E se il criceto scendesse dalla ruota?
Fermati per un attimo a pensare: hai tempo per farlo?
8min
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Episodi di Psicostorie
Ciao sono Valentina, psicologa di Stimulus Italia. Oggi vi porto con me alla scoperta dell’esperimento di Darley e Batson chiamato “esperimento del buon samaritano”.
Avete mai sentito parlare della parabola biblica del buon samaritano? Secondo il racconto biblico, un giorno un giudeo venne aggredito da alcuni ladri e abbandonato ferito lungo il ciglio della strada: molte persone, tra cui altri giudei come lui, gli passarono accanto con indifferenza e non prestandogli soccorso, finché un samaritano, popolo disprezzato dai giudei, si fermò per aiutarlo, salvandogli così la vita.
È dal senso profondo di questa parabola che nacque l’esperimento degli psicologi John Darley e Daniel Batson. Nel 1973, si proposero di studiare l’effetto che la religione potesse o meno esercitare sul comportamento di aiuto verso l’altro. Per farlo, coinvolsero 67 seminaristi del Princeton Theological Seminary (un seminario di studenti di teologia): a metà di loro venne raccontata la parabola del buon samaritano chiedendo di poter scrivere un sermone su di essa, all’altra metà fu invece chiesto di scrivere un sermone sulle opportunità lavorative al termine del percorso di seminario. Ai seminaristi vennero date tempistiche diverse entro cui consegnare l’elaborato, e in seguito, durante il tragitto che avrebbero dovuto fare per andare a consegnare il lavoro fu chiesto ad una persona di cadere in un dirupo, al lato del cammino, simulando un incidente.
Il risultato sorprendente è che non fu rivelata una differenza nel prestare o meno aiuto tra coloro che avevano il compito di scrivere il sermone dopo aver ascoltato la parabola e coloro che non l’avevano ascoltata: ciò che sembrò aver fatto la differenza tra chi si fermava per prestare aiuto alla persona caduta e chi no, fu il tempo a disposizione. Infatti, chi pensava di essere in ritardo per la consegna del lavoro non si fermava, mentre chi sapeva di avere una scadenza di tempo più ampia per consegnare l’elaborato sì.
Al di là di possibili considerazioni che potrebbero nascere sull’etica dei partecipanti, l’esito dell’esperimento apre a diverse interpretazioni possibili. Senz’altro ciascuno possiede una propria gerarchia di valori, priorità, che però non è mai assoluta bensì fortemente influenzata dalle caratteristiche della situazione in cui ci troviamo (in questo caso, la mancanza di tempo) oppure c’è chi sostiene l’ipotesi secondo cui quando il nostro impegno mentale è fortemente orientato verso un obiettivo, non abbiamo sufficiente “spazio mentale” per prendere in considerazione il resto.
Questo ci porta a riflettere su una dimensione tanto sfuggente quanto esistenziale: il TEMPO.
Viviamo all’interno di una società in cui vige il mito della corsa contro il tempo, dell’iperproduttività a scapito del riposo, del multitasking a scapito della concentrazione focalizzata su un unico obiettivo per volta…in altri termini, della velocità a scapito della lentezza. Dimensioni quali il tempo libero, la coltivazione di interessi personali, i momenti di “dolce far niente” o non avere le agende ricolme di impegni, sembrano totalmente da rifuggire. In questo senso, troviamo evocativa l’immagine del criceto che quando inizia a correre all’interno della sua ruota entra in un loop per cui fermarsi diventa difficile.
E se ci pensiamo, come biasimarci! Quante scadenze da rispettare ogni giorno, quanti impegni improrogabili da portare a termine. Forse però l’intoppo è proprio che tutto ci appare prioritario allo stesso modo, non rimandabile, al punto che magari rischiamo di essere talmente presi dalla nostra corsa contro il tempo da non renderci conto di un passante che può avere bisogno di un aiuto immediato. Siamo talmente focalizzati dalle performance da portare a termine, che quasi rischiamo di non accorgerci delle stagioni che cambiano, del paesaggio che ci circonda, delle persone che incrociamo lungo il nostro percorso, proprio com’è capitato ai seminaristi dell’esperimento.
Non stiamo con questo dicendo che gli impegni non siano importanti o che non vadano portati a compimento, ma che forse dovremmo soffermarci e provare a stabilire un ordine di priorità: anche se a volte ci piacerebbe, non è in nostro potere prolungare il tempo a nostra disposizione nell’arco di una giornata, le ore restano 24, e, se non ce ne fossimo resi conto, anche le energie fisiche e mentali non sono inesauribili.
Quella di rallentare può sembrare una sfida quasi impossibile, ma, certi dell’importanza che il saper decelerare può avere in virtù di un maggior benessere percepito e, di conseguenza, di un aumento del senso di efficacia che sperimentiamo nelle nostre varie attività, è possibile iniziare da alcuni piccoli passi:
Questi sono dei primi piccoli grandi passi per provare ad uscire dalla trappola della ruota del criceto, e a non dimenticarci che così come sono importanti i nostri impegni, lo siamo anche noi e le persone che ci circondano e potrebbero aver bisogno di un nostro sguardo.