
Pitagora, il filosofo matematico
Pitagora, il filosofo che credeva nella reincarnazione e inventò la matematica
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Pitagora, il filosofo che credeva nella reincarnazione e inventò la matematica
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Episodi di Storie di filosofia greca
Un bel giorno, di ormai moltissimi secoli fa, mentre il vecchio filosofo Pitagora si trovava a passeggiare per strada, fu interrotto dalle strilla di una voce. Voltandosi da ogni parte per cercare di capire da dove provenisse si rese conto, ascoltando, di riconoscere bene quella voce. Continuando a cercare scoprì che, poco più avanti, un uomo picchiava selvaggiamente un piccolo cagnolino indifeso. A quella scena provò una profonda pietà, anche perché aveva riconosciuto, nella voce del cucciolo, quella di una persona amica che aveva conosciuto in un’altra vita. Mosso a pietà si affrettò a dire: “Ti prego, smettila di picchiarlo, perché in quel cucciolo c’è l'anima di un amico, ascoltando le sue grida di aiuto ne ho riconosciuto la voce”.
Questo piccolo aneddoto è stato tramandato dal filosofo e poeta greco antico Senòfane e, pur restando una leggenda, ci dice molto sulla personalità mitologica di uno dei filosofi e matematici antichi più noti e discussi della storia, Pitagora.
Pitagora, infatti, secondo quanto riportato da alcune fonti, oltre ad essere famoso per essere stato l’inventore della matematica e del famoso teorema che ne porta il nome, fu anche il fondatore della celebre scuola pitagorica e credeva che l’anima fosse in grado di reincarnarsi dopo la morte del corpo, in maniera migliore o peggiore a seconda di come l’individuo si era comportato in vita. Quest’ultimo concetto, in particolare, fa parte della dottrina della metempsicosi, propria non solo del pensiero pitagorico, ma anche di molte religioni come, ad esempio, il buddismo. Secondo Pitagora il corpo umano era una vera e propria prigione per l’anima e l’unico modo per liberarsi era attraverso lo studio della filosofia. Lo storico antico Diogene Laerzio racconta che Pitagora affermava di ricordarsi di tutte le vite passate in cui si era reincarnato, sia uomini che donne, oltre che piante e animali.
Questa parte della sua filosofia si collega anche a quella più famosa che riguarda la matematica e i numeri. Secondo Pitagora e i pitagorici i numeri trovavano un’applicazione concreta in tutta la realtà tanto che l’intero cosmo, secondo loro, era ordinato e regolato da una struttura matematica. Insomma, già da questo si capisce che la figura di Pitagora è molto particolare e va ben al di là del teorema che tutti conosciamo. Sono, infatti, pochissime le fonti certe sulla sua vita e le poche che ci sono arrivate spesso danno una descrizione di Pitagora mitologica e leggendaria. Per alcuni era quasi uno sciamano o un mago in grado di predire gli eventi e placare le tempeste e le belve. Forse, anche per la dottrina della metempsicosi, alcuni dicevano fosse figlio del dio Apollo e altri del dio Ermes che gli aveva donato la capacità di ricordarsi delle sue vite passate. Altri ancora raccontavano della sua capacità di fare miracoli e che possedeva una coscia d’oro. Insomma, la figura di Pitagora, per molto tempo, è stata ben diversa da quella di scienziato e matematico che siamo abituati a conoscere.
Le poche fonti sulla sua vita raccontano che Pitagora nacque nell’antica isola greca di Samo intorno al 572 a.C.
Figlio di Mnesarco, che pare fosse un ricco e noto mercante, viaggiò molto, secondo molti a Babilonia e in Egitto, dove studiò e forse imparò alcune nozioni di geometria, oltre a prendere parte a varie discussioni con i sacerdoti egizi.
Secondo alcuni, forse proprio la sua vita in Egitto, può aver influenzato molto anche gli studi e le regole particolari che poi Pitagora inserì nella sua scuola pitagorica. Forse fu allievo dei filosofi Talete e Anassimandro, che potrebbero averlo introdotto allo studio della matematica.
Intorno al 532 e al 530 a.C., probabilmente, si stabilì a Crotone, nella Magna Grecia, e fu lì che fondò la sua scuola pitagorica. Questa scuola, secondo gli studi, fu sostanzialmente una setta filosofico - politica - scientifica e mistica.
Aveva regole molto rigide e specifiche e si affermò anche in varie altre città Greche dell’Italia Meridionale, finendo per dare vita al movimento filosofico che ancora oggi conosciamo con il nome di pitagorismo.
Oltre all’importanza data alla scienza e alla matematica, la scuola era, sostanzialmente, una vera e propria setta religiosa.
Pare che fossero ammesse anche le donne e le regole da seguire, oltre che le prove per essere ammessi, erano dure, varie e particolari.
Era d’obbligo per gli adepti il celibato, la comunione dei beni e una serie di pratiche per la purificazione della mente e del corpo. I discepoli erano a loro volta distinti in acusmatici, ossia gli ascoltatori, e matematici. Ai primi veniva imposto il silenzio oltre ad una serie di regole che, oggi potrebbero risultare bizzarre, ma a quel tempo avevano specifici significati.
Alcuni esempi sono: non frequentare le vie affollate, non sacrificare mai un gallo bianco, non raccogliere gli oggetti da terra e così via.
Era, inoltre, vietato loro mangiare la carne e le fave, queste ultime perché erano considerate un simbolo di legame con il mondo dei morti. I matematici, invece, si dedicavano a uno studio più incentrato sulla conoscenza del mondo. Potevano parlare e porre domande, esprimere opinioni e avevano accesso a insegnamenti e dottrine segrete.
