
Diogene, il Socrate pazzo
Diogene di Sinope, il “cane randagio” che divenne un caposaldo del cinismo
11min

Diogene di Sinope, il “cane randagio” che divenne un caposaldo del cinismo
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Episodi di Storie di filosofia greca
Un uomo, dall’aspetto sporco, la barba incolta, vestito solo di un largo e sdrucito mantello, se ne stava placidamente disteso al sole, nell’antica città greca di Corinto, nel sobborgo del Craneo dove, in mezzo a un bosco di cipressi, si trovava il ginnasio. Era questo un luogo dove i giovani della città si incontravano per esercitarsi, nudi, nei giochi atletici o per arricchire la propria educazione spirituale. Proprio qui, l’uomo, conosciuto ai più con il nome di Diogene, oziava serenamente, come un pigro cane randagio, fuori dalla grande botte dove era solito dormire, quando d’improvviso un’ombra dall’aspetto robusto, gli si parò davanti insieme a tante altre che la attorniavano. Quell’ombra apparteneva al giovane Alessandro Magno e le altre erano quelle del suo entourage.
Il biografo e scrittore greco Plutarco, nella sua opera le “Vite parallele” avrebbe più tardi raccontato l’incontro tra i due così:
“Poiché molti uomini politici e filosofi erano andati da Alessandro e si congratulavano con lui, questi sperava che Diogene di Sinope, che soggiornava nei dintorni di Corinto, avrebbe fatto la stessa cosa. Ma dato che il filosofo non gli prestò la minima attenzione, continuando a passare il suo tempo libero nel Craneo, Alessandro stesso si recò a fargli visita, trovandolo disteso al sole. Diogene sollevò un po’ lo sguardo e, quando vide che tanta gente si dirigeva verso di lui, fissò Alessandro negli occhi. E quando il monarca gli rivolse la parola, salutandolo e chiedendogli se per caso avesse bisogno di qualcosa, Diogene rispose: 'Sì, stai un po’ fuori dal mio sole'”.
Plutarco continua raccontando che il giovane figlio di Filippo II fu così colpito da quella frase e dal tono superbo con cui Diogene l’aveva pronunciata che ammirò molto il filosofo per il fatto che non avesse paura di dire ciò che pensava. E mentre il suo entourage rideva e scherzava del comportamento di Diogene lui invece affermò: “Davvero, se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene”.
Plutarco, con questo racconto, ha consegnato alla storia uno degli aneddoti più discussi dagli studiosi e una delle tante leggende che ruotano attorno alla vita di Diogene di Sinope.
Questo, nello specifico, pur restando una leggenda, mostra quasi tutti quelli che furono i caratteri particolari che resero l’antico filosofo greco uno dei più discussi della storia della filosofia.
La maniera sprezzante con cui rispose ad Alessandro Magno, il fatto che spendesse il suo tempo disteso al sole, che avesse per casa una semplice botte, esattamente come un cane randagio, sono tutte caratteristiche tipiche di Diogene e di quella che sarà poi la corrente filosofica per cui sarà ricordato, il cinismo.
Per lui stare disteso al sole e vivere per strada non era semplicemente una maniera di passare il tempo, bensì un modo per affermare il suo pensiero e la sua filosofia. Era una vera e propria forma di esercitare la libertà, mettendola in pratica. Di fatto mentre gli altri filosofi teorizzavano la filosofia, lui la praticava vivendola.
Diogene nacque a Sinope, sulle coste del Mar Nero, e visse tra il 414 e il 323 a.C.. Di lui si sa poco di certo. Probabilmente fu discepolo del filosofo greco Antistene di Atene, a sua volta discepolo di Socrate, nonché fondatore della scuola cinica. Diogene adottò la filosofia e lo stile di vita di Antistene, noto per aver condotto una vita povera e frugale, rendendo il tutto, però, decisamente più estremo e provocatorio.
Secondo quanto si racconta e si riporta di lui, è probabile che incontrò molti uomini importanti del suo tempo, non solo Alessandro, ma anche Aristotele e Platone e proprio quest’ultimo lo definì un “Socrate pazzo”. La filosofia cinica, infatti, prende alcuni degli insegnamenti etici di Socrate e li estremizza.
Secondo alcuni, pare che Diogene sia anche riuscito a scrivere alcune opere, delle tragedie e alcuni dialoghi, ma, se così fosse, non ci sono fonti certe che possano accertarlo. Una cosa è senza dubbio certa, gran parte di ciò che sappiamo di Diogene ci è arrivato attraverso gli aneddoti. Si racconta che Diogene ebbe una vita tanto provocatoria ed estremizzò talmente gli insegnamenti del suo maestro, da fare decisamente una grande impressione sui suoi contemporanei.
