Il caso Kitty Genovese
Quando l'effetto spettatore prende il sopravvento
7min
Quando l'effetto spettatore prende il sopravvento
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Episodi di Psicostorie
Ciao Sono Marco, psicologo di Stimulus Italia. Oggi non partiremo da un vero e proprio esperimento psicologico, ma da un caso di cronaca risalente al 1964 che diede vita successivamente a molti esperimenti psicologici.
Questo caso racconta la storia di Catherine Susan Genovese, una ragazza di ventinove anni assassinata in un vicolo del Queens a New York, la notte del 13 marzo del 1964.
Quella notte Kitty stava tornando a casa dal lavoro molto tardi. Dopo aver parcheggiato l’auto, si diresse verso casa. Durante il tragitto fu avvicinata da un uomo che la rincorse e la accoltellò alla schiena per due volte. Allarmato dalle sue urla e temendo l’arrivo della polizia, l’aggressore fuggì e Kitty arrancò fino ad arrivare all’androne del suo palazzo. Dieci minuti dopo l’aggressore tornò, la pugnalò diverse volte e, mentre la donna era in fin di vita, l’uomo la violentò.
La durata complessiva dell’aggressione fu di almeno mezz’ora.
Nonostante l’arrivo successivo dei soccorsi, Kitty morì durante il tragitto in ospedale per emorragia. Così descritto sembra solamente un tragico caso di cronaca nera. In realtà, la vicenda fece molto scalpore in quegli anni e determinò l’inizio di numerosi studi psicologici, a causa di un particolare che non vi abbiamo ancora raccontato.
In seguito all’evento tragico, infatti, la polizia condusse delle indagini scoprendo che una dozzina di vicini (38 secondo il Times) aveva avuto modo di udire o osservare parti dell’accaduto. Nessuno di questi però intervenne prontamente a soccorrere la ragazza durante l’aggressione.
Alcuni testimoni dichiararono di aver allertato le forze dell’ordine; altri invece raccontarono di aver pensato che il loro singolo aiuto non avrebbe cambiato la situazione affermando “sicuramente qualcuno aveva visto più di me e aveva già chiamato la polizia”.
Perché accadde questo?
La prima spiegazione che fu data dalle testate giornalistiche a questo fenomeno fu che la società contemporanea era individualista e sempre più indifferente alle sofferenze altrui.
Tuttavia, era evidente che questa ipotesi fosse poco solida e insufficiente a spiegare il comportamento adottato dai vicini. Per questo motivo due psicologi sociali, Latanè e Darley, si interessarono al caso e lo studiarono a fondo.
Proposero così un modello che andasse a spiegare come ragiona la nostra mente quando deve decidere se compiere un’azione:
Secondo gli studi degli psicologi, la fase cruciale di questa sequenza è proprio l’assunzione di responsabilità dell’eventuale soccorso. Infatti, approfondendo questo aspetto, il mancato intervento dei vicini durante l’accaduto fu spiegato da un duplice processo: l’ignoranza pluralistica e l’effetto spettatore.
L’ignoranza pluralistica spiega la nostra tendenza a dire “gli altri avranno visto sicuramente più di me; quindi, se non stanno intervenendo è perché non è davvero necessario”. Di fronte all’ambiguità di una situazione la nostra tendenza è quella di omologarci a ciò che fanno gli altri, o a ciò che non fanno, come in questo caso. Infatti, nell’aggressione a Kitty Genovese, il livello di incertezza e ambiguità riguardo all’accaduto era molto elevato; solo un paio di vicini assistettero interamente al delitto. La maggioranza dei vicini, non avendo visto interamente l’accaduto, decisero di omologarsi agli altri, non intervenendo.
Il secondo processo che secondo gli psicologi incise sul comportamento del vicinato fu l’effetto spettatore. In cosa consiste? Consiste nella diminuzione del senso di responsabilità personale quando si fa parte di un gruppo di persone. Significa che se in una determinata situazione crediamo di essere gli unici a poter fare qualcosa, tendiamo a prestare il nostro aiuto. Al contrario, se crediamo che ci siano altre persone pronte ad offrirsi, la nostra propensione ad aiutare diminuisce. Il nostro disinteresse ci sembra giustificato perché deleghiamo la responsabilità agli altri.
Infatti, i testimoni dell’aggressione a Kitty Genovese, sapendo di non essere gli unici del palazzo a udire o vedere la scena, non si sentirono in dovere di intervenire. Cosa possiamo apprendere da questo caso?
Il caso di Kitty Genovese ha rappresentato un inizio per quanto riguarda la ricerca psicologica sui processi di ignoranza pluralistica e l’effetto spettatore. Grazie alle scoperte fatte su questi temi, sicuramente, possiamo essere maggiormente consapevoli delle dinamiche che si attivano in noi quando ci troviamo in una situazione di gruppo. La storia di Kitty Genovese e la comprensione di questi meccanismi può esserci d’aiuto a contrastare la tendenza al non intervento. Come affermano Darley e Latané: “le persone non sono necessariamente non-interventiste a causa della loro personalità, indifferente o alienata. Se le persone capiscono le pressioni situazionali che possono portarle a esitare e a non intervenire, possono superarle”.