Proprio questa segretezza ha contribuito a infondere alla scuola un’aria mistica e misteriosa. Lo stesso vale anche per la figura di Pitagora che divenne una figura quasi divina, tanto che pare che i suoi insegnamenti non potessero essere messi in alcun modo in discussione. Non solo, la scuola divenne anche un vero e proprio partito aristocratico riuscendo, in questo modo, a raggiungere il potere, governare in molte città della Magna Grecia e diventare protagonista attiva della vita politica di quel tempo.
Ad un certo punto, quando insorse il movimento democratico proprio in quelle zone, ci furono una serie di rivolte e i membri della scuola pitagorica vennero perseguitati. Secondo quanto raccontato, le scuole vennero incendiate e i discepoli furono massacrati o costretti all’esilio.
A questo punto le notizie sulla vita di Pitagora diventano incerte, alcuni dicono che riuscì a fuggire, ma che morì inseguito dai persecutori perché si rifiutò di passare in un campo di fave. Altri dicono che riuscì a fuggire a Metaponto dove poi morì, forse nel 494 a.C.
Con tutta probabilità non lasciò nulla di scritto e le opere a lui attribuite nel corso del tempo, secondo gli storici, sono di autori successivi.
La scuola pitagorica e i pitagorici sono indissolubilmente legati alla matematica, alla geometria e, in generale, al numero. Il nome stesso, matematica, fu inventato proprio dai pitagorici.
In generale, quindi, tutta la filosofia e la scienza studiata nella scuola di Pitagora orbitava intorno alla matematica e al numero.
Quest’ultimo veniva considerato sostanza di tutte le cose. In breve, secondo loro, in tutte le cose del cosmo esiste un ordine matematico e numerico ed è proprio attraverso il numero che si può riuscire a comprendere meglio la struttura della realtà.
I Pitagorici, ad esempio, scoprirono che tutto nel mondo è misurabile attraverso i numeri, compresa la musica, alla quale dedicarono molti studi.
Secondo loro, in breve, l’ordine della matematica si trovava anche nella melodia, nell’armonia musicale e nell’insieme delle note musicali che la compongono. Questo perché le note sono messe insieme secondo un ordine matematico e numerico ben preciso. Per questo motivo, quindi, il numero trova applicazione concreta in tutti i fenomeni del cosmo, siano essi gli anni, le stagioni o il comportamento generale della vita umana.
In sostanza, i numeri non sono una cosa astratta ma hanno una natura reale, molto più reale di altre cose come l’acqua o l’aria, ad esempio. Proprio per questo motivo, quindi, per Pitagora e i suoi discepoli, l’aritmetica e la geometria erano fuse in una cosa sola perché ogni numero è, allo stesso tempo, anche una figura geometrica e viceversa. Il numero 1, ad esempio, è un'unità rappresentata da un punto e il numero 10, che era considerato il numero perfetto, andava a raffigurare la figura sacra del tetraktys, ovvero un triangolo con 4 punti per lato.
Sul tetraktys i pitagorici avevano l’abitudine di giurare fedeltà.
Quindi, dai numeri si può ricavare un’interpretazione complessiva della realtà e del cosmo. Un esempio è l’opposizione delle cose.
In natura, infatti, troviamo elementi che si oppongono fra loro come, ad esempio, la luce e il buio, destra e sinistra, maschio e femmina, male e bene e così via. Ebbene, secondo Pitagora, questa opposizione armonica su cui si fonda l’universo, si trova in origine proprio nell’opposizione fra numeri pari e dispari, la struttura su cui si fondano i numeri.
È su questa struttura che si fonda l’intero universo, che Pitagora e i suoi discepoli esprimono attraverso il concetto di Kosmos, ossia l’ordine universale, a sua volta contrapposto al Caos.
Un’antica leggenda vecchia di secoli racconta che uno dei più antichi e noti teoremi geometrici, il teorema di Pitagora, venne scoperto da quest’ultimo mentre aspettava di essere ricevuto da Policrate, che fu tiranno dell’isola di Samo dal 537 al 522 a.C.
Un giorno Policrate invitò Pitagora presso il suo palazzo e mentre quest’ultimo aspettava che il tiranno lo ricevesse, si sedette ad attendere in una grande sala con i pavimenti piastrellati. Sedutosi, pensieroso, in attesa, la sua attenzione venne rapita proprio dalle piastrelle quadrate del pavimento dell’enorme salone.
Si rese conto, mentre le fissava assorto, che una di queste piastrelle era spaccata in maniera perfetta sulla diagonale e riusciva, così, a formare due triangoli rettangoli perfettamente uguali. Secondo la leggenda fu in quel momento che Pitagora formulò il suo teorema più famoso secondo cui: “In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’ipotenusa è sempre equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.” In pratica Pitagora immaginò un quadrato costruito sulla diagonale della piastrella, che aveva a sua volta come lati le diagonali delle piastrelle circostanti.
Quella appena narrata è solo una versione delle varie storie che circolano attorno al teorema di Pitagora. Secondo altre, ad esempio, pare che Pitagora avesse avuto l’idea per il teorema osservando i tenditori egizi di funi che usavano costruire angoli retti mentre lavoravano.
Secondo Apollodoro, pare che quando Pitagora riuscì a dimostrare il teorema offrì un enorme sacrificio. La verità, però, è che il teorema più famoso della geometria euclidea, con tutta probabilità, era ben noto già ai babilonesi intorno al 1800 a.C., e probabilmente anche in Cina e in India, e che Pitagora sia divenuto poi famoso successivamente per averlo dimostrato dandogli, così, il nome.
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