte. Non è uno che è sviluppatore Python presso Google ed è amico intrallazzato di Sundar Pichai. No. È uno che semplicemente fa degli ottimi contenuti, ha trovato una sua modalità, ha il suo modo di comunicare e a quel punto funziona. Questo è un aspetto importante e io, guardate, sono partito a 43 anni. Altro mito “solo i ragazzini!”, no. Sono partito a 43 anni, sono partito da Facebook che mi ricordo avevo 7mila fan sulla pagina mia che non mi si flava nessuno, quando sono partito a fare video i miei video erano di business e marketing e tutti gli esperti di marketing ridevano. Ridevano! “Ma come puoi pensare di fare video su Facebook dove l'attenzione è di tre secondi? Ma Montemagno, come pensi di poter riuscire?” Tutte cazzate. La verità è che se tu sai comunicare nel modo giusto e hai la tua corretta impostazione puoi andare avanti. Io non ho fatto video di balletti, non canto, non mi spoglio ed è un aspetto importante. Non mi prostituisco per la piattaforma di turno, cerco di portare quelli che sono i miei contenuti. Premessa importante, numero 1 quando ragioniamo sui social: non è che dobbiamo adeguarci alla piattaforma. Quando è partito Tik Tok io ho visto non sapete quanti personaggi del mondo teoricamente della comunicazione, che dovrebbero essere esimi professionisti, che per essere su Tik Tok erano lì che facevano i balletti, le scenette. Ma cosa stai facendo? Ma sei fuori di testa? Non è che io, in base alla piattaforma, stravolgo completamente il mio posizionamento e la reputazione per cercare di far numeri su quella piattaforma. Troverò quello che è l'angolo giusto per quella piattaforma. Però ricordiamoci che si può sempre partire. Io da questa guida non è che posso portarti una ricetta magica e ti deluderò di sicuro perché alla fne dei conti ti ripeterò dei concetti di buon senso che già sai. E l'obiettivo alla fne di questo corso è che tu lo faccia! Questa è la differenza tra quelli che hanno risultato sui social e quelli che non ce l'hanno: che chi ha un risultato capisce quelle tre cose da capire e poi si mette lì e le applica maniacalmente, ossessivamente. Le applica da qua ai prossimi anni. Festa finita. Ci credi? Ti sposi? E allora ti sposi e vai dentro con tutte le scarpe, questo è un aspetto importante. Un altro aspetto è partire sempre da alcune domande chiave. La prima domanda è: chi sono i tuoi clienti o i tuoi potenziali clienti? Se tu vuoi comunicare con un pubblico femminile, be', una piattaforma in questo momento come Pinterest – che per altro si sta allargando e sta aprendo anche a un pubblico più maschile – può senz'altro avere un suo interesse. Se vuoi comunicare con un pubblico più professionale, LinkedIN, senz'altro è più interessante. Se vuoi un pubblico in questo periodo storico preciso (febbraio 2021) più alto dal punto di vista dell'attenzione, fatto di early adopters, pieno di giornalisti e di personaggi, Clubhouse in questo momento ha un pubblico straordinario. A seconda dei tuoi clienti vai a decidere la piattaforma o le piattaforme, però sapere chi sono esattamente i tuoi clienti è fondamentali, sennò vai a fare una comunicazione “a prescindere” e poi i risultati sono quelli che sono. Chi sono i tuoi clienti. Il secondo pilastro fondamentale della domanda della nostra premessa, quando vogliamo comunicare sui social e se vogliamo funzionare sui social... poi oh, non è che l'ha ordinato il dottore di essere sui social. Uno potrebbe anche decidere di non esserci per niente. Decido che i social non rientrano nella mia strategia e io comunico fuori dai social tramite i depliant, tramite fax. Ci sta. Tutto ci sta, in comunicazione, basta che poi sei coerente con quella teoria. Però il secondo aspetto è capire quali sono i miei punti di forza e anche cosa voglio fare come azienda. Se io sono un editore che ha 130 anni di vita e un'impronta fondamentalmente analogica, insomma, ho quel tipo di impostazione e il mio valore è magari un valore di profondità, di contenuto, di credibilità. Farò leva su quello, non faccio leva sulla totale disruption e sono quello che comunica in modo pazzo, fuori di testa o in modo provocatorio, coraggioso, “alla Diesel” o il Tesla di turno. No, ho un altro punto di forza. E un altro aspetto importante: avrò delle preferenze mie – io persona fisica, se voglio costruire un brand personale o io come azienda – Che tipo di vita personale e professionale voglio fare? Se decido di fare contenuti dove sono sempre in giro per il mondo, quando ancora si poteva viaggiare ma speriamo che presto si possa tornare a viaggiare, be' la mia vita è in giro per il mondo. Poi se ho tutta una comunicazione basata sul viaggiare e a me viaggiare non piace, abbiamo un problema, Houston. Questo è un aspetto importante. Ad esempio il ragazzo di Progetto Happiness ha fatto un bellissimo progetto di comunicazione video. Tutta la sua comunicazione è basata sulla ricerca della felicità viaggiando, esplorando, quindi il muoversi è parte integrante di quello che è il suo valore o magari il suo punto di forza ed è quello che – soprattutto – gli piace anche fare. Principio fondamentale, scriviamocelo, sempre da tenere a mente: non puoi continuare a produrre contenuti validi se dopo un po' non ti piace l'argomento, lo fai solo perché quella è un'opportunità che l'azienda può monetizzare o tu pensi che possa funzionare di più ma non te ne frega fondamentalmente niente o se non hai delle competenze collegate a quell'argomento. Dopo un po' ti stanano, non funziona. Altro principio di base, fondamentale, segniamocelo con l'inchiostro indelebile! L'altro principio di base è che il gioco dei social si vince costruendo una macchina di contenuti. È un gioco di contenuti. Quando andiamo qua, sui social, chi è che vince? Vince chi riesce a prendere l'attenzione. Ma chi è che riesce a prendere l'attenzione? Chi butta fuori dei contenuti, perché alla fne l'attenzione è mediata dal contenuto. Può essere un contenuto video, immagine, testo, audio. Questo è il gioco. Vince chi è più capace a produrre i migliori contenuti in quantità. That's it! Il corso fnisce qua, capite quanto dal punto di vista concettuale sia facile e quanto dal punto di vista pratico e operativo sia invece un casino? Perché una volta che ho capito che devo essere in grado di strutturarmi una macchina di produzione di contenuti – e poi vediamo dove – che sia capace di sfornare creatività e quantità da qua ai prossimi anni... a quel punto lo devo fare. E qui casca l'asino, perché le persone poi non hanno voglia, le aziende dicono: “Sì, però il budget mettiamolo per fare lo spottino che è molto meno faticoso”. Fai lo spottino una volta, vai in televisione e chi se ne fotte? Hai fnito. Qua, invece, tu devi essere un media. Che è una fatica enorme, però è quello che paga. L'altro aspetto fondamentale, in questa premessa delle domande che uno si deve fare è: che cosa vai a misurare? Se tu, come azienda, vai sui social per vendere esclusivamente qualche cosa, allora tutta la tua strategia sarà basata sulla vendita. Magari a quel punto non hai neanche bisogno di fare dei contenuti, a quel punto puoi anche solamente avere la tua bella landing page, il tuo e-commerce e poi pompi un budget pubblicitario su Facebook, Instagram, adWords, Tik Tok, LinkedIN. Budget pubblicitario, porti traffico sulla landing e cerchi di convertire traffico. Fine della storia. Questo, per me, non è comunicare sui social. Questo è vendere sui social, è un altro mestiere. Comunicare sui social significa che io vado a creare una mia presenza che conquista l'attenzione di un pubblico specifico, in base ai miei argomenti, crea un legame di reputazione, e questa reputazione io la porto avanti negli anni. Tra dieci anni, se hai fatto un buon lavoro, le persone ancora seguiranno il tuo brand, i tuoi contenuti e avrai un'iniziativa di beneficenza e la potrai promuovere. Hai un nuovo prodotto? Lo puoi promuovere. Un nuovo libro? Ti vuoi lanciare in politica? Lo puoi fare. Vuoi fare un movimento globale per il clima e gli oceani... lo puoi fare, perché hai un legame. Hai creato quella reputazione sui social che fa tutta la differenza del mondo. A questo proposito, però, ricordiamoci la famosa frase che dice che i follower non pagano le bollette ed è importante da considerare, perché sono due cose molto diverse. Posso creare un grande seguito grazie ai miei contenuti, se quel seguito è un seguito vero, specifico, è un pubblico adatto rispetto alla mia iniziativa, il mio prodotto, la mia idea, a quel punto ha un'enorme valore ma di per sé no. Posso avere 5 milioni di follower, ma se poi non ho un prodotto o un servizio da offrire oppure se sono tutti follower venuti a seguire i miei video di scherzi telefonici e poi offro un servizio enterprise cloud B2B... voi capite che ne vendo zero. Per cui il pubblico deve essere in linea rispetto a quella che è la mia comunicazione. I follower non pagano le bollette. Vero. A meno che non siano follower veri, giusti e assolutamente in linea rispetto a quelli che sono prodotti, servizi, idee, iniziative che voglio proporre. Un altro servizio di base è il solito mantra per il quale è meglio essere Batman in una piattaforma che Capitan Mutanda in tutte, ma c'è un corollario che ho aggiunto di recente che dice: È meglio essere Capitan Harlock su tutte che Batman su una sola. Che uno dice: “Monty, che cazzo vuol dire?” Vuol dire questo: che quando parti come principio di base, parti da una piattaforma. Regola Seth Godin: meglio essere il numero 1 su una piattaforma che mediocre in tutte, giustissimo. Ha ragione Seth. Ma appena puoi, appena hai trovato la giusta dimensione su quella piattaforma, devi allargare il prima possibile. Perché le piattaforme cambiano. Prima c'era Facebook che tirava di più, poi è arrivato Instagram, poi è arrivato Tik Tok... le piattaforme cambiano di peso, gli utenti si spostano di attenzione. Le piattaforme cambiano proprio i loro algoritmi, la reach – il numero di persone che ti faceva raggiungere prima – era di un certo tipo, poi cambia. Clubhouse, faccio un esempio recente: quando avevo 50mila follower aprivo una stanza e arrivavano dentro 2mila persone, ora che ne ho 110mila, apro una stanza e ci sono molto meno persone. Dipende da tanti fattori, però dobbiamo ricordarci che gli algoritmi non sono esponenziali. Non è che più miliardi di follower hai e più persone raggiungi. Sì, in teoria è così, ma nella pratica poi la reach viene cambiata, aggiustata: un giorno di più, un giorno di meno... questo è un aspetto da considerare, allora tu devi spalmare la tua presenza. Oppure magari decidono di bloccare alcune tipologie di account. Il tuo settore non piace. Il mondo crypto, per esempio, Facebook e YouTube hanno avuto momenti che lo bloccavano pesantemente. Allora che cosa fai? Non puoi mettere tutte le uova in one basket, devi cercare di distribuire il rischio. E allora è meglio essere Capitan Harlock che a me è sempre piaciuto perché era questo eroe che non era un supereroe, è un po' quella la mia cifra, no? Con umiltà cerchi di metterti su più piattaforme, sapendo che non sarai straordinario in tutte ma non sei neanche Capitan Mutanda. Hai una buona presenza, decente, decorosa, anche figa dal punto di vista di alcuni utenti, e sarà più forte su alcune piattaforme che sono il quartier generale e più diluita e spalmata su altre. Però questo ti dà una maggior tranquillità, sennò domattina, tu hai puntato tutto su YouTube, YouTube ti chiude l'account e buonanotte ai sognatori. Altro concetto fondamentale in questa premessa... è la premessa che poi fa la differenza, sono i concetti che determinano il successo di una presenza sui social, non sono i tecnicismi. I tecnicismi sono facili. Fosse solo un fatto di tecnicismi, a quel punto un software che automatizza tutto ti fa avere una presenza straordinaria, invece sono le tue scelte di impostazione che fanno la differenza. L'altro principio fondamentale è quali sono i tuoi valori. Perché se tu non decidi a monte quali sono i tuoi valori come fai a creare dei contenuti? Se il gioco è essere un media che crea contenuti quanto qualitativi, questi contenuti in base a quali valori vengono costruiti? Nel mio caso i valori sono umiltà, etica, onestà, correttezza. Ho una serie di valori in testa, questi valori determinano il fatto che io non faccio tutta una serie di video, foto, testi, audio, podcast, anche se so perfettamente che farebbero un cazziliardo di visualizzazioni. Però non fanno parte dei miei valori. Non mi metto a fare i video dove faccio gli scherzi, non mi metto a fare i video con la piscina dietro. Non fa parte dei miei valori, non fa parte di chi sono io, non fa parte del posizionamento che mi interessa. Il prezzo che pago facendo interviste con Emilio Mancuso a parlare degli oceani sapendo benissimo che è un contenuto che fa molte meno visualizzazioni rispetto a intervistare Rocco Siffredi lo guadagno in reputazione mia e posizionamento, per quello che ho deciso io. Non c'è nulla di male a intervistare Rocco Siffredi, magari lo intervisterò anche, però è un fatto di decisioni. Tu sai già prima che un ospite fa molte più visualizzazioni e un altro ne fa meno, però devi decidere dove vuoi giocare, non ti puoi far condizionare dai numeri. Se i numeri decidono i tuoi contenuti è fnita, perché a quel punto inizierai a entrare in un loop dove guarderai solo quante persone hanno visto, quante persone hanno condiviso e continuerai a replicare quel tipo di contenuto. Spesso ti renderai conto che i tuoi clienti o potenziali clienti in realtà non sanno bene quale contenuto vogliono da te e quindi riportano la loro preferenza a quello che interessa loro in quel momento. Pensiamo in Italia, alla gente interessa il calcio, io non seguo il calcio, non so niente di calcio, non guardo di calcio però in teoria dovrei fare video di calcio... e invece parlo di ping pong. Pensate un po' alla differenza. Devi decidere dove vuoi giocare. Devi decidere quali sono i tuoi valori e devi, a un certo punto, decidere di imporre il tuo contenuto sul pubblico cercando di trovare il pubblico che apprezzerà quel tipo di contenuto. Non facciamoci ammaliare dalle sirene della visibilità.