
Affronta le paure e trova il tuo trigger
Decidi chi vuoi diventare e inizia a percorrere la tua nuova strada
9min

Decidi chi vuoi diventare e inizia a percorrere la tua nuova strada
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Arrivati a questo punto, se hai fatto i compiti a casa e hai messo a posto tutta la tua parte chiamiamola “psicologica”, la tua identità nel posto giusto, hai acquisito le giuste competenze o sai quali sono le giuste competenze, a quel punto arriva un momento in cui bisogna prendere una decisione. C'è un momento preciso in cui si decide: o si cambia o non si cambia. “Vado avanti a fare l'avvocato, il giocatore di ping pong, l'editore tutta la vita o cambio?” Allora qui ci sono due elementi che possono tornare utili, almeno a me sono tornati utili, nella mia esperienza: paura e trigger. Partiamo dalla paura. Ho sempre pensato che per prendere una decisione dovessi superare la paura. La verità è che la paura fa parte del gioco. La paura c'è sempre. Io mi ritrovo, dopo vent'anni che parlo agli eventi come moderatore, come speaker, se mi chiamano sul palco o anche se mi chiamano in radio: il collegamento radio, “abbiamo da Brighton, Marco Montemagno!” ho il cuore che inizia a battere a tremila. Ho paura. Ho ancora paura, è incredibile questa cosa. La cosa pazzesca, però, è che se tu guardi chiunque, qualunque personaggio, in qualunque settore... prendiamo gli sport da combattimento, mixed martial arts. Ho visto di recente Conor McGregor contro Dustin Poirier, ok? Ha vinto il buon Dustin e nell'intervista diceva: “Io, quando arrivo al giorno dell'incontro sono sempre scomodo, non sono mai a mio agio. Hai sempre quella paura di salire sul ring.” Tyson, il più grande combattente della storia, una belva clamorosa, lo senti in un'intervista e dice che ti caghi addosso prima di salire sul ring. Ce l'hai la paura, però è normale, perché la paura è quella che poi ti dà la carica, se la sai gestire. Come dice l'allenatore di Rocky: “Quel fuoco che se lo sai gestire ti scalda o ti brucia”. Quella roba lì, ecco, la paura fa parte del gioco. D'altronde pensiamo nella nostra vita in quante occasioni abbiamo avuto paura. Poi la paura è un termine ampio: c'è il terrore e c'è la paura più limitante, però io avevo paura di dare il mio primo bacio. Ero terrorizzato! Ero lì che dicevo: “Ma dove vado? Vado a destra, vado a sinistra? Dove vado con questo bacio?” però lo fai lo stesso. Riesci a darti quella spintina. E questo è il secondo elemento. Dato per scontato che la paura c'è ed è giusto così, hai paura di cambiare lavoro? È normale. Hai paura sempre! Io ho paura da imprenditore e a fne mese se non fatturiamo che cosa faccio? Chi li paga gli stipendi, i costi, le bollette? Eh, hai paura, sì, però ci convivi con la paura e la gestisci. È qualcosa che è sullo scacchiere, d'altronde come qualunque altra emozione. C'è quella e c'è la gioia, la felicità, la tristezza e c'è anche la paura. Nel cambiamento la paura è normale, non c'è nulla di strano in questo argomento della paura, però cosa può servire per fare il saltino? Per dire: “Ok, tutto a posto, però ho paura, non ho ancora deciso, adesso cambio o forse non lo so”, il cosiddetto trigger. Termine in inglese orrido, però c'è un momento preciso in cui tu cambi e per ognuno di noi è diverso. E per ognuno di noi è diverso in base ai periodi storici, alle situazioni. Non è uguale sempre. Però se uno si ferma un attimo a pensare è molto interessante vedere che abbiamo fatto una scelta precisa, in un certo momento, a seguito di...? È questo l'esercizio del nostro modulino. A seguito di che cosa? Vi faccio un esempio: io ho deciso di iniziare a giocare a ping pong, da ragazzino, perché fui umiliato da un ragazzo più grande di me che giocava al mare, sulla spiaggia, davanti ai suoi amici che ridevano di me. Io ero piccolino, avevo nove anni e me lo ricordo come fosse ieri. Io ho deciso di iniziare a giocare a ping pong, ho detto ai miei genitori “Voglio andare a imparare a giocare a ping pong” per vendetta. Il trigger è stata l'umiliazione: “Mi hai umiliato e io a questo punto ti dimostro che il prossimo anno vengo qua e vinco il torneo contro di te, davanti a tutti”. Che è quello che ho fatto, peraltro. Uno dei pochi risultati della storia. Quello lì l'ho fatto, l'anno dopo sono tornato e ho vinto il torneo contro questo ragazzo. Peraltro comportandomi in un modo osceno, però ecco, l'umiliazione è quello che mi ha spinto. Ed è una cosa che ho notato su di me, sul mio carattere, che funziona molto bene. Cioè, se tu cerchi di umiliarmi o mi umili, o in qualche modo mi attacchi... per esempio, quando tornai l'anno dopo a fare questo torneo, avevo tutta la spiaggia che mi urlava contro e la cosa curiosa del mio carattere, che ho scoperto da bambino, è che avere un'intera spiaggia che ti urla contro e tu sei un bambino piccolo, al posto di terrorizzarmi e spaventarmi mi dava proprio la carica. Se tu mi dai addosso e cerchi di umiliarmi, io, a quel punto, mi trasformo, mi moltiplico. Divento cento Montemagni. Non devi, come dire, innescare quel tipo di meccanismo, in me, perché io – a quel punto – fnché non ottengo il mio risultato vado avanti a oltranza. Mi devi proprio tirare giù con il trattore. Ed è utile sapere questa parte del tuo carattere, perché magari per uno è l'umiliazione, per un altro è la rabbia, per un altro è l'ambizione. Io, ad un certo punto, ho deciso di fare l'imprenditore per l'ambizione. Ho pensato: “Non voglio essere soltanto questa cosa qua, un collaboratore di un'azienda, fare le mie cosettine, il mio tran tran e leggere La Gazza la domenica”. No. Io voglio essere di più. Quel “voglio essere di più” è stato il trigger che ha defnito il mio passaggio da dipendente a imprenditore, in quel caso. Per ognuno è diverso. Può essere l'ambizione, può essere la rabbia, può essere una frase precisa che prende quel momento del tuo carattere e che dice: “No, adesso basta, non un centimetro di più. Io cambio.” Qual è – lista della spesa – quel momento che ha defnito le tue azioni in passato e in altri settori. Hai deciso di metterti a correre, perché l'hai fatto? Perché ti hanno detto “Ah, però hai la pancetta”. Ecco, quella sensazione di imbarazzo, il non voler più essere imbarazzato? O voler piacere a qualcuno? Cos'è che defnisce un cambio? Individuare il momento del cambiamento è quello che fa la differenza. Abbiamo tutti gli elementi, adesso arrivati a questo punto. La parte psicologica è a posto, l'identità è a posto, abbiamo capito quali sono le competenze che dobbiamo avere, sappiamo che la paura è normale... però per fare il saltino, come col bungee jumping “salto o non salto?” lì serve quel momento che non mi ricordo chi defniva “Il punto di voltata”. È il punto di voltata, quello: quel momento che defnisce un prima e un dopo. Il prima del tuo passato e il dopo dove sei una nuova persona e sei andato in quella direzione. Quel momento lì. Qual è quel momento? Come l'equilibrio. Hai presente quando sei in equilibrio? C'è uno squilibrio dalla parte destra e uno squilibrio dalla parte sinistra, qual è quel punto di equilibrio? Come nei nostri pensieri: c'è un momento in cui sei tristissimo e uno in cui sei felicissimo. Qual è il momento in cui riesci a defnirlo, sei in mezzo, bilanciato ed equilibrato. Qual è il momento che determina che ti attivi, che cambi? Magari anche una situazione, un contesto. Magari lo fai quando sei in un certo stato emotivo, quando sei veramente incazzato come una pantera, dici: “Basta, vado!” o magari quando sei particolarmente lucido e tranquillo, rilassato, allora devi portarti in quello stato mentale, fsico ed emotivo per riuscire a dire: “Ok, adesso vado. È deciso, cambio.”