Per questo motivo si narrano tante storie su di lui e tutte si rifanno al suo stile di vita. Infatti, non si limitò a esprimere le sue teorie a parole, ma le mise in pratica vivendole. Secondo quanto si dice, non possedeva niente a parte pochissime vesti e viveva in una grande botte per strada. L’idea base della sua filosofia praticata era che si può ottenere la vera libertà, e quindi la felicità, solo liberandosi di bisogni e necessità e della dipendenza che questi provocano. Solo così, secondo lui, si poteva arrivare a essere davvero liberi. Gli unici bisogni che ammetteva erano quelli elementari, che la natura umana non può evitare, ossia: mangiare, bere, vestirsi, una dimora semplice e la soddisfazione degli impulsi sessuali.
Proprio per questo motivo Diogene e i suoi seguaci si guadagnarono il nome di “kynikós”, con lo stesso termine che in greco antico si era soliti indicare i cani randagi che vivevano per strada. E proprio da questo termine greco deriva la parola odierna “cinismo”, di cui Diogene fu membro fondamentale.
Il cinismo fu iniziato da Antistene ad Atene, ma secondo molti studi fu proprio Diogene il primo ad avere tale soprannome e ad essere ricordato come Diogene il cinico. Lui e i suoi seguaci disprezzavano le istituzioni sociali e le consuetudini tradizionali della società. Per loro i desideri e bisogni che potevano compromettere la libertà dell’uomo andavano esclusi dalla propria vita, vita che il più delle volte vivevano in maniera povera, frugale e vagabonda.
Oggi, per cinico si intende semplicemente qualcuno che disprezza la società e le convenzioni con indifferenza. In realtà, anticamente, era molto più di questo. I cinici pensavano che bisognasse tornare allo stato naturale e condurre una vita molto semplice per essere davvero liberi. Sarà proprio questa corrente filosofica a influenzare, più tardi, sia la corrente filosofica dello stoicismo, che la vita di molti monaci cristiani. Questi ultimi, infatti, adottarono la frugalità e la rinuncia ai beni e desideri terreni, predicata dai cinici, usandola come mezzo per raggiungere la libertà e la pace interiore.
Quando Alessandro si allontanò, stupito e ammirato, Diogene tornò oziosamente ai suoi affari. Dopo un po’ si alzò e prese a camminare per strada, fra la gente, con precisi intenti educativi, ovviamente messi in atto nella maniera che più gli si addiceva e che tanto faceva discutere molti. A Diogene piaceva provocare. Per lui, infrangere i tabù, soprattutto in pubblico, era la maniera migliore per educare il prossimo. Anche la provocazione, quindi, faceva parte del suo stile di vita ed era una maniera di mettere in pratica la sua filosofia. Forse è proprio questo suo lato provocatorio a dividere maggiormente il giudizio che gli studiosi hanno su di lui, ancora oggi.
Per alcuni era una persona eccentrica e pazza, per altri era uno spirito libero che non aveva timore di dire ciò che voleva, anche quando la morale e le convenzioni dicevano che non era giusto o permesso dire certe cose.
Ciò che è certo è che sono molti gli aneddoti che riportano di un Diogene che non si limitava a vivere come un cane randagio, ma anzi era solito difendere pratiche che ancora oggi, nel 21° secolo, sarebbero ritenute scandalose. Non solo mangiava e faceva i suoi bisogni in pubblico, si dice che non avesse problemi a mangiare carne umana, che non riteneva l’incesto un problema, che insultava apertamente i suoi interlocutori e tutta una serie di altre cose che ancora oggi sarebbero ritenute assurde o sconvenienti.
Per far capire meglio questo concetto, ecco un aneddoto, raccontato dallo storico greco Diogene Laerzio, nella sua opera “Le vite dei filosofi”: “Durante un banchetto gli gettarono degli ossi, come si fa con un cane. Diogene, andandosene, urinò loro addosso, come farebbe un cane".
La sua, però, era una provocazione che faceva parte della sua filosofia e che, nei suoi intenti, non voleva essere semplice esibizionismo. Uno degli aspetti della messa in pratica della filosofia cinica era proprio questo, ossia l’abitudine di parlare spudoratamente e, talvolta, con aggressività, in totale libertà, con lo scopo di raggiungere la sincerità morale. Tramite questa provocazione, così scandalosa, Diogene intendeva buttare giù le convenzioni che, secondo lui, costringevano la società e la libertà delle persone e impedivano a queste ultime di raggiungere la felicità e la saggezza.
Insomma, così facendo, riteneva di riuscire a educare le persone tramite il suo esempio pratico, seppur così provocatorio e scandaloso.
Ecco perché, ancora oggi, c’è chi lo apprezza e chi lo ritiene un pazzo. Grazie agli studiosi che hanno riportato la sua vita possiamo apprendere che ebbe una vita molto lunga superando abbondantemente gli 80 anni. I Corinzi per rendergli omaggio eressero una statua in marmo pario che lo raffigurava con un cane affianco, a simboleggiare il suo stile di vita filosofico così particolare che lo consegnò alla storia della filosofia come un caposaldo del cinismo, una delle correnti filosofiche antiche più note e conosciute.